Massimo Gaggi, Corriere della Sera 11/6/2008, pagina 32., 11 giugno 2008
Corriere della Sera, mercoledì 11 giugno NEW YORK – Fino a tre anni fa le ispezioni venivano fatte a rotazione, con un calendario preciso
Corriere della Sera, mercoledì 11 giugno NEW YORK – Fino a tre anni fa le ispezioni venivano fatte a rotazione, con un calendario preciso. Qualche giorno prima dell’inizio dei controlli, l’ospedale veniva tirato a lucido, le cartelle cliniche venivano rimesse in ordine, documenti e referti imbarazzanti sparivano. Ora, negli Stati Uniti, è cambiato tutto: gli ispettori della Joint Commission – un organismo costituito su base volontaria ma temutissimo – arrivano all’improvviso e guardano ovunque. Se scoprono che una struttura è inadeguata sotto il profilo medico, igienico o dal punto di vista delle strutture tecniche, possono negarle la certificazione. Senza il «Golden Seal of Approval», l’ospedale o l’ambulatorio non viene chiuso d’autorità, ma di fatto non può sopravvivere economicamente perché perde le convenzioni con Medicare e Medicaid – la sanità pubblica per gli anziani e i poveri – mentre anche le assicurazioni private si rifiutano, in genere, di avere rapporti con strutture non certificate. La Joint Commission – creata nel 1951 dalle principali associazioni sanitarie che è guidata da un «board» di 29 rappresentanti dei medici, degli infermieri, delle associazioni dei pazienti, dei sindacati, degli assicuratori e da esperti di etica – ha dimostrato negli ultimi anni di poter svolgere un lavoro egregio anche senza i poteri (e le rigidità) di un’organizzazione governativa. Basata a Oakbrook Terrace, in Illinois, lontana dai centri della politica, questa «authority» sanitaria sguinzaglia in tutto il Paese i suoi ispettori: medici che vengono reclutati negli stessi ospedali e che per quattro anni «cambiano casacca». La loro rotazione continua serve ad evitare che in qualche caso l’agenzia sia spinta a «chiudere un occhio». Nell’intervista di ieri al Corriere Silvio Garattini, auspicando che nel bilancio della sanità pubblica si possano trovare le risorse per dar vita a un’agenzia capace di monitorare anche in Italia ospedali e ambu-latori, è sembrato fare riferimento proprio al modello della Commissione Usa: uno strumento lontano dalle burocrazie pubbliche e «autogestito» che ha funzionato piuttosto bene. Ma che non è, di per sé, il toccasana di tutti i mali. Le operazioni «inutili » proliferano anche negli Stati Uniti: secondo un’indagine ordinata dal Congresso di Washington, su 15 milioni di interventi chirurgici effettuati ogni anno negli Usa, 2,4 milioni sono non necessari. Il ricorso eccessivo al bisturi provoca quasi 12 mila vittime l’anno. Il costo aggiuntivo per il contribuente è di circa 4 miliardi di dollari. I casi di operazioni-truffa come quelli denunciati alla Santa Rita di Milano non sono, però, numerosi. Qualche tempo fa in California è stato condannato un medico che aveva falsificato gli esami di tre pazienti: aveva detto loro che avevano un cancro alla prostata e li aveva convinti a sottoporsi a un tipo di radioterapia sofisticata e costosa che comporta anche un’anestesia totale. Si tratta, comunque, di casi molto rari. Ma se le vere e proprie truffe – che vengono perseguite, come da noi, dalla magistratura ordinaria – sono poco numerose, in tutta la sanità americana è forte la spinta a moltiplicare esami, cure e interventi chirurgici al di là del necessario. Un po’ perché gli americani hanno un amore sviscerato per le tecnologie di ultima generazione, molto perché gli ospedali sono aziende, e come tali si sforzano di aumentare il fatturato. Da «Death by Medicine», agghiacciante rapporto scritto da Gary Null, un medico, a «Overtreated», recente saggio di Shannon Brownlee, una studiosa della New America Foundation, le librerie americane sono piene di volumi che descrivono le patologie del sistema medico più costoso del mondo. Negli Stati Uniti, infatti, la sanità assorbe oltre il 16 per cento del reddito nazionali, quasi il doppio rispetto alla media europea. I «bypass» coronarici sono in testa alla «hit parade» degli interventi che vengono praticati anche quando non sarebbero necessari. Seguono le isterectomie e i parti cesarei. La tendenza a «ipertrattare» i pazienti è, come detto, legata alla concezione della sanità come «business», ma è anche facilitata dalla carenza dei controlli nell’area pubblica. Gli abusi, infatti, vengono commessi soprattutto a danno di anziani coperti da Medicare, il sistema di assistenza garantito dalle leggi federali e pagato dai singoli Stati. Amministrazioni che, esattamente come accade da noi, non fanno controlli caso per caso. Queste forzature sono, invece, più rare nell’area della sanità privata perché le assicurazioni, prima di pagare, qualche verifica la fanno. Massimo Gaggi