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 2008  maggio 31 Sabato calendario

Liberi tutti: la giustizia scarcera gli assassini. Il Giornale 31 maggio 2008 Liberi tutti. Può sembrare un gioco innocente, ma è la realtà delle carceri italiane

Liberi tutti: la giustizia scarcera gli assassini. Il Giornale 31 maggio 2008 Liberi tutti. Può sembrare un gioco innocente, ma è la realtà delle carceri italiane. Che il sistema non funzioni lo si è capito anche nei giorni scorsi con l’ultimo ingresso eccellente: quello di Annamaria Franzoni. Era appena arrivata alla Dozza di Bologna e già gli esperti di turno discutevano sulla data di uscita e chiarivano che la condanna a 16 anni sarà in concreto molto, molto più breve. Indulto, liberazione anticipata, semilibertà, libertà condizionale, affidamento in prova ai servizi sociali: sono tante le frecce nell’arco del perdonismo. E gli elenchi di chi ha già un piede fuori vanno continuamente aggiornati. Presto nella lista potrebbe essere inserito Ruggero Jucker, il giovane della Milano bene che nel luglio 2002 uccise e fece a pezzi la fidanzata Alenya. L’avevano condannato a 16 anni, proprio come la Franzoni. Sembrava che non avremmo più sentito parlare di lui a lungo, ma non è così. Il suo avvocato, il principe del foro Raffaele Della Valle, riporta il pallottoliere alla realtà: «Jucker ha già scontato sei anni, poi c’è un anno e mezzo guadagnato con la liberazione anticipata che cancella un quarto della pena per chi si comporta bene, poi c’è l’indulto che garantisce un bonus di tre anni». Insomma, anche se può apparire sconcertante, Jucker non ha scontato sei anni, ma di fatto quasi undici. Dunque ha un residuo pena, come si dice in gergo, di cinque anni, esattamente il limite per chiedere la libertà condizionale, ovvero, in soldoni, il ritorno a casa. «Deciderò nelle prossime settimane - spiega Della Valle - seguendo un certo percorso: prima, i permessi, poi, forse, la libertà condizionale». Certo, il clima nel Paese non è dei più favorevoli, ma intanto la geografia dei detenuti «famosi» va continuamente riscritta. Da qualche settimana è fuori, con il salvagente dei servizi sociali, Marco Furlan, un nome che s’identifica con Ludwig e con una serie impressionante di 15 omicidi - 10 quelli attribuiti a Furlan - avvenuti fra il 77 e l’84 in Veneto. In quell’anno l’avevano ammanettato, nell’88 era uscito per decorrenza dei termini, l’avevano riacciuffato in Grecia il 17 maggio ”95. È di nuovo libero. Com’è ai servizi sociali Gianni Guido, altro nome che calamita un tragedia nazionale: lo stupro e la strage del Circeo. Quella ragazza dal volto tumefatto che conserviamo in un angolo della memoria dal 1975. Guido era sparito, ma negli anni Novanta l’avevano rintracciato a Panama. A luglio 2006 era già in permesso, l’anno dopo era semilibero, ora ottiene l’affidamento ai servizi sociali e di fatto può archiviare la pena. Presto la stessa uscita di sicurezza potrebbe essere oltrepassata da Erika e Omar, i fidanzati di Novi Ligure. Anche per loro, valgono le leggi dell’aritmetica giudiziaria e gli anni trascorsi in cella non coincidono con quelli già scontati per la legge: di fatto hanno già oltrepassato la bandierina che segna i due terzi della pena e sono a un passo dalla semilibertà. Anzi, Omar ci ha già provato, ma i giudici non hanno concesso il beneficio. E Erika? «Si vedrà», risponde l’avvocato Mario Boccassi. Strategie. Le pene, anche quelle alte e altisonanti, di fatto si accorciano. Sono ormai fuori quasi tutti gli ex terroristi delle Brigate rosse, compresi quelli carichi di ergastoli. Fuori alcuni grandi criminali. Fuori pregiudicati dai certificati penali lunghi come lenzuola. E chi resta dentro, al giro di boa di metà pena - pena virtuale calcolata tenendo conto della liberazione anticipata - comincia ad aggrapparsi al salvagente dei permessi. capitato proprio a Erika, immortalata dai fotografi sotto la rete di un campo da pallavolo. Ed è capitato a Pietro Maso, il ragazzo veronese che sterminò i genitori nel ”91. Proprio il Giornale ha documentato i suoi incontri con la fidanzata, fuori dal carcere di Opera. Stefano Zurlo «Tre detenuti su quattro escono prima di dieci giorni». Il Giornale 31 maggio 2008 Non è stupito dalla catena di scarcerazioni. E mette subito in chiaro il suo pensiero:« In Italia tendenzialmente escono tutti». Dottor Ardita, che significa tendenzialmente? «La realtà è sotto gli occhi di tutti: tolta la grande criminalità organizzata, trattata con la necessaria durezza, gli altri, tutti gli altri, prima o poi escono». Prima di aver scontato la pena? «Prima, prima. Anzi, il più delle volte per il malfunzionamento del nostro sistema processuale, non arrivano nemmeno a scontare quella pena». Sebastiano Ardita, è un osservatore ,istituzionale, sul fronte dell’incertezza della pena. Ardita è infatti il direttore dell’area detenuti del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. E conosce molto bene tutti i guasti della macchina. Da dove cominciano i guai? «Dal nostro processo. Che unisce, anzi somma, le garanzie del vecchio sistema inquisitorio con quelle del processo accusatorio». Risultato? «La paralisi. O meglio, chi va in carcere viene letteralmente buttato fuori. Tre detenuti su quattro escono entro dieci giorni. E non per responsabilità dei giudici che si limitano ad applicare la legge. Ci sono infiniti strumenti di verifica, di analisi, di messa in discussione dell’operato dei magistrati». Scusi, ma non c’è la presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva? «Sì, ma se la polizia raccoglie elementi contro qualcuno, questi elementi, difficilmente, molto difficilmente, tengono nella fase della custodia cautelare. Il sistema, frenato da numerosi sbarramenti, rimette quasi automaticamente in libertà il detenuto. Però non lo processa». E che fa? «A fronte di un numero sterminato di procedimenti, le sentenze arrivano, quando arrivano, a scoppio ritardato. Anni e anni dopo. La giustizia non colpisce in modo selettivo. Moltissimi faldoni finiscono in archivio, ogni tanto qualcuno viene pescato e condannato. Magari quando è una persona cambiata». Comunque, a quel punto, dovrebbe stare in prigione. «Sì, ma a quel punto entrano in gioco i benefici della legge Gozzini. E poi c’è l’indulto: di fatto, così com’è stato varato, senza le necessarie riforme di accompagnamento, è un regalo di tre anni». Può fare un esempio? «Semplice. Solo sommando l’indulto e la liberazione anticipata, che viene concessa quasi sempre, una pena di dieci anni si dimezza. Anzi, per essere fiscali, scende a 4 anni e mezzo». Tutti fuori? «Le misure previste dalla Gozzini sono un correttivo». E che cosa dovrebbero correggere? «Questo sistema che colpisce in modo random». L’opinione pubblica è sconcertata. «Purtroppo in Italia la pena è una formalità». Liberi tutti? «C’è il doppio binario: i mafiosi restano dentro, in linea generale, anche nella fase cautelare, li si processa in fretta». E quando entrano in cella? «C’è il 41 bis. Un regime particolarmente duro». Gli altri? «Il caso Franzoni insegna qualcosa sul piano generale». Che cosa? «La signora è entrata in carcere quasi sei anni e mezzo dopo i fatti. E subito sono cominciati i calcoli per stabilire quando uscirà. Le pare normale?». Come rimediare? «La Gozzini ha avuto anche effetti positivi: dà spranza ai detenuti virtuosi che non sono pochi; e poi è stata utilizzata in un sistema sovraffollato e arcaico come strumento "politico"». Per scongiurare le rivolte? «Esatto. In ogni caso il cambiamento deve iniziare dal processo. Tre gradi di giudizio col rito accusatorio sono una follia. Il dibattimento deve arrivare subito. In questo senso, il decreto legge del governo che potenzia le direttissime, è un buon segnale. Ma, sia chiaro, da solo non basta». Stefano Zurlo CASI CELEBRI Gianni Guido Massacrò due ragazze Uno dei tre «mostri del Circeo». Condannato all’ergastolo nel 1976. Evaso due volte, nel 1981 e nel 1994. Da aprile 2008 è in affido ai servizi sociali. Marco Furlan 15 omicidi in sette anni Con Wolfgang Abel uccise 15 persone tra gay e barboni. Condannato a 27 anni ne ha scontati solo 12. Dallo scorso aprile è fuori cella in affido ai servizi sociali. Erika De Nardo Uccise madre e fratellino Nel febbraio 2001 uccise a coltellate mamma e fratello. Condannata a 16 anni. Da quest’anno ha maturato gli anni di pena per chiedere i primi permessi. Ruggero Jucker Fece a pezzi la fidanzata Nel luglio 2002 uccise la sua ragazza Alenya. Condannato a 16 anni di reclusione. Da giugno 2008 potrà chiedere i primi permessi dal carcere.