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 2008  giugno 10 Martedì calendario

Corriere della Sera, martedì 10 giugno Ieri i pm di Milano hanno detto che le intercettazioni sono state determinanti per fare luce sui reati commessi nella sanità

Corriere della Sera, martedì 10 giugno Ieri i pm di Milano hanno detto che le intercettazioni sono state determinanti per fare luce sui reati commessi nella sanità. Però nel 2007 gli «intercettati» sono stati oltre 123 mila, dei quali 112.623 nel corso di conversazioni telefoniche e 10.492 attraverso controlli ambientali (microspie e altre apparecchiature elettroniche). Ora, i casi sono due. O siamo uno dei Paesi al mondo a più alto tasso di criminalità. E, allora, la massa degli intercettati è giustificata. O c’è qualcosa che non va nel sistema delle intercettazioni: dalla decisione di farvi ricorso al loro uso in sede giudiziale e alla loro divulgazione tramite il circuito mediatico- giudiziario. Così, finiscono nel tritacarne molti «attori non protagonisti », i quali subiscono gli «effetti collaterali» – non previsti e, quel che è peggio, dei quali non è sufficientemente valutata la gravità per chi ne è vittima – che le indagini sulle attività oggetto dell’intercettazione hanno sulla vita di chi non ha nulla a che farci. La nostra storia giudiziaria ne è piena. Il fatto stesso che gli intercettati attraverso le utenze telefoniche siano stati la stragrande maggioranza sembra avvalorare il sospetto che gli «attori non protagonisti» non siano poi tanto pochi. , dunque, soprattutto di questi ultimi che ci si dovrebbe preoccupare, prima ancora di stabilire a quali altre attività criminose – oltre il terrorismo e la malavita organizzata previsti dal governo – si debbano estendere i controlli. Nel definire e programmare l’attività contro il crimine – anche attraverso le intercettazioni, che sono, di fatto, una violazione della privacy – la classe politica si dovrebbe preoccupare, innanzi tutto, della salvaguardia di chi, innocente, potrebbe finire ugualmente, e del tutto fortuitamente, nella rete delle intercettazioni. Il limite alle intercettazioni non può che consistere nella tutela delle libertà del cittadino. Nello Stato di democrazia liberale prevale sempre il principio che sono preferibili dieci colpevoli in libertà a un solo innocente coinvolto nel sistema di prevenzione e repressione del crimine. Immagino le reazioni dei moralisti. Con la scusa di tutelare gli innocenti, qui, si vuole salvare i colpevoli. Ma è stata proprio la prevalenza delle tentazioni moraleggianti sui giudizi di realtà che ha generato spesso l’affermazione della massima ingiustizia nei confronti degli innocenti sulla realizzazione della giustizia possibile nei confronti dei colpevoli. Non è un caso, del resto, che il moralismo – come degenerazione del giudizio morale, come carenza di «forza del giudizio», come ripudio del diritto comune – giochi un ruolo maggiore nei sistemi totalitari che nei sistemi di democrazia liberale. Nel legiferare sulle intercettazioni, il legislatore dovrebbe, dunque, fare appello soprattutto al «senso comune». Che non è il buonsenso – il quale è ideologico – ma sono quelle tradizioni storiche, empiriche, patrimonio morale della vita di ogni comunità civile, senza le quali le migliori intenzioni razionalizzatrici finiscono col negare se stesse. Piero Ostellino