Libero Mercato 3 giugno 2008, Fausta Chiesa, 3 giugno 2008
Happy birthday subprime. Libero Mercato 3 giugno 2008 La notte tra l’8 e il 9 agosto si registrano forti turbolenze sui mercati finanziari asiatici
Happy birthday subprime. Libero Mercato 3 giugno 2008 La notte tra l’8 e il 9 agosto si registrano forti turbolenze sui mercati finanziari asiatici. La mattina, anche le borse europee aprono in deciso calo. A diffondere il terrore è stato l’annuncio del congelamento temporaneo di tre fondi del valore complessivo di 2,2 miliardi di dollari da parte di Bnp Paribas, che cita problemi di illiquidità. Lo spettro, che aleggia sui mercati ormai da due mesi, diventa realtà: sono i subprime. Vista la situazione dei mercati, Francesco Papadia, direttore generale della Banca centrale europea e responsabile delle operazioni di finanziamento, prende la decisione che porterà alla più grande iniezione di liquidità mai realizzata dalla Bce: sul mercato piovono d’un colpo 94 miliardi di euro, che evitano il peggio. Ma quel giorno segna un’epoca. Se fino ad allora pochi sapevano che cosa fossero i subprime, dal 9 agosto tutti sanno che si tratta di mutui ipotecari ad alto rischio. In reltà la crisi dei subprime scoppia prima. Il primo grande campanello d’allarme suona a giugno, con Bear Stearns che annuncia la difficoltà di due suoi hedge fund. In quel mese, la notizia rimbalza soltanto tra gli addetti ai lavori e i mercati non reagiscono violentemente come in agosto. Il bubbone vero e proprio esplode in agosto. Ma che cosa lo aveva causato? Era successo che dopo il 2001 con i tassi di interesse molto bassi e le banche che concedevano mutui al 100% del valore dell’immobile anche a chi non garantiva un reddito sicuro, gli americani erano stati invogliati a comprare casa. Poi diverse banche americane avevano comprato decine di migliaia di crediti ipotecari da piccole banche locali, li avevano raggruppati in nuove emissioni che avevano poi rivenduto ad altre banche, fondi pensione e fondi comuni. Con lo scoppio della bolla immobiliare e il rialzo dei tassi di interesse, che dal 2003 al 2006 è passato dal 2 al 5,25%, si mettein moto un’ondata di insolvenze che si ripercuote su chi aveva acquistato titoli che contenevano prodotti derivanti dalla cartolarizzazione dei subprime. "Più alto è il rischio e più alto è il rendimento. la finanza, bellezza", si potrebbe obiettare. Se non volevi rischiare non dovevi comprare. Ma c’è un particolare che sballa le regole del gioco. Spesso chi comprava era ignaro del pericolo a cui si esponeva perché i subprime finivano in pacchetti che circolavano con l’etichetta "AAA", la tripla A di massima affidabilità assegnata dalle agenzie di rating. Non a caso a finire nel mirino è stata recentemente Moody’s, una delle più grandi agenzie di rating del mondo, accusata di essere al corrente da tempo di errori nel giudizio assegnato ad alcuni prodotti finanziari che hanno contribuito a diffondere la malattia. Perché i subprime nel frattempo diventano la peste dei mercati. Un male che fa danni soprattutto allo stesso sistema bancario che l’ha creato e diffuso. Negli ultimi dieci mesi le prime cento banche del mondo hanno annunciato svalutazioni e perdite per 344 miliardi di dollari e tagliato 65.000 posti di lavoro (secondo dati compilati dall’agenzia stampa finanziaria Bloomberg). Crollo delle borse, svalutazioni, perdita di occupazione. Ora che siamo arrivati all’anno uno dei subprime, la domanda che tutti si fanno è: la crisi è finita? Sempre secondo Bloomberg no, perché banche e altri intermediari finaziari stanno nascondendo nei loro conti almeno 35 miliardi di dollari di svalutazioni extra. Secondo alcuni ci sono ancora miliardi di dollari di immondizia da smaltire. E infatti il 27 maggio l’ad di HSBC, Michael Geoghegan, ha ammesso che la sua banca potrebbe registrare ulteriori perdite nel settore mutui negli Usa. Il giorno prima era stata UBS, la banca europea più colpita dalla crisi dei mutui facili Usa, a dichiarare possibili perdite legate ai subprime. Sulle banche pende un’altra spada di Damocle. La sentenza di fine 2007 della Corte dell’Ohio che ha respinto la richiesta della filiale americana della Deutsche Bank in merito al pignoramento della casa di 14 proprietari insolventi. Secondo il giudice, la banca non ha esibito i documenti che provavano il diritto legale sulle case. Di fatto, la DB non ha "potuto" farlo. La complessa architettura dei titoli garantiti e la proprietà largamente frazionata dei titoli ipotecari non permette di sapere chi possiede l’ipoteca. Avanti il prossimo. Fausta Chiesa