Il Sole 24 ore 6 giugno 2008, Fabrizio Galimberti, 6 giugno 2008
Londra si scopre più fragile e sente il richiamo dell’euro. Il Sole 24 ore 6 giugno 2008 La sterlina nell’euro? Il dilemma - dentro o fuori - sonnecchiava da anni, ma è tornato improvvisamente alla ribalta
Londra si scopre più fragile e sente il richiamo dell’euro. Il Sole 24 ore 6 giugno 2008 La sterlina nell’euro? Il dilemma - dentro o fuori - sonnecchiava da anni, ma è tornato improvvisamente alla ribalta. E non sulla base di qualche folgorazione intellettuale ma, come succede nella realtà, sulla base di qualche scomodo urto delle cose. Anzi, due urti: dapprima la crisi dei mutui, che ha toccato la Gran Bretagna con fragore (il panico sulla Northern Rock) e con timore (cosa succederebbe alle passività in valuta della City in caso di crisi di liquidità? vedi oltre). Poi, o per meglio dire prima, dato che l’andamento covava da tempo, lo sgretolamento della sterlina rispetto all’euro: il cambio è passato da 1,50 diciotto mesi fa a 1,26 di oggi. Il rapporto fra l’Inghilterra e l’euro è sempre stato controverso. Margaret Thatcher fu deposta a fine 1990 dal suo stesso partito quando divenne chiaro che la sua virulenza anti-europea sconfinava nella nevrosi e stava diventando imbarazzante. Nel suo discorso di addio, per altri aspetti memorabile, dichiarò la vera ragione del suo rifiuto dell’euro: «La moneta unica riguarda la politica dell’Europa, è la via per far passare l’Europa federale per la porta di servizio...». E quando nominò il suo successore si assicurò che su questo punto fosse della stessa opinione. John Major al rifiuto di principio aggiunse l’irrisione: «Tutte le discussioni sulla moneta unica sembrano dei riti da danza della pioggia, e avranno all’incirca la stessa efficacia». Ma la pioggia è venuta e l’acquazzone non si è fermato. L’euro - abbiamo appena registrato i dieci anni di vita - gode ottima salute (troppa, secondo alcuni), ha tolto al dollaro il monopolio della moneta di riserva, il suo mercato dei capitali rivaleggia con quello americano, e ogni anno attira altri Paesi nella sua area monetaria. E l’economista Willem Buiter (si veda il suo blog nel sito del Financial Times: http://blogs.ft.com/maverecon/) pensa che sia tempo ormai che il Regno Unito si svegli e abbandoni la sterlina in favore dell’euro. Tre sono gli argomenti di Buiter: In cerca di stabilità Dal punto di vista della stabilità, è illusorio pensare che una politica monetaria indipendente sia possibile per un’economia media e aperta. Il modo migliore per resistere agli shock "asimmetrici" (per quelli simmetrici, che colpiscono tutti, non c’è molto da fare) è quello di diversificare i portafogli e facilitare la mobilità internazionale del lavoro. Tutti e due questi obiettivi sarebbero resi più facili con l’adozione dell’euro: la riduzione del rischio di cambio incoraggia la diversificazione dei portafogli e l’ingresso nell’area Schengen incoraggia la mobilità e la diversificazione del capitale umano. Sindrome islandese La crisi dei mutui ha rivelato (con rispetto parlando, dato che siamo in una monarchia) che "il re è nudo". La City - il più grande centro finanziario del mondo - maneggia immense attività e passività esterne (di cui sono titolari dei non-residenti): le sole passività (claims) equivalgono a circa il 150% del Pil, da confrontare con il 48% degli Usa e il 360% dell’Islanda. E, si chiede Buiter, da questo punto di vista il Regno Unito assomiglia più all’America o all’Islanda? La risposta dell’economista è che la City rischia la stessa fragilità di cui è stata vittima la corona islandese. Se c’è una crisi di liquidità o una crisi di fiducia, la Bank of England può intervenire sulle passività in sterline, ma non può intervenire su quelle in dollari o in euro, a meno di non mettere in piedi (come in parte è stato già fatto, ma per importi limitati) complicati accordi di swap con le altre Banche centrali. Insomma, dice Buiter, un Paese si può permettere di essere un grande centro finanziario solo se fa parte di una grande area monetaria. Prima non ce ne eravamo accorti, ma la crisi di liquidità di questi mesi ha suonato l’allarme. Si tratta di un rischio che è stato riconosciuto da poco, ma è un rischio reale, e presto o tardi si rifletterà sul costo del capitale intermediato dalla City e ne farà scendere la competitività. Rischio irrilevanza Il terzo punto è più politico: Buiter è convinto che il futuro dell’Europa sia quello di una Federazione, e ritiene quindi che essere nell’Unione europea ma non nell’Eurogruppo condanna il Regno Unito all’irrilevanza. Opinioni forti e iconoclaste, che hanno destato molti consensi e molte critiche (Buiter è olandese di nascita e inglese di adozione), con un ennesimo scontro (verbale) nel blog fra eurofili ed euroscettici. La polemica durerà ancora, ma intanto si è arricchita di una affascinante congettura geopolitica. Se la Scozia riesce nella sua operazione-indipendenza, è quasi certo che vorrà entrare nell’euro. E il Regno (non più) Unito si troverà ancora più isolato... Fabrizio Galimberti