Libero 22 maggio 2008, GIANCARLO MELONI, 22 maggio 2008
Scoprì gli eterni messaggeri dell’Universo. Libero 22 maggio 2008 Comincia così, quasi per caso
Scoprì gli eterni messaggeri dell’Universo. Libero 22 maggio 2008 Comincia così, quasi per caso. In una scuola di Vienna, l’Akademisches Gymnasium, c’è un ragazzo di 13 anni, Wolfgang Pauli, che è la disperazione degli insegnanti. Non soltanto perché fa ridere i compagni con l’imitazione, piuttosto efficace, dei professori, ma perché non ascolta le lezioni. Preferisce leggere di nascosto gli articoli di Einstein che gli impresta il padrino, Ernst Mach, celebre fisico e filosofo viennese amico dei genitori. Oltre al padrino c’è un padre, Joseph, docente di chimica all’Università, e una madre, Berta Camilla Schütz, figlia di Erich, il noto scrittore. Bellissima ragazza di temperamento stravagante e idee riformiste, fa la giornalista per la "Neue Freie Presse". Di lei Wolfgang ha lo stesso volto fine e regolare che dà l’im pressione di rara facilità di pensiero e gli occhi che lanciano scintille di pura intelligenza. Una famiglia dell’alta borghesia intellettuale austriaca. Più che la ricchezza e la politica, in casa contano la cultura e gli affetti. Il ’900, secolo mirabilis della fisica, non ha ancora 20 anni. Ma "l’enfant prodige" che studia di nascosto la relatività generale e la commenta in un diario che pubblicherà a 18 anni col titolo "Il formalismo matematico e la relatività" ne è già una bandiera. Einstein parlerà di questo libro come di un’opera di sbalorditiva maturità. IL "MILITE IGNOTO" La fisica mondiale ha una specie di milite ignoto. Si chiama Pauli (1900-1958). Non sappiamo se come scienziato abbia avuto tutto quello che meritava. Crediamo di no perché è uno dei più grandi (Nobel 1945), e non ci sembra che come tale sia stato universalmente riconosciuto. Ma l’uomo non ha certo avuto quello che gli era dovuto, nato com’era per sbaglio in un tempo e un ambiente privo di nicchie per alloggiarvi un personaggio di sì massiccia potenza e scarsa umiltà. Nei primi anni Venti chi si occupa di fisica quantistica ha ancora poche soddisfazioni. Al momento essa è una specie di Peyton Place, per giunta senza il sesso. Atomi, nuclei, elettroni, protoni, orbite: le questioni sono talmente complicate da costituire un rompicapo anche per uno come Pauli, di solito perentorio e sicuro di sé, autoritario, a volte arrogante. Il giovane studioso, che nel frattempo si è laureato con lode a Monaco ed è diventato primo assistente di Max Born a Gottinga, attraversa uno dei periodi più tormentati della vita. Molto indicativa è una lettera al collega Ralph Kronig nella quale confessa la sua frustrazione per le difficoltà scientifiche in cui si trova e dice che per lui sarebbe stato meglio intraprendere la carriera di attore comico piuttosto che quella del ricercatore. Perfino nello stravagante mondo dei fisici, le persone sulla cui serietà si possa fare maggiore affidamento bisogna dunque cercarle fra quelle che fanno professione di umorismo. LE CRISI INTERIORI La crisi interiore di Wolfgang non dura a lungo. Nel settembre del 1923 è nominato "Privatdo zent" di fisicamatematica all’Uni versità di Amburgo e cinque anni dopo è chiamato a Zurigo come professore di fisica teorica al Politecnico. la cattedra di Einstein. Il lungo cammino verso la formulazione del suo Principio di esclusione, fondamento della fisica quantistica, si è appena concluso (1925). «Tutti gli elettroni di uno stesso atomo si differenziano almeno per il valore di una proprietà fisica»: basilare scoperta che consentirà di venire a capo del progressivo "riempimento" con elementi artificiali della Tavola periodica di Mendeleev; lo strumento, al quale nessuno aveva pensato, per risolvere il problema del comportamento statistico delle molecole di un gas. Passano due anni e per Pauli inizia un altro periodo difficile. La madre, tormentata dall’infedeltà del marito, si uccide col veleno. Wolfgang ne è scioccato. Comincia a frequentare bar e taverne e si lascia addirittura coinvolgere in risse tra ubriachi. In casa di un amico incontra una giovanissima attrice di teatro che è anche soubrette della Compagnia di rivista Trudi Schoop, conosciuta in tutta Europa e anche in America. La ragazza ha vent’anni, i capelli rossofiamma, si chiama Käthe Schoop. Il 23 dicembre 1929 i due si sposano a Berlino. Il matrimonio si rivela un fiasco. La giovane donna presto abbandona il marito per il suo ex amante, Paul Goldfinger, un chimico svizzero. Wolfgang non riesce a superare il trauma. «Se Trudi mi avesse tradito con un torero avrei potuto battermi con lui; ma contro un mediocre chimico cosa potrei mai fare?». Lo scienziato accusa il colpo, cade in depressione, beve sempre di più, litiga con i colleghi al punto che rischia di perdere la cattedra universitaria. Vive come un uccello notturno. Passa le serate nei bordelli e, nel cuore della notte, si mette a fare calcoli e a immaginare, o sognare, la vita quotidiana di un elettrone che gira attorno al nucleo. Con posizioni e velocità sempre diverse, come sostiene nel Principio d’indeter minazione il grande amico Heisenberg, oppure con traiettorie e velocità ben definite? Il dubbio diventa una specie di ossessione. Le cose vanno così male che il padre lo invita a frequentare Carl Gustav Jung. Il celebre psicanalista è subito affascinato dal possente ingegno di Wolfgang e ancor più dal suo stupefacente modo di raccontare i propri sogni. LA CABALA Di Pauli infatti ce ne sono due: uno è il rigoroso e sistematico fisico che sembra credere solo alle verità matematiche che la ragione è capace di confrontare col microcosmo. L’altro è un Pauli onirico, misterioso, che mostra interesse per alcune forme di esoterismo e in particolare per la "gematria" (attribuisce un profetico valore numerico a ogni lettera dell’alfa beto ebraico) specie da quando ha appreso che il corrispondente del termine cabala è il 137 (morirà a 58 anni proprio nella stanza numero 137 dell’ospedale della Croce Rossa di Zurigo). Un Pauli che fantastica di realizzare il vecchio obiettivo dell’alchimista: cogliere unitariamente la sfera del fisico e dello psichico. «Sono convinto - scrive nei Diari - che la realtà di cui sarà oggetto la scienza futura non sarà né psichica né fisica, ma con le due caratteristiche insieme pur non essendo né l’una né l’altra». La crisi di Wolfgang riprende, fino al secondo matrimonio con Francisca Bertram (1934). La produzione scientifica però non ne risente. Semmai il contrario. Il suo interesse si concentra sulle particelle elementari e in particolare sul problema relativo a uno dei tre tipi di radioattività, quella "beta" (da cui il Nobel a Fermi). Pauli formula un’ipotesi azzardata e geniale: il nucleo bombardato o surriscaldato non si disintegra in due corpi, un altro nucleo e un elettrone, ma in tre; nello stesso tempo viene emessa una terza particella che porta con sé l’energia mancante. La battezza neutrino, particella (massa zero o tendente allo zero) sfuggente ma affascinante anche per i fisici d’oggi, messaggera del cosmo, testimone privilegiata dei primi istanti dell’Univer so. La sua esistenza, quasi impercettibile, sarà confermata sperimentalmente solo molti anni dopo da due fisici americani, Reines e Cowan, che riescono a catturarne alcune grazie al primo reattore nucleare Usa (1956, Savannah River, Carolina del Sud). Reines e Cowan inviano un telegramma a Pauli con la notizia. Il teorico del neutrino risponde: «Grazie per il messaggio. Tutto avviene al momento opportuno per chi sa aspettare». Per questa scoperta, cardine dell’era atomica, l’autore avrà il premio Nobel. Con l’annessione dell’Austria alla Germania hitleriana (Anschluss, 1938), Pauli si ritrova cittadino tedesco. Benché abbia origini ebraiche non ha súbito la percezione del pericolo, tuttavia, il 31 luglio 1940, lascia l’Europa per gli Stati Uniti dove raggiunge Einstein a Princeton, nell’Istituto superiore di studi avanzati. Neanche in America lo scienziato cambia abitudini. Continua a bere, si ubriaca, fa le ore piccole, si sveglia tardi, raramente tiene lezione al mattino. Mentre è all’Uni versità del Michigan per una serie di conferenze, dopo una nottata di bagordi cade dalla barca dove è ospite e si rompe il braccio destro all’altezza della spalla. Proprio lui, che per anni in Europa era riuscito a mantenere l’impegno di non alzare mai il braccio nel saluto nazista, si vede così costretto a parlare in pubblico con l’arto ingessato teso in una specie di prolungato omaggio al Führer. Sarcasmi della stampa e foto ammiccanti a questo punto si sprecano e per diversi mesi Wolfgang, che è piuttosto permaloso e irascibile, passa da un travaso di bile all’altro. LA SCIENZA NEUTRA «La fisica è una cosa troppo seria per lasciarla ai pazzi fisici» scrisse Max Born, il padre-nobile della meccanica quantistica, in una lettera all’allievo e amico David Hilbert. In apparenza essi non sono diversi da qualunque altro essere umano alle prese con dilemmi culturali e morali. Ma c’è un problema che complica le cose: sostengono che la scienza pura è eticamente neutra; a livello atomi nuclei orbite neutrini e neutroni non ci sarebbe né morale né politica. La tesi è ammissibile, non vera. Quando infatti alcuni di loro, da Pauli a Fermi, da Einstein a Heisenberg, sono penetrati per la prima volta in un mondo da sempre gelosamente nascosto che gli ha rivelato il segreto di una nuova potenza e dato un dominio incomparabile sulle forze naturali (l’energia nucleare) gli scienziati sono diventati anche socialmente imprescindibili. La microfisica ha portato sul podio il suo osservatore, piccolo padrone della creazione che ha acquistato la facoltà di scegliere e di decidere. Se oggi Pauli è ancora vivo nel profetico universo dei neutrini che attraversano misteriosamente il rozzo e grossolano mondo della materia, senza mai fermarsi, incuranti di essa, come se non esistesse, forse è solo perché continuano a ripeterci quella lezione di umiltà (il nostro limite, la nostra esiguità) senza cui l’umanità non potrebbe sopravvivere. GIANCARLO MELONI