Gad Lerner, la Repubblica 11/6/2008, pagina 1, 11 giugno 2008
la Repubblica, giovedì 12 giugno Quando gli operai muoiono in troppi alla volta come ieri a Mineo, fulminati o asfissiati letteralmente nella melma, resi massa irriconoscibile dal colore del fango, allora l´Italia è costretta a ricordare
la Repubblica, giovedì 12 giugno Quando gli operai muoiono in troppi alla volta come ieri a Mineo, fulminati o asfissiati letteralmente nella melma, resi massa irriconoscibile dal colore del fango, allora l´Italia è costretta a ricordare. Benvenuto il clima nuovo che si respira nel Palazzo. Ma fuori, intorno? La società sregolata vede precipitare, insieme ai redditi da lavoro, anche le normative più elementari di una dignitosa convivenza. Si crepa di nuovo nelle stive, nelle autocisterne, nei depuratori, sulle impalcature, sulle linee di lavorazione a caldo, come un tempo si crepava nelle miniere. Subiamo il contrasto scandaloso fra la retorica di una sicurezza ideologica, con cui viene drogata la politica, e poi la sicurezza effettiva sacrificata magari con la scusa che la produttività si migliori facendo senza gli scafandri, gli estintori, i respiratori, i caschi. L´umiliazione del lavoro manuale, la retrocessione della vita operaia a destino sfortunato, spesso vengono giustificate in nome di una virtuosa concordia interclassista, perché il conflitto fra legittimi interessi altro non sarebbe che "invidia sociale". Venerdì scorso, nello stesso convegno dei giovani di Confindustria che suggeriva per la prima volta nel dopoguerra l´idea dei contratti di lavoro individuali, la relazione introduttiva lamentava «la fretta con cui il precedente governo ha licenziato il Testo Unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro». In effetti, il 5 marzo scorso, all´indomani della morte di cinque operai alla Truckcenter di Molfetta, benché dimissionario il governo Prodi varò fra i suoi ultimi atti il decreto attuativo della legge 123 sull´antinfortunistica, a ciò sollecitato dallo stesso presidente Napolitano. Lungi da me voler attribuire alla Confindustria una responsabilità morale nelle stragi che si susseguono, tanto più che a Mineo quattro delle sei vittime erano dipendenti pubblici. Ma come potremmo accettare l´obiezione avanzata a Santa Margherita? «Rendere ancora più complesse e difficili le norme che presidiano la sicurezza sul lavoro impone costi crescenti agli imprenditori che già seguono il dettato della legge mentre non sfiora neppure chi dell´illegalità fa una prassi». Costi crescenti? Metteteli a bilancio per tempo, invece di stanziare oltre dieci milioni di euro per l´indennizzo delle vittime della ThissenKrupp, oltretutto ponendo la condizione vessatoria che rinuncino a costituirsi parte civile nel processo. Chiediamoci perché la stessa Confindustria, che giustamente approva l´espulsione degli associati che pagano il pizzo, non disponga la medesima linea di severità nei confronti delle aziende inadempienti violano le normative sulla sicurezza. Riconoscerebbe così il principio etico secondo cui la salvaguardia dell´incolumità dei dipendenti – il primato della vita umana – va inderogabilmente considerato un bene superiore rispetto al profitto. Le parti sociali si sono date un orizzonte di tre mesi per modernizzare le regole della contrattazione e affrontare una "questione salariale" riconosciuta come non più rinviabile, dopo dodici anni di costante diminuzione dei redditi da lavoro. Il pericolo che l´ideologia della deregulation, simboleggiata dalla provocazione dei "contratti individuali", apra nuove voragini di incuria nella tutela dei lavoratori, non può essere ignorato. Perché l´Italia delle morti bianche sta ritornando all´antico. In troppe aziende i sindacati hanno già sopportato deroghe mortificanti, magari in nome della salvaguardia dell´occupazione. E un mondo del lavoro in cui divenga norma non scritta la rinuncia alla sicurezza, lungi dal rendere più competitiva la nostra economia, la condanna all´arretratezza strutturale che già in altre epoche storiche abbiamo sofferto. Il lutto degli operai siciliani, piemontesi, veneti, liguri, pugliesi – il susseguirsi delle stragi al ritmo insopportabile di dieci morti in un solo giorno – rivela il tragitto di un paese nel quale i lavoratori tornano a essere plebe. Come tale indotta magari a ricercare protezioni clientelari, occasionali padrini politici, ma inadeguata a proporsi motore di uno sviluppo fondato sulla professionalità e sull´innovazione. Il nostro rimpianto boom economico, al tempo della ricostruzione, scaturì dal concorso fra talento imprenditoriale e ritrovata dignità del lavoro, dall´orgoglio di una comunità nazionale capace di valorizzare anche la fatica fisica che oggi invece viene rimossa, imposta per bisogno, sopportata come vessazione. Quei lavoratori di Mineo andati cinque metri sotto terra senza attrezzature e prevenzioni adeguate, rappresentano una quotidianità italiana vergognosa, l´abitudine dilagante al pressappochismo. Feriscono la coscienza di chi ce l´ha ancora. Promettono rabbia e violenza, altro che "clima nuovo". Gad Lerner