Franco Gabici, Avvenire 12/6/2008, 12 giugno 2008
Avvenire, giovedì 12 giugno Il regista Duvivier, quando venne a Brescello per girare il primo film della fortunata serie di « Don Camillo » , aveva affidato allo stesso Guareschi la parte di Peppone, ma dopo aver girato per quattordici volte la stessa scena ( quella che riprende Peppone nella partita di calcio contro la squadra del prete) cambiò idea e scelse Gino Cervi, che a sua volta avrebbe preferito far la parte di don Camillo
Avvenire, giovedì 12 giugno Il regista Duvivier, quando venne a Brescello per girare il primo film della fortunata serie di « Don Camillo » , aveva affidato allo stesso Guareschi la parte di Peppone, ma dopo aver girato per quattordici volte la stessa scena ( quella che riprende Peppone nella partita di calcio contro la squadra del prete) cambiò idea e scelse Gino Cervi, che a sua volta avrebbe preferito far la parte di don Camillo. « Chi meglio di me ha la faccia da prete? » , avrebbe detto Cervi, ma il regista gli appiccicò due bei baffoni alla Stalin e Cervi divenne l’antagonista di Fernandel. Pochi anni dopo, però, Cervi si prese una bella rivincita interpretando in maniera grandiosa nel film di Giorgio Pàstina non un prete, ma addirittura un alto prelato ( il cardinale Lambertini) che poi sarebbe stato eletto papa ( Benedetto XIV). Ricordiamo tutto questo nell’anno in cui ricorrono il centenario della nascita di Guareschi, ma anche i 250 anni della morte del cardinale Prospero Lambertini, avvenuta nel maggio del 1758 all’età di ottantatré anni. Purtroppo il film di Pàstina ha contribuito a dipingere il cardinale Lambertini come una figura simpatica e bonacciona mentre invece il futuro Benedetto XIV fu un personaggio di grandissimo spessore. Eletto papa il 17 agosto 1740 dopo un conclave durato ben sei mesi, prima di partire per Roma non aveva rinunciato al suo proverbiale umorismo rilasciando la famosa dichiarazione: « Se volete un santo eleggete Gotti; se volete un politico eleggete Aldobrandini e se volete un asino eleggete me » . Pontefice del ’ Secolo dei lumi’, fu amante del sapere scientifico che sempre favorì con finanziamenti e donazioni. Istituì a Roma cattedre di fisica, chimica e matematica e a Bologna, dove per tanti anni era stato cardinale, potenziò la scuola di chirurgia. Per questo suo amore per le scienze il Montesquieu lo definì ’ il papa degli scienziati’. Fu anche archeologo e in questa veste favorì gli scavi di Roma. Ebbe inoltre il merito di arrestare il degrado del Colosseo che all’epoca era considerato una cava di materiali per costruzioni. E al centro dell’anfiteatro fece erigere croce di ferro in ricordo dei tanti cristiani che in quel luogo subirono il martirio. Incrementò con acquisti la Biblioteca Vaticana, fece tradurre le più significative opere della letteratura inglese e francese e fondò la Calcografia Pontificia per la diffusione delle stampe. Fu anche il primo papa a interessarsi delle credenze popolari e a combattere le superstizioni. Amava il contatto con le persone e spesso si recava nei quartieri più umili per rendersi conto delle condizioni della povera gente. All’etichetta e ai cerimoniali preferiva la semplicità e spesso nei suoi discorsi faceva uso del dialetto. Per questi motivi alcuni studiosi lo definirono ’ un cardinale Roncalli ( Giovanni XXIII) del Settecento’. Fu amato da tutti e perfino Pasquino, che coi papi non era mai stato tenero, scrisse per lui questi versi: « Ecco il papa che a Roma si conviene/ di fede ne possiede quanto basta/ manda avanti gli affari della casta/ e sa pigliare il mondo come viene » . Franco Gabici