Alessandra Retico, la Repubblica 7/6/2008, 7 giugno 2008
Ci sono guerre e c´è la crisi dei mutui subprime, c´è il dollaro che si schianta e c´è il prezzo del petrolio che schizza
Ci sono guerre e c´è la crisi dei mutui subprime, c´è il dollaro che si schianta e c´è il prezzo del petrolio che schizza. Allora, che cosa mi metto? Il nesso tra le questioni sembrerà arbitrario e la domanda assurda, però la risposta esiste: naturalmente un abito. Largo, stretto, lungo o corto non importa, purché un abito. Latitava da qualche tempo, ora è tornato: per rimettere le cose apposto, per provarci almeno. Per modellare la paura che circola nel mondo, per ridargli una forma, magari una curva morbida. Il settimanale americano "Newsweek" lo legge così questo trionfale ricorso del capo femminile per eccellenza: come una risposta, forse una panacea, alla crisi economica, politica e sociale che sta attraversando gli Stati Uniti. Che sta colpendo tutti. All´incertezza generale, la rassicurante semplicità di un intramontabile. E "dress moment" lo chiamano questo istante di paura che dura da parecchio in verità, pure se assume la velocità, il potere di estemporaneità e cambiamento delle mode. Di fatto nelle vetrine dei grandi magazzini Usa non si vede e alla fine non si vende che lui, l´abito quello che per tutte le occasioni, semplice ma anche bello, serio eppure femminile, classico ma anche moderno perché intercetta gli umori del presente e anticipa persino il futuro. Nel periodo dello shopping più compulsivo in America, a Natale, tutti a lamentarsi di un crollo delle vendite e a sperare nei turisti con l´euro in tasca. Non che sia andata granché bene, infatti. Ma nell´inappetenza diffusa degli acquirenti per abbigliamento e oggetti che un tempo si dicevano superflui, l´abito ha tenuto, resistito, stuzzicato. Un fenomeno cui le riviste specializzate hanno dedicato pensosi ragionamenti sociali oltre che di eleganza, e l´influente direttore di "T", il settimanale di stile (online) del New York Times, Horacio Silva, ha decretato: «Se le ineluttabili forze che hanno dato forma alla moda in passato sono un´indicazione, allora questo momento potrà essere seguito da due estetiche divergenti: cerebrale e sexy». Come andrà a finire chissà, la moda è un perpetuo mutamento, segue e anticipa umori, disegna le stagioni della storia. un costume, bella parola per dire che non è solo un taglio di tessuto, ma un modo e un fare. Il minimalismo in cicli di prosperità, il decostruzionismo nei floridi e operosi ”80. I pantaloni come liberazione nei ”70, i jeans ovunque nell´immaginario postfemminista. Il vestito, mai davvero tramontato, che ricicla adesso. Contro l´imperialismo estetico del casual, contro il mimetismo machista del tailleur grigio. Per dire cosa? Femminilità e sensualità, senza eccessi, senza fronzoli, senza finzioni. Vera e solida, stoffa che accompagna il corpo, lo capisce. «Vesto le donne per rassicurarle» disse Yves Saint Laurent qualche tempo fa in un´intervista. Per rassicurarle, proprio così, proprio come sembra stia succedendo ora. L´abito è sicuro, copre e spoglia, rimette tutto a posto, fa donna ed è l´innocenza. Saint Laurent disse anche: «Io ho sempre voluto mettermi al servizio delle donne, servire i loro corpi, i loro gesti, le loro stesse vite». Non sappiamo se l´abito fa (farà) l´economico, cambierà anche il sociale e tutto quanto. Però non è male pensare che ci siano le donne, a suggerire come andrà, per tutte le stagioni.