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 2008  giugno 10 Martedì calendario

La Stampa, martedì 10 giugno I golosi del «Cibo degli Dei» si preparino a mettere mano al portafogli: non solo il cacao è aumentato di circa 1000 dollari la tonnellata in un anno, ma nel rally delle quotazioni internazionali ora entrerà la variabile Chávez per le fave destinate ai migliori fondenti del mondo

La Stampa, martedì 10 giugno I golosi del «Cibo degli Dei» si preparino a mettere mano al portafogli: non solo il cacao è aumentato di circa 1000 dollari la tonnellata in un anno, ma nel rally delle quotazioni internazionali ora entrerà la variabile Chávez per le fave destinate ai migliori fondenti del mondo. Che ne sarà del mitico «Chuao» di Amedei - la piccola azienda italiana di Pontedera che da anni si è accaparrata i raccolti della piantagione più famosa del mondo a 60 chilometri a Ovest di Caracas - che nelle sue «napolitaine» da 5 grammi di fondente al 70 per cento riesce a inserire il «cru» di cacao che profuma di prugna, di frutta rossa, dalla rotondità unica? E si potranno ancora gustare le tavolette - racchiuse in uno scrigno di legno, come i sigari - dell’«Hacienda San José» di Domori, il cioccolato di pura qualità criollo realizzato con le fave delle piantagioni che l’azienda di None (Torino) ha appena incominciato a far coltivare da partner locali nella zona di Sur del Lago, nel Nord del Venezuela? E come farà Guido Gobino, l’artista del gianduiotto torinese, a reperire il «Carenero Superior» per far nascere le sue praline e cialdine di «chocolat noir» a bassa acidità dalle note aromatiche? «Quel Paese contribuisce in modo fondamentale alla produzione di cacao di qualità - dice Gobino - e io ne importo ogni anno circa 25 tonnellate, pagando già oggi un prezzo doppio rispetto a quello medio mondiale, cioè 6,5 euro al chilogrammo». Aggiunge il tostatore di caffè e cioccolatiere toscano Andrea Trinci (artigiano con azienda a Cascine di Buti, provincia di Pisa): «In Colombia il caffè è stato nazionalizzato attraverso la Fnc, la federazione dei ”cafeteros”, e la qualità si è fermata. Sono stato a Barlovento, in Venezuela, per far decollare un progetto di cooperazione con Slow Food, ma abbiamo dovuto rinunciare: c’era il rischio che il narcotraffico dalla Colombia usasse quel canale per esportare i suoi prodotti di morte. Su caffè e cacao è in atto una grande speculazione». In uno dei siti Internet cioccolatosi si può scorgere un grande cartello realizzato a Chuao, sul quale campeggia un «Gracias» dei contadini «por devolvernos la esperanza de un futuro mejor». In effetti la filiera del cacao è tutta spostata a favore di chi trasforma quelle fave tostate in prodotti dolciari: le previsioni per la raccolta 2007/2008 - ancora in corso - indicano una cifra record di 3 milioni e 713 mila tonnellate, contro i 3 milioni e 376 mila tonnellate dell’anno scorso. Una piccola parte del giro d’affari di 60 miliardi di dollari va ai contadini. E soltanto lo 0,5 della produzione mondiale proviene dal Venezuela: per metà è di qualità «criollo», la migliore. La maggior parte dell’«oro bruno» proviene invece dall’Africa ed è di bassa qualità: il «forastero» (circa l’80 per cento) che le multinazionali del cioccolato e delle merendine usano per prodotti che deludono gli intenditori. I gourmet cercano i «cru» d’origine, come per il vino: sulle etichette delle tavolette vogliono vedere la scritta Ecuador, Trinidad, Madagascar, Sao Tomè, Papua, Perù, Santo Domingo, Giamaica, Cuba. Ma soprattutto Venezuela. Spiega Gianluca Franzoni, l’agronomo che ha fondato la Domori e che ne è presidente, ora che è nel gruppo Illy: «Negli Anni 70 il Venezuela aveva già nazionalizzato le piantagioni, con il risultato di abbassare la qualità. La nostra azienda è impegnata, con partner locali, in piantagioni per 200 ettari e ne importiamo 200 tonnellate, per il 40% della nostra produzione. Nazionalizzare? Credo che la strada migliore sia un’altra: piccole cooperative che producono in loco la massa di cacao e poi la esportano, come avviene in Ecuador». Gigi Padovani