Panorama 12 giugno 2008, LUCA DELLO IACOVO, 12 giugno 2008
Sbarchi clandestini. Panorama 12 giugno 2008 Non succede spesso che una colonia di formiche mastichi la guaina isolante di alcuni cavi
Sbarchi clandestini. Panorama 12 giugno 2008 Non succede spesso che una colonia di formiche mastichi la guaina isolante di alcuni cavi. Se poi i cavi sono quelli della rete di alimentazione del Johnson space center, la base Nasa che gestisce la stazione spaziale orbitante abitata da tre astronauti, scatta un allarme nazionale. Rosicchiare il rivestimento dei collegamenti elettrici, rischiando un cortocircuito, è la singolare abitudine delle formiche Paratrechina pubens, originarie dei Caraibi e approdate, vere e proprie clandestine a bordo di navi cargo, negli Stati Uniti. La disinfestazione è stata immediata, ma forse non riuscirà ad arginare il fenomeno. L’invasione di specie provenienti da altri ecosistemi è infatti un fenomeno in crescita, facilitato da globalizzazione e mutamenti climatici. Queste migrazioni costerebbero addirittura 260 miliardi di euro l’anno, se sono attendibili le stime della Iucn, l’organizzazione delle Nazioni Unite per la conservazione della natura. I viaggi «bestiali» riguardano tutto il pianeta. I nuovi arrivati, che siano insetti, mammiferi o pesci, invadono gli habitat delle specie autoctone creando problemi e squilibri. E talvolta gli esemplari alieni possono costituire minacce per la salute umana. La scorsa estate, per esempio, 250 persone nel Nord Italia sono state infettate dal virus della chikungunya diffuso dalla zanzara tigre, arrivata dall’Estremo Oriente a bordo di camion per il trasporto merci. L’insetto si è riprodotto depositando le uova nell’acqua stagnante dei copertoni usati. «Potrebbe esserci il rischio che la chikungunya torni quest’estate, ma è già attivo un piano di prevenzione» dice l’entomologo Giorgio Celli. Dal 2009 contro la zanzara tigre sarà sperimentata la tecnica dell’«autocidio»: i ricercatori alleveranno maschi adulti e li sottoporranno a raggi gamma; in tal modo gli insetti diventeranno portatori di geni letali che impediscono all’uovo fecondato di svilupparsi. Una procedura sperimentata con successo sulla mosca della frutta. Altro immigrato sgradito, perché mette a rischio le coltivazioni del Nord-Est, è la diabrotica del mais, parassita giunto dall’Europa orientale. Anche le palme nelle città costiere della Penisola sono sotto assedio: le larve del punteruolo rosso, coleottero importato accidentalmente dall’Estremo Oriente, ne masticano i tessuti vegetali. Non è ancora accertata, invece, l’origine dei ragni con zampe nere di 20 centimetri che in questi mesi inquietano i tedeschi, tanto da essersi guadagnati un articolo (con foto in primo piano) sul settimanale Der Spiegel. Un’altra invasione su scala europea, Italia in prima linea, è quella delle nutrie: grossi roditori simili a pantegane (pesano fino a 8 chili), che devastano colture e sistemi di irrigazione. Originarie dal Sud America, sono state importate in Europa per la produzione di pellicce di castorina. Poi alcuni esemplari sono fuggiti dagli allevamenti, altri sono stati liberati quando è tramontata la moda. Veloci nel riprodursi, le nutrie sono state segnalate nei canali della Pianura Padana, in navigli e parchi di Milano, lungo il Tevere e l’Arno. Scatenando le ire della Coldiretti: «Creano problemi di igiene e danni alle colture». In Piemonte, da un po’, c’è un altro ospite imprevisto, agguerrito come le nutrie nel conquistare nuovi spazi: lo scoiattolo grigio nordamericano, entrato in competizione con quello rosso, indigeno, cui sottrae habitat e cibo. Avanza alla velocità media di 17 km quadrati l’anno (in Europa ha già colonizzato la Gran Bretagna). Stessi problemi li crea, in Francia, la grossa rana ridibunda dell’Est europeo, che ruba spazio alle rane autoctone nei bacini: vive più a lungo, cresce più velocemente, ha prole numerosa. «Bisogna distinguere» precisa Danilo Mainardi, etologo dell’Università di Venezia, «tra specie nuove importate dall’uomo in un ecosistema, come le nutrie, e quelle che ampliano l’areale di distribuzione a causa del mutamento climatico, espandendosi perché più adattate al caldo». Secondo la banca dati europea Daisie, gli animali vertebrati si diffondono soprattutto in seguito a una fuga (da un allevamento o un’abitazione); la maggior parte delle piante arriva per la richiesta di ornamenti; mentre gli organismi marini si intrufolano attraverso l’acquacoltura e il trasporto navale. Dall’Atlantico e dal Mar Rosso, per esempio, centinaia di nuove specie avanzano nel Mediterraneo. Tra i nuovi arrivi il pesce trombetta, la Rhopilema nomadica, il granchio corridore, la Caulerpa racemosa (un’alga). Lungo le coste, dalle Baleari alla Turchia, è arrivato un granchio marroncino di 3 centimetri, il Percnon gibbesi: sulle rive italiane è entrato in competizione con il granchio margherita. Quali problemi creano? «Per ora non abbiamo indicazioni accertate di estinzioni causate da specie aliene, ma il rischio esiste» risponde Roberto Danovaro, biologo marino all’Università Politecnica delle Marche. Tra le conseguenze c’è una graduale ritirata delle specie locali, che scendono in profondità. «Ai cambiamenti ecologici si aggiungono i rischi sociosanitari: negli ultimi anni c’è stato un aumento delle fioriture di microalghe» dice il biologo. Sono organismi unicellulari potenzialmente dannosi per la salute, come l’Ostreopsis ovata e la Fibrocapsa japonica: d’estate possono liberare tossine, causando disagi tra i bagnanti. «Inoltre possono danneggiare l’acquacoltura» aggiunge Danovaro. E incrostano scafi e condutture. Gli arrivi di migranti possono essere davvero imprevisti: talvolta seguono una direzione opposta a quella tracciata dagli spostamenti umani nella globalizzazione. Come la fuga dagli Usa del gambero rosso della Louisiana: è stato segnalato in regioni africane e nei canali della Pianura Padana. Importato per scopi alimentari, colpisce gli organismi autoctoni e la vegetazione locale. Anche il granchio di Harris (Rhithropanopeus harrisii) si è spostato controcorrente, dal Texas al Golfo del Messico e oltre. I ricercatori della Smithsonian Institution ne hanno scoperto per la prima volta una popolazione stabile nel Canale di Panama, dove danneggia i fondali. E la carpa, originaria dell’Est europeo, in alcuni fiumi africani fa strage dei pesci locali. Dal Sud America arriva poi una delle più temute piante infestanti del mondo, il giacinto d’acqua. è usato per fini ornamentali nei giardini, ma popola estuari e fiumi fino all’area di Shanghai, in Cina. L’allarme a Pechino è scattato anche per la gambusia, pesciolino che sottrae risorse alimentari ai concorrenti. In Australia, infine, vivono nove delle 14 specie che per l’Iucn sono le «peggiori». Nulla di molto esotico: gatto, maiale, coniglio, capra. Trasportati dai primi coloni nelle fattorie, sull’isola non hanno trovato antagonisti, sconvolgendo equilibri naturali secolari tra prede e predatori. LUCA DELLO IACOVO