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 2008  giugno 10 Martedì calendario

la Repubblica, martedì 10 giugno Dar El Salaam. Samuel Mluge esce dal suo ufficio e scruta il marciapiede

la Repubblica, martedì 10 giugno Dar El Salaam. Samuel Mluge esce dal suo ufficio e scruta il marciapiede. Gli occhi azzurro chiaro guizzano avanti e indietro, cercando di mettere a fuoco. Un tempo il suo nemico principale era il sole; oggi ne ha altri. Mluge è un albino e in Tanzania, di questi tempi, la sua pelle rosata ha un prezzo. «Mi sento braccato», dice. Un albino si nota, spesso è l´unica faccia bianca tra una folla nera, conseguenza di una condizione genetica che modifica la normale pigmentazione della pelle e che qui colpisce una persona ogni 3.000. La discriminazione contro gli albini è sempre stato un grave problema in tutta l´Africa sub-sahariana, ma da qualche tempo in Tanzania ha assunto una piega malvagia: nell´ultimo anno almeno 19 albini, tra cui alcuni bambini, sono stati uccisi o mutilati, vittime di quello che le autorità ritengono sia un fiorente commercio criminale di parti del corpo umano. In Tanzania - ma, a dire il vero, in tutta l´Africa - molti credono che gli albini siano dotati di poteri magici. Le autorità sostengono che gli stregoni fanno commercio di pelle, ossa e capelli degli albini come ingredienti di pozioni che promettono ricchezza a chi le beve. La polizia sta redigendo l´elenco di tutti gli albini che vivono in ogni angolo del paese allo scopo di proteggerli. Gli agenti scortano a scuola i bambini. Il presidente ha persino dato il suo sostegno ad una donna albina per farle ottenere un seggio parlamentare per dimostrare che «siamo con loro», spiega Salvator Rweyemamu, portavoce del governo. Ma gli omicidi continuano ed ora si diffondono anche nel vicino Kenya, dove alla fine di maggio una donna albina è stata fatta a pezzi: le sono stati strappati gli occhi, la lingua e i seni. All´inizio di maggio Vumilia Makoye era a cena con la famiglia nella sua casupola, nell´ovest della Tanzania, quando sono arrivati due uomini armati di lunghi coltelli. Vumilia viveva come tanti altri africani albini. Aveva dovuto abbandonare la scuola a causa di una grave miopia, un problema diffuso tra gli albini, i cui occhi si sviluppano in modo anormale tanto che spesso per vedere un libro o un telefono cellulare devono tenerlo a pochi centimetri dal viso. Non aveva trovato lavoro perché nessuno aveva voluto assumerla. Vendeva arachidi al mercato e guadagnava 2 dollari a settimana, mentre la sua pelle delicata si bruciava al sole. Quando sua madre ha visto gli uomini armati di coltello ha cercato di bloccare la porta di casa, ma i due hanno avuto la meglio e sono riusciti ad entrare. «Si sono avventati subito su mia figlia», ricorda la donna. Hanno segato le gambe della ragazza sopra il ginocchio e sono fuggiti con i moncherini. Vumilia è morta. Yusuph Malogo, che vive nei dintorni, teme di essere il prossimo bersaglio. Anche lui è albino e lavora da solo in una risaia. Ora porta sempre con sé un fischietto, per chiedere aiuto in caso di necessità. Ha 26 anni, ma la sua pelle è così dura, a causa dei danni provocati dal sole, che sembra più vecchio di vent´anni. Molti si stanno rivolgendo alla Tanzanian Albino Society, ma l´organizzazione dispone di un budget inferiore ai 15.000 dollari all´anno: una cifra non sufficiente a procurare crema solare, cappelli e abiti con i quali si potrebbero salvare tante vite. Mluge, 49 anni, è il segretario dell´organizzazione. E´ cresciuto con i compagni di classe che gli tiravano addosso i gessetti. Ha imparato a convivere con i soprusi, «ma non abbiamo mai avuto tanta paura come oggi», dice. Al-Shaymaa J. Kwegyir, albina e membro del Parlamento, osserva: «La gente crede che siamo fortunati, ecco perché ci uccidono. Ma non lo siamo affatto». Nascere in Africa equatoriale, dove il sole è spietato, senza pigmento protettivo, è una maledizione. Non è un caso che la sede della Tanzanian Albino Society si trovi presso un ospedale per i tumori della pelle. Molti albini ne sono affetti. L´odore delle corsie è opprimente, un misto di pomata per le ustioni e carne in decomposizione. I pazienti sono coperti di croste, ferite, piaghe e ustioni. Uno di loro, Nasolo Kambi, siede sul letto. Le sue braccia sono cosparse di macchie scure, simili ad inchiostro su un foglio bianco. «La gente crede che non possiamo morire», dice riferendosi alla superstizione cui gli albini, invecchiando, svaniscono. Secondo la polizia gli omicidi di albini sono più frequenti nelle zone rurali, dove la gente è più ignorante e superstiziosa. Alcuni dicono che i pescatori intrecciano capelli di albino nelle loro reti perché pensano che in questo modo la loro pesca sarà più abbondante. Sulle coste del lago Vittoria, nel nord della Tanzania, quello degli albini è un argomento delicato. Quando chiediamo ad un gruppo dei pescatori se è vero che intrecciano capelli di albino nelle loro reti, si limitano a fissare la sabbia. Un guaritore, un giovanotto in camicia a righe che lo fa apparire più uno studente di college che uno stregone, dice: «Sì, ne ho sentito parlare, ma quella non è vera magia. E´ un imbroglio». Il commissario di polizia Paul Chagonija pensa che l´ondata di film nigeriani in cui viene enfatizzato il tema della stregoneria potrebbe avere un rapporto con gli omicidi, così come l´aumento dei prezzi che rende la gente più disperata. «Questi stregoni hanno strane credenze», dice. «Non molto tempo fa girava la voce che se si pescava usando la testa di un uomo calvo si sarebbe diventati ricchi. Un´altra diceva che spargendo sangue sul pavimento di una miniera si poteva trovare l´oro. Queste dicerie vanno e vengono. Il problema è la gente che segue questi stregoni e non si pone tante domande». Mluge racconta di sentire persone mormorargli attorno quando cammina per strada. «Li sento dire "Affare fatto, affare fatto. Prendiamolo e faremo un sacco di soldi"». A casa, almeno, non lo considerano una stranezza. Anche sua moglie è albina, e così i loro cinque figli. Alcuni di loro, adolescenti, hanno già avuto un tumore della pelle. Un tempo la notte era il loro momento, l´ora in cui Mluge e i suoi figli dalla pelle chiara potevano passeggiare insieme senza paura del sole. Ora vivono barricati in casa, e guardano fuori attraverso le sbarre. Appena due settimane fa, mentre i figli di Mluge dormivano, un´auto si è fermata davanti casa e ne sono scesi quattro uomini che si sono messi a curiosare. «Sanno che siamo qui» dice Mluge, preoccupato. Ha tentato di leggere il numero di targa, ma non ci è riuscito. JEFFREY GETTLEMAN