Anna Zafesova, La Stampa 8/6/2008, 8 giugno 2008
ANNA ZAFESOVA
Tutta colpa degli Stati Uniti. Vladimir Putin aveva già abituato tutti a questa idea, concentrandosi sugli aspetti politico-strategici. Adesso il suo delfino Dmitry Medvedev, dal quale molti, dentro e fuori la Russia, si aspettavano la fine della mini «guerra fredda», riprende il filone, scegliendo però per l’attacco a Washington l’economia. Di fronte a una platea gremita di top manager di tutto il mondo, al Forum economico internazionale di Pietroburgo, il nuovo presidente russo ha dato agli Usa la colpa per la crisi finanziaria, «la più profonda dal 1929» Le cause sono «la sottovalutazione dei rischi da parte delle grandi compagnie e la politica aggressiva della maggiore economia mondiale» e tra le consequenze c’è «l’impoverimento della maggioranza della popolazione mondiale».
Retorica condivisa da molti, anche negli Stati Uniti medesimi. Perfino il segretario al Commercio americano Carlos Gutierrez, ospite del Forum, ha detto di non leggere le parole di Medvedev - che ha accusato Washington di «egoismo economico» - come critica, dicendo anzi che ha fatto «delle ottime osservazioni». Del resto, Medvedev ha esposto in un linguaggio economico il discorso che Putin aveva fatto in politica: «Nessun Paese singolo può assumere il ruolo di governo globale, e il ruolo formale nel sistema economico degli Usa non corrisponde alle loro reali possibilità, è una delle cause della crisi. Per quanto sia grande il mercato americano e per quando sia sicuro il sistema finanziario, non sono in grado di sostituire i mercati finanziari e commerciali globali».
La novità vera non è la critica, ma il fatto che sia servita da preludio a una rivendicazione senza precedenti del nuovo ruolo della Russia, «giocatore globale», dice Medvedev - al suo primo grande appuntamento con il mondo degli affari internazionale - che vuole formulare «nuove regole del gioco, non per famigerate ambizioni imperiali, ma perché ne abbiamo le possibilità e le risorse». Mosca si propone di colmare il «vuoto» di istituzioni internazionali, si candida a «centro di finanza globale» e vorrebbe trasformare il rublo in una moneta di riserva, prima regionale (in altre parole, interna all’ex Unione Sovietica) e poi, sogna il ministro delle Finanze Alexej Kudrin, «grazie al commercio si diffonderà prima in Finlandia, poi in Germania, allargando la sua geografia».
Resta la domanda di come farà Mosca a diventare la nuova capitale degli affari, visto che proprio mentre Medvedev invocava maggior trasparenza dai mercati, è in corso un contenzioso dai contorni oscuri tra la British Petroleum e i suoi partner russi nella TNK-BP, unica major petrolifera rimasta fuori dal controllo diretto del Cremlino, forse ancora per poco. E non è assolutamente chiaro perché le banche centrali dovrebbero mettere nelle proprie riserve un rublo soggetto al 10-12% di inflazione annuo, moneta di un Paese che dipende dalle esportazioni di petrolio e gas, importando quasi tutto il resto.
Ma al di la del prezzo della propaganda, è proprio sulle materie prime che Mosca scommette per il suo nuovo ruolo globale, e Medvedev - presidente della Russia e presidente, dal 2000 e fino a pochi giorni fa, del gigante del metano Gazprom - sembra il candidato ideale per questa strategia. Quest’anno dalla tribuna di Pietroburgo non si è parlato, come l’anno scorso con Putin, della «borsa di petrolio», da fondare con la partecipazione degli iraniani, dove il barile sarebbe stato quotato in euro, ma l’idea chiaramente non è stata dimenticata. Ieri il capo di Gazprom Alexej Miller ha annunciato l’apertura, a Pietroburgo nel 2009, di una «borsa del gas» che tratterebbe futures prezzati in rubli, una piazza dove si formano «i prezzi a lungo termine». Con l’avvio del North Stream, il gasdotto delle polemiche voluto da Putin e Schroeder, a Pietroburgo partirà il «commercio internazionale di gas». E, se gli idrocarburi finiranno, la Russia si prepara già ai mercati del futuro: cereali, alimentari (anche se per ora importa metà del fabbisogno) e l’acqua potabile, per una «Borsa dell’acqua» ipotizzata dal presidente della Duma Boris Gryzlov.
Stampa Articolo