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 2008  giugno 12 Giovedì calendario

Arte classica, stile Missoni. Panorama 12 giugno 2008 Sulla scorta di quel che resta, marmi bianchi e bronzi ossidati, siamo abituati a considerare l’arte greco-romana come qualcosa privo di colore

Arte classica, stile Missoni. Panorama 12 giugno 2008 Sulla scorta di quel che resta, marmi bianchi e bronzi ossidati, siamo abituati a considerare l’arte greco-romana come qualcosa privo di colore. Sconcerta quindi la mostra The Color of Life (il colore della vita) che si può visitare, fino al 23 giugno, nella sede storica del Paul Getty Museum a Malibu, in California, ricostruzione della Villa dei papiri di Pompei, sulla strada che da Venice porta a Santa Monica, dopo l’incrocio con Sunset boulevard. Sconcerta perché non ci si capacita di fronte al Ritratto di Caligola del 40 dopo Cristo, esposto insieme alla nerissima Juive d’Algiers di Charles-Henri-Joseph Cordier datata 1862, dopo che si sono visti Epitemeo e Pandora, le due statue in legno dipinto come fosse cera di El Greco e vicino la vera cera dell’Anatomical Venus di Clemente Susini, che normalmente dimora alla Specola di Firenze, o ancora il rilievo di Mitra tauroctonos del III secolo dopo Cristo, sul cui volto si leggono ancora i riflessi dell’oro zecchino e sul mantello tracce di pittura rossa. E la mente vacilla definitivamente quando ci si trova dinanzi alla copia a colori dell’Augusto di Prima Porta, tutta dipinta di rosso e azzurro, i capelli fulvi e gli occhi neri, secondo la ricostruzione scientifica realizzata dai Musei Vaticani. Ma qual è il filo che ha guidato la scelta della curatrice Roberta Panzanelli del Getty Research Institute? Raccontano le fonti antiche che nelle città greche la moltitudine di statue per le strade creava seri problemi di traffico. Difficile per noi immaginare lo spettacolo multicolore dei templi e delle arene, dei circhi e dei teatri, delle strade e delle case dei ricchi. Nel mondo antico è il colore a dare il senso della vita. Il marmo bianco dilavato dal tempo e il bronzo ossidato dalla patina dei secoli hanno contribuito a creare un’immagine austera dell’arte greca, che la cultura moderna ha arbitrariamente catalogato come classica. Così è oggi difficile rassegnarsi all’idea che la severa urna funeraria di marmo attico del 330 avanti Cristo, ridipinta sulle tracce del colore originale, trasmetta un’idea di stile più vicina a un portacenere di Hermès. Così come il Paride con l’arco del timpano del tempio di Afaia a Egina, tutto ridipinto coi suoi presunti colori originali, sembra vestito nel gusto multicolore delle matite del primo Missoni. E potrebbe non sfigurare in una sfilata vintage di Kenzo la copia colorata della Kore in marmo del museo dell’Acropoli di Atene. Come si racconta in un libro dell’archeologo tedesco dell’Istituto germanico di Roma, Tonio Hölscher, Il mondo dell’arte greca, appena uscito per la Einaudi, il paesaggio urbano dell’antica Grecia prima e poi di Roma era popolato da statue colorate, con un effetto travolgente per lo spettatore del tempo. Lo spettatore moderno, invece, ha perduto quella nozione di policromia: «A lungo l’abitudine visiva moderna ha rifiutato o ignorato questi colori come troppo schietti o eccessivi. Solo grazie alle moderne tecniche di analisi e di ricostruzione cromatica è possibile recuperare almeno approssimativamente gli effetti originali. E noi dobbiamo non solo accettarli, ma anche imparare a comprenderli nella loro forza vitale». PASQUALE CHESSA