Antonio Maria Mira, Avvenire 12/6/2008, pagina 7, 12 giugno 2008
Avvenire, giovedì 12 giugno Dall’enorme cumulo grigiastro sale un fumo denso e acido che ti serra la gola, mentre attorno cola un liquido scuro, maleodorante
Avvenire, giovedì 12 giugno Dall’enorme cumulo grigiastro sale un fumo denso e acido che ti serra la gola, mentre attorno cola un liquido scuro, maleodorante. Sembra una bolgia infernale. Gli inceneritori delle cosche, diversamente da quelli pubblici, vanno a pieno regime. Comincia qui a Ponte Ricco, nel comune di Giugliano, alto napoletano al confine con la provincia di Caserta, il nostro viaggio tra i gironi danteschi dei rifiuti tossici. Quelli che, come denunciato ad alta voce la scorsa settimana dal presidente Napolitano, per decenni sono arrivati anche dal Nord, per essere smaltiti illegalmente da imprenditori spesso collusi con la camorra. Siamo nel ’triangolo della terra dei fuochi’, tra Giugliano, Qualiano e Villaricca. Storie del passato e storie di oggi, di questa not-te, proprio come questo cumulo che sembra tanto un mefitico Vesuvio. «Sono ceneri e scarti di fonderie – ci spiega la nostra guida Raffaele Del Giudice, direttore di Legambiente Campania, educatore di minori a rischio e strenuo difensore della sua terra, proprio questa di Giugliano e dintorni ”. Ma in questa zona – aggiunge con sconforto – fonderie non ce ne sono. E di cumuli come questo se ne bruciano a decine. Troppi per le poche fonderie campane... ». Come dire che, ancora una volta, questi rifiuti altamente tossici, pieni di metalli pesanti e di prodotti chimici, vengono da fuori regione. E si bruciano proprio per questo. «Per evitare di essere individuati. I rifiuti chimici, soprattutto le ceneri delle fonderie, hanno una sorta di ’marchio di fabbrica’. Dalla loro analisi si potrebbe risalire facilmente all’impianto. Così li si brucia e diventano anonimi». Tecnica rozza ma raffinata. Una storia che si ripete da più di venticinque anni. Negli stessi luoghi. Cento metri più avanti, infatti, c’è una vecchia discarica abusiva anni ”80, più di 100 mila metri quadrati. Rifiuti tossici provenienti anche dall’Acna di Cengio, nel savonese. Sopra ci sono tredici campi rom, 750 persone, il più grande insediamento della Campania. Nel 2003 alcuni nomadi cominciarono ad avere malattie della pelle. Il 27 gennaio 2004 muore il piccolo Samir, appena 19 giorni, «morte bianca da ’ecomafia’», ricorda Raffaele con tristezza. Arrivò l’Arpac, l’agenzia ambientale regionale e scoprì la presenza dei veleni. «Il luogo venne sequestrato e ’messo in sicurezza’ », ricorda ancora il nostro accompagnatore. Ma poi aggiunge amaramente: «In pratica misero solo alcuni picchetti rossi e delle strisce di plastica». Nessuna bonifica. Invece i rom sono rimasti lì, rifiuti umani sui rifiuti dell’uomo. Ma non è solo una questione di degrado sociale e di emarginazione. Perché la ’monnezza connection’ colpisce tutti e fa soldi con tutto. il caso del Parco Auchan, enorme centro commerciale sorto nel 2003 tra i comuni di Giugliano e Qualiano. Eppure proprio qua la Regione nel 1998 aveva censito una gigantesca discarica abusiva di scarichi industriali in gran parte provenienti dal Nord. Nessuna bonifica. I veleni sono ancora lì e sopra sorgono negozi e supermercati. A fianco dovevano costruire un megaparcheggio ma sono incappati nei rifiuti tossici toscani e piemontesi scoperti nella lontanissima ’operazione Adelphi’ la madre di tutte le inchieste sulle ecomafie. Era il 1991. Da allora anche qui non è stato fatto nulla ma al momento dei sondaggi per il parcheggio i veleni sono tornati alla luce e i lavori si sono fermati. Storie antiche quelle dell’Adelphi. Un’inchiesta che parte da un luogo poco lontano, Torretta Scalzapecora nel comune di Villaricca. il 4 febbraio del 1991 e il camionista Mario Tamburino viene ricoverato all’ospedale Cardarelli di Napoli dopo aver perso improvvisamente la vista. A causare questa gravissima lesione sono state le esalazioni di gas provenienti da 571 fusti di rifiuti tossici, che Tamburino ha trasportato dalla provincia di Cuneo a una discarica abusiva, proprio a Torretta Scalzapecora. Ci avviamo anche noi verso questo luogo storico. Forse è un caso o forse no, ci lampeggia un suv nero. L’autista si affianca, ci guarda. Riconosce Raffaele e gli fa un cenno. «Buon giorno », risponde la nostra guida. Poi ci tranquillizza. «Non sono qui per noi». Il viaggio può continuare. Imbocchiamo via Ripuaria. «Qui sono nate le prime discariche abusive coi rifiuti tossici del Nord. Vennero sequestrate dall’allora prefetto Improta e trasformate in legali. I veleni sono stati solo ricoperti e poi successivamente ci hanno costruito sopra». Ville, villette, palazzi. A decine. Ci infiliamo in una stradina sterrata, via Vaticali, comune di Villaricca. Stessa storia e stes-sa scena. Case sui veleni. Un cartello indica la ’casa albergo per anziani Osiride’. Chissà se i vecchietti si ricordano cosa c’era qui prima? Un trattore ci precede lentamente. Raffaele ri-conosce il contadino, è un amico e si chiama come lui. «Raffaè li hai visti?», si informa. «Chi i ’malamente’? Sì, sì stanno in giro», risponde il contadino, uno dei pochi che hanno resisti-to malgrado i veleni. Bisogna comunque stare attenti. Oggi, ci spiega la nostra guida «c’è una strana aria». Così ogni prossima tappa dovrà es-sere velocissima. E niente foto. Almeno qui. Ed ecco le voragini, i veri antri dell’inferno. Sono profondissime cave di tufo. Qui la camorra, che ha il monopolio del ciclo del cemento, ha estratto per anni il materiale. Poi ci ha buttato i veleni, di tutti i tipi, fin dagli anni ”80. Sequestrate anche queste ma di quegli atti restano solo delle recinzioni in lamiera mezze distrutte. Ci affacciamo sul bordo, guardando verso il fondo. Ci sono terre dai vari e strani colori. Bidoni, amianto, metalli. Ma si vede con chiarezza che qualcuno continua a scaricarci anche ora. «C’è roba fresca», commenta preoccupato Raffaele. Riprendiamo il cammino per la sconnessa stradina che si inoltra nella campagna. E più ci inoltriamo e più aumenta la puzza. Acre. Siamo davvero nel cuore delle ecomafie. Davanti a noi, dove finisce la stradina, si apre l’ingresso dell’enorme discarica ’Villaricca 2’. Anche qui rifiuti solidi urbani sopra un mare di veleni tossici d’annata. Un mix terribile. proprio lì, poco oltre, che Mario Tamburino scaricò i suoi veleni correndo il rischio di morire. Veleni che sono ancora lì, così come tutto attorno, nel grande vallone dove si è poi allargato il paese di Villaricca. Senza bonifiche, senza nulla di nulla. Storie lontane che fanno ancora male. Ma che non si fermano. L’ultima tappa è in via Tor Tre Ponti, proprio al confine con la provincia di Caserta. Qui gli inceneritori della comorra bruciano tutte le notti. «Quelli che protestano con-tro i termovalorizzatori perché non sono mai venuti qua?», si lamenta giustamente Raffaele. I bordi della strada sono neri di fumo e di prodotti chimici, per centinaia di metri. Ma c’è una novità che preoccupa il nostro accompagnatore. «Qualcuno ha spianato tutto spostando i residui verso la campagna, come per fare spazio. E lo ha fatto con delle ruspe....». Davvero inquietante. Poco più avanti un cu-mulo fresco fresco di ceneri di fonderia, anco-ra non bruciate. Sopra una bottiglia di plastica. Sembra lì per caso. «Invece è un preciso se-gnale nel ’loro’ linguaggio». Stanotte qui si può bruciare di nuovo. Nella più completa tranquillità. La holding delle ecomafie non si ferma. Antonio Maria Mira