Ranieri Polese, Corriere della Sera 11/6/2008, pagina 46, 11 giugno 2008
Corriere della Sera, giovedì 12 giugno Il protagonista è lui, Thomas Edward Lawrence, secondo dei cinque figli di Thomas R
Corriere della Sera, giovedì 12 giugno Il protagonista è lui, Thomas Edward Lawrence, secondo dei cinque figli di Thomas R. T. Chapman e di Sarah Junner, più conosciuto con il nome di Lawrence d’Arabia, che tutti ormai associano all’immagine di Peter O’Toole nel film (1962) di David Lean. Il romanzo ( Stella del mattino di Wu Ming 4, Einaudi Stile Libero, pagine 391, e 16,80) ce lo presenta all’indomani del 1918. Deluso e ferito da come i potenti riuniti al tavolo della pace a Versailles hanno ignorato le richieste degli arabi, il condottiero della «rivolta del deserto » è tornato a Oxford, nell’università in cui si era laureato in archeologia. Ha ottenuto una borsa di studio per scrivere le sue memorie, ma ad apertura di libro lo vediamo disperato e confuso: ha lasciato il manoscritto nella stazione di Reading e non sa come fare a riscrivere tutto. Negli stessi anni, negli stessi luoghi c’è un gran viavai di giovani scrittori scampati ai massacri delle trincee francesi e variamente destinati a grandi successi: J. R. R. Tolkien, che dagli studi di filologia anglosassone già evade verso le storie della Terra di Mezzo; Robert Graves, uno dei grandi poeti di guerra (insieme con Siegfried Sassoon e Wilfred Owen), incerto tra l’insegnamento e i progetti di scrittura (le grandi biografie come Io, Claudio, o i miti dell’età classica) che gli regaleranno fama e fortuna; C. S. Lewis, futuro autore delle Cronache di Narnia. Le vite di questi letterati saranno segnate dall’incontro con Lawrence: soprattutto quella di Graves, che legge in anteprima I sette pilastri della saggezza e più tardi scriverà una biografia del leggendario colonnello. Ma anche gli altri, affascinati da quel guerriero che somiglia ad Achille (o invece invidiosi della sua celebrità: C. S. Lewis va in cerca delle menzogne di Lawrence, per esempio scoprendo che è il figlio di una coppia mai sposata, dato che il padre era fuggito dall’Irlanda con la governante della moglie), troveranno in quella vicinanza la spinta per dare una svolta decisiva alle loro esistenze. Se l’amicizia di Graves con Lawrence è documentata, il resto è opera di fantasia. Perché, tiene a precisare l’autore Wu Ming 4, questa Stella del mattino è un romanzo. E nei romanzi è lecito «colmare alcuni buchi», inventare incontri, adattare a scopi letterari gli eventi storici. Tutti i personaggi, comunque, traggono spunto da questi veri o immaginari incontri per progettare nuove opere di scrittura. Sperimentando – è sempre l’autore che lo dice – «il valore terapeutico della scrittura». Anche C.S. Lewis, il più antipatico (da bravo tolkieniano, Wu Ming 4’ uno dei cinque ragazzi bolognesi del collettivo di scrittura che già ha prodotto libri come Q, 54, Manituana, ma stavolta scrive da solo – non può non detestare Lewis, accusato da sempre di aver «rubato » le storie della Terra di Mezzo che Tolkien leggeva agli amici prima di pubblicarle), trova una sua assoluzione. La maggior simpatia va comunque a T. E. Lawrence, l’eroe tormentato che continua a ricordare i momenti di gloria vissuti nei deserti del Medio Oriente e intanto cerca di stordirsi con pericolosi rapporti a pagamento con uomini da cui si fa fustigare. Sulla valutazione della figura di Lawrence, del resto, Wu Ming 4 ha aperto una polemica contro quanti continuano a ritenerlo uno sbruffone, una leggenda posticcia e fasulla, invitando a documentarsi sulle nuove ricerche uscite recentemente in Inghilterra. Nessun cenno, poi, alla presunta ammirazione di Lawrence per Hitler, del resto smentita ormai da molti studiosi. Ma tutto il romanzo Stella del mattino, efficace ricostruzione di quella Oxford inquieta e carica di presagi, diventa anche l’occasione per una riflessione sulla narrativa. Quella che, sul sito dei cinque bolognesi ( www.wumingfoundation. com), parallelamente ha prodotto un corposo saggio dal titolo New Italian Epic, il cui sottotitolo recita: Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro. Dalle cui complesse e intelligenti pagine esce forte la convinzione che la nuova forma di scrittura degli italiani dell’ultimo quindicennio, tra ricostruzioni storiche o fughe nel futuro remoto, tra la cronaca di Saviano, le allegorie di Genna, i romanzi criminali di De Cataldo, sia «epica». Che poi, sostengono, è l’unico modo possibile per raccontare il presente. Ranieri Polese