Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 31 Sabato calendario

Storia del Male. Parla Vincenzo Sparagna

Trenta anni dopo Il Male. Liberazione 31 maggio 2008 La cronaca era lugubremente scandita da azioni armate, sparatorie, omicidi di Prima Linea, delle Brigate Rosse o di altre sigle dell’area armata. A Roma ci si riuniva ancora in confuse assemblee, ma la spaccatura tra l’anima armatista, accecata da formule riciclate da tutta la peggiore tradizione veteroanarchica o terzinternazionalista, e quella più consapevole e creativa era ormai assoluta, pesante e soprattutto paralizzante. Il movimento che un anno prima sfilava in giganteschi cortei era congelato e annichilito dalla moltiplicazione quotidiana delle azioni armate, con tutto il loro funebre corteo di azzoppamenti, assassinii e proclami militareschi. Fu in questo contesto che nacque Il Male . Al principio era un interessante, ma ingenuo giornaletto satirico ideato da Pino Zac contro il "regime", su una falsariga che si potrebbe definire "radicale" e "anticlericale", poi, dal n.3, con il mio arrivo in redazione e soprattutto con la contemporanea esplosione del drammatico "caso Moro", divenne il giornale nuovissimo, provocatorio, divertente e rivoluzionario che tanti ricordano. L’elemento decisivo che unì e fece crescere il settimanale (al principio ancora quindicinale) fu che il gruppo che si lanciò nel progetto dopo il ritorno di Pino Zac in Francia (ovvero prima del n.4), era formato da scrittori, vignettisti, giornalisti, fumettari, futuri professori o aspiranti pornostar che si sentivano, più o meno coscientemente, interni al movimento di lotta. Questa continuità tra movimento e giornale spiega anche la particolare "complicità" del Male con i suoi lettori, e la nostra sorprendente "spavalderia" nei confronti dello Stato, la resistenza alle denunce, ai processi, agli arresti, alle minacce. Non ci proponevamo infatti di "partecipare" alla "commedia dell’informazione", ne eravamo l’alternativa assoluta, senza compromessi. Nostro avversario era il sistema nel suo complesso, nelle sue differenti parti e momenti, fino a quell’avversario insidioso che abbiamo tutti dentro e che dobbiamo combattere con l’autoironia ben prima che con l’autocritica. L’invettiva e la retorica, la vignetta e la citazione letteraria, il gioco diretto e la metafora, la parodia e il cattivo gusto come avanzo, replay sarcastico di un reale orrendo: tutte queste forme facevano parte di un repertorio della critica che andavamo scoprendo mano a mano che lo scontro con il "sistema" si moltiplicava, che le ingiustizie ci colpivano più direttamente. Ma l’intuizione illuminante, la scintilla decisiva, avvertita forse confusamente, come quando i bufali sentono un terremoto in arrivo, fu che la politica, la lotta che tutti ci travolgeva si stava spostando sempre più, a velocità vertiginosa, sul terreno della comunicazione. La politica era diventata interamente comunicazione. E la comunicazione dominante si basava su un pensiero unico soffocante e nebbioso. La cancellazione del pensiero libero non riguardava del resto solo il "potere", ma anche il sedicente "contropotere". Sul piano etico e politico, così come sul piano stilistico e comunicativo le Brigate Rosse e le altre sigle armate erano il rispecchiamento fedele dei medesimi orrori sistemici che dichiaravano di combattere, come due omologhi di una stessa realtà atroce. Per Il Male dunque la critica spavalda dello Stato passava anche dalla critica feroce delle ideologie terzinternazionaliste, delle follie guerrigliere, delle mitologie "cinesi" o "vietnamite" o "miriste" o "palestinesi" che tanto contribuivano a rendere tragicamente omicida/suicida la opposizione di tanti giovani al sistema capitalistico. Il Male si poneva con la sua scanzonata ironia, mai davvero cinica, semmai grottesca, in un tempo ancora lontano, guardava il presente con gli occhi di un futuro lucido, ridendo (per non piangere) della inesauribile follia umana. Il nostro ridere non era dunque frutto di una singolare "pazzia artistica", ma di una "saggezza metodologica" collettiva: esserci posti al di là della cronaca e del senso comune (dello Stato o dell’Anti-Stato che fosse), fuori della "commedia". Mentre Moro era prigioniero delle Brigate Rosse Il Male sbeffeggiava dunque lo Stato impotente e omissivo, inquinato e stragista, ma anche ridicolizzava impietosamente il delirio insensato delle "condanne a morte" brigatiste, barbarie nazistoide generata dal ventre sporco della più cupa e orrifica tradizione stalinista, magari mutuata dalle fantomatiche teorie sulla "resistenza tradita" di secchiana memoria. Scoprimmo pure, nella pratica, che, come accadeva per quella del Potere o dell’Antipotere, anche la nostra autonoma rappresentazione - per quanto surreale - produceva effetti di realtà: la comunicazione poteva diventare fatto. Così, rovesciando il parametro delle "verità" dominanti, i nostri "falsi giornali" erano una ricerca non ipocrita delle verità più nascoste, narrate in termini paradossali, scandalosi, incensurabili, ma inquietanti per le tante denunce vere fatte "per ridere", sghignazzando. Memorie, fatterelli, aneddoti e trovate… se ne potrebbero raccontare a migliaia, dalla falsa Unità con il titolo "Basta con la DC!" e un ampio discorso autocritico di Berlinguer sull’intera storia comunista dalla rivoluzione bolscevica in poi, alla vittoria del falso ciclista Pedaloni in una tappa del vero Giro d’Italia che si concludeva a Velletri; dalla distribuzione clandestina della falsa Trybiuna Ludu in Polonia con l’annuncio dello scioglimento del Poup e del trionfo di Karol Woytila (un anno prima di Solidarnosc) alla falsa Pravda diffusa a Mosca durante le Olimpiadi del 1980, con la notizia della fine dell’impero sovietico ("La Russia ha sconfitto i dèmoni. Né Unione, né Sovietiche, né Socialiste, solo Repubbliche") che sarebbe avvenuta solo dieci anni dopo. Sul falso Giornale di Sicilia il sindaco di Palermo Vito Ciancimino, da noi definito mafioso (come poi si sarebbe scoperto sul serio…) confessava mandanti e complici degli ultimi delitti… A volte il giornale diventava gruppo teatrale di strada. Al Pincio assegnammo il Premio dell’Humor Nero a Giulio Andreotti inaugurando un suo realistico busto di marmo, che venne subito sequestrato (in seguito venimmo denunciati io, Vincino e il bravo Roberto Benigni che aveva fatto il discorso inaugurale del Premio). Tra le tante cose inventammo pure "l’immobilismo molisano" (movimento fondato sul principio "perché stare fermi quando si può essere immobili?"), ma questo non impedì a me e a Piero Losardo, in qualità di "gruppo anticatatonico immobilista", di occupare a Parigi un piano del Beaubourg (io ero travestito da flic) per protesta contro l’arresto di Franco Piperno in Francia. Con lo stesso Piperno, al tempo in cui era ricercato come "capo delle Br" (era l’unico latitante, sfuggito per caso alla retata del 7 aprile 1979) avevamo realizzato pure alcuni fotoromanzi satirici in clandestinità. Fu proprio per rispondere ai falsi teoremi del processo 7 aprile che venne concepito il falso più celebre, ovvero il triplice falso del Giorno , di Paese Sera e della Stampa , con la sconvolgente notizia che Ugo Tognazzi era il capo delle Br (scherzo della memoria: il falso con Tognazzi è del 1976, il processo 7 aprile del 1979). Falso che non era solo un scherzo da "amici miei" (come pure è stato detto), ma la denuncia di come una stampa asservita e senza morale potesse far diventare "terrorista" chiunque. Per concludere dico che, pur nella abissale differenza di situazioni, oggi - assai più di ieri - non si può intervenire "da sinistra" nella "politica" se non rivoluzionando la comunicazione: un’arte difficile, colpevolmente ignorata dalle attuali "sinistre", divenute tutte così noiosamente "politically correct" da non contare niente, soprattutto "politically". Vincenzo Sparagna Vincenzo Sparagna, dopo "Il Male", ha fondato nel 1980 (insieme a Stefano Tamburini, Filippo Scozzari, Andrea Pazienza, Tanino Liberatore e Massimo Mattioli) la rivista "Frigidaire", di cui è stato sempre (ed è tuttora) direttore. Nel 2006 ha dato vita in Umbria alla "Repubblica di Frigolandia", la terra di "Frigidaire", prima repubblica marinara di montagna. Informazioni nel sito frigolandia.eu. Telefono: 0742 90570, e-mail: frigolandia@gmail.com.