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 2008  giugno 10 Martedì calendario

la Repubblica, martedì 10 giugno Un due tre, cha-cha-cha. Sembra un passo da balera, coppie attempate che volteggiano per nostalgia, invece la danza sportiva altro che: vuole andare alle Olimpiadi

la Repubblica, martedì 10 giugno Un due tre, cha-cha-cha. Sembra un passo da balera, coppie attempate che volteggiano per nostalgia, invece la danza sportiva altro che: vuole andare alle Olimpiadi. Un misto di tutto, un po´ samba e un po´ melodramma, richiede preparazione e allenamenti da sportivi veri, lo stress che lascia nelle gambe un numero veloce equivale a una corsa sugli 800 metri. Lo hanno dimostrato ricercatori dell´Università tedesca di Freiberg come raccontava ieri il Wall Street Journal. Ma non è stato abbastanza per accedere agli onori dei Giochi. Serve di più: audience, popolarità, internazionalità. Oddio, se significa tv (significa sempre), l´audience non manca: lo show Dance with the stars, che di musica e figure della danza sportiva racconta, passa per le tv di 25 paesi, dall´Estonia all´India a Israele al Sud Africa. nato nel 2005 dopo Atene, adesso in America lo guardano 30 milioni di telespettatori. In Cina nel primo fine settimana in cui è stato trasmesso ha incollato allo schermo 40 di milioni di persone. Non malaccio, il tiro alla fune che reclama anche lui la ribalta olimpica, soffre sorti peggiori: fuori dalle competizioni dal 1920 dopo essere stato nei programmi di varie edizioni (1900, 1904, 1906, 1908, 1912 e 1920) e manco uno straccio di reality show. La Dance Sport è stata respinta nel ”90 dal Cio (Comitato Olimpico Internazionale) che poi nel ”97 l´ha "riconosciuta" come disciplina sportiva anziché come balletto o arte o intrattenimento domenicale per coppie ageè. A parte il battesimo ufficiale con tanto di titolo professionale, niente. Se si esclude una rappresentazione nella cerimonia di chiusura di Sidney 2000, con umani che ballavano con grossi pupazzi. Magro risultato per un´attività che vorrebbe tutto quello che hanno gli altri: medaglie, sponsor, un palcoscenico glorioso. Non resta che mettersi in lista d´attesa (ma Londra 2012 è già tutta prenotata), ce ne sono altre 30 di discipline nella stessa condizione, battezzate come idonee ma non ancora accettate. Anche quelle nient´affatto di nicchia come rugby, karate, golf (Tiger Woods pensaci tu). Si fa fatica a capire perché rimangano reiette, altre a volte nemmeno si sa che esistono fin quando qualcosa gira nel verso giusto. Come è successo al curling, all´inizio sembrava un lavoro domestico a guardarlo, poi alle Invernali 2006 di Torino tutti a scivolare con la curiosità dietro gli spazzoloni che picchiettavano dolci quel pietrone sul ghiaccio. E pensare che non era un outsider: la sua prima volta come disciplina dimostrativa ai Giochi di Chamonix del 1924 e a Lake Placid nel 1932. Dall´edizione di Calgary 1988 è riammessa nel programma, ma solo a Nagano 1998 rientra tra le discipline competitive e a Torino fa il tutto esaurito che fa. Qualcosa di simile successe con il tiro con l´arco ad Atene «e non è mai del tutto chiaro perché accade, a meno di non rettificare il senso comune che lo sport è lo specchio della società: alcuni sport sono solo specchio di sé». Stefano Pivato insegna storia contemporanea all´Università di Urbino, ha scritto Lo sport del XX secolo (Giunti) che è uno dei rari studi italiani sul genere. «Il rugby nasce aristocratico in Inghilterra, in Francia è popolare, in Italia comincia ad avere il suo seguito. E però non va alle Olimpiadi. A volte non ci sono ragioni a giustificarlo, certi criteri di selezione sono ormai vecchi per una società globalizzata che scardina le regole di "ingaggio": la tv e la digitalizzazione hanno creato pubblici anche per gli sport minori, che reclamano l´accesso alla ribalta olimpica». Negli ultimi anni ci sono riusciti nuoto di fondo, taekwondo, Triathlon, pallanuoto femminile, softball, beach volley, badminton, baseball, tennis tavolo. L´importante è partecipare? «La più grande ipocrisia il motto di de Coubertin. Adesso lo sport non è gioco, è vincita, è business, è industria». Pure il bridge vuole uscire dai salotti, le bocce dai circoli anziani, il bowling dai film anni Cinquanta, l´orienteering dal disorientamento degli esclusi. Non ha avanzato pretese, ma anche "ruba bandiera" ha la sua dignità. Alessandra Retico