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 2008  giugno 06 Venerdì calendario

Il motore verde. la Repubblica, venerdì 6 giugno Non guideremo grazie a volgari pannocchie. E neanche con sofisticate bombole di idrogeno

Il motore verde. la Repubblica, venerdì 6 giugno Non guideremo grazie a volgari pannocchie. E neanche con sofisticate bombole di idrogeno. Se, al momento di svuotare il portafoglio per fare il pieno, vi capita di chiedervi come potrà essere l´auto del futuro, ricordatevi che l´avete già vista. Al cinema, naturalmente. la De Lorean DMC-12 di Doc Brown, lo scienziato che scarrozza il giovane Marty su e giù per il tempo, nella saga di "Ritorno al futuro". Funziona, in buona sostanza, a spazzatura. Probabilmente, i rifiuti non basteranno e, allora, infilerete una spina nella stessa presa dell´asciugacapelli. Insomma, il carburante ce l´avrete in casa. Senza escludere la necessità di aggiungere nel serbatoio qualche bottiglia di benzina per i viaggi più lunghi: usato con parsimonia, il petrolio che rimane sotto terra può durare ancora a lungo. Ma il futuro è, soprattutto, spazzatura e/o elettricità. Allora tutto il chiasso sull´etanolo o sull´idrogeno è solo la celebrazione di due buchi nell´acqua? Non del tutto: anche etanolo e idrogeno rientrano nel mix dell´auto del futuro, anche se non nel modo in cui tutti ne abbiamo parlato finora. Le auto non hanno mai funzionato solo a benzina. I primi motori erano ad alcool. Ancora negli anni ”30, in una Mille Miglia, l´Alfa Romeo di Mussolini (guidata dal suo autista) si classificò ottava. Magari, qualcuno si sarà fatto sorpassare volentieri dall´auto del duce. Ma ciò che conta era che l´Alfa camminava ad alcool (da barbabietole). C´è un profumo di autarchia, ma anche l´indicazione di un´alternativa ancora presente. Sarà la scoperta del petrolio saudita - vicino alla costa, costo di estrazione 2 dollari a barile - a sancire la vittoria indiscutibile della benzina. Definitiva, perché un litro di benzina è uno straordinario concentrato di energia, rimasto, finora, senza rivali: un barile di etanolo da pannocchie di granturco contiene neanche due terzi dell´energia che può generare un barile di petrolio. Un barile di metano, meno di tre quarti. Fino a ieri, questo era sufficiente a mettere fuori mercato i biocarburanti. Un anno fa, uno studio del Fondo monetario internazionale calcolava che, a parità di energia contenuta, sia il bioetanolo (ricavato dagli zuccheri), sia il biodiesel (ricavato dagli oli) fossero sistematicamente più costosi dei loro corrispettivi, benzina e gasolio, a meno di non pensare a costosi sussidi. Con la sola eccezione dell´etanolo ricavato dalla canna da zucchero che, infatti, la fa da padrone sulle strade brasiliane: ma non si può pensare di coltivare tanta canna da zucchero, che basti per tutti. Nell´ultimo anno, però, il prezzo del petrolio è raddoppiato, mentre i prezzi del granturco facevano su e giù, impazziti, facendo saltare tutti questi conti. Insomma, è il momento dell´etanolo, o no? Purtroppo no. Prezzi a parte, semplicemente, non c´è abbastanza terra coltivabile nel mondo per produrne abbastanza dal granturco e dalla soia. Anzi, anche quel poco prodotto finora è stato sufficiente, se non a generare, a moltiplicare la crisi alimentare a cui assistiamo in queste settimane. Le lobby agricole si stanno sforzando di indicare che le quantità di granturco destinato all´etanolo non sono sufficienti a spiegare il boom dei prezzi agricoli di questi mesi. Tuttavia, anche qui, come in finanza, vale un effetto leva. I 50 milioni di tonnellate di granturco destinate, l´anno scorso, alla produzione di etanolo, equivalgono all´ammontare totale del commercio internazionale di mais. Detto in altro modo, se gli americani, che esportano, abitualmente, il 60 per cento del granturco commerciato nel mondo, destinano il 30 per cento della loro produzione, invece, all´etanolo, il prodotto scarseggia, i prezzi salgono, sempre più contadini scelgono di produrre granturco, anziché frumento. Strada chiusa, allora, per l´etanolo? Neanche. A condizione, dicono gli esperti, a cominciare da quelli del Fmi, che si tratti di etanolo di seconda generazione. In breve, quello prodotto con lo spazzatura. O, più esattamente, facendo fermentare, grazie ad enzimi, gli scarti vegetali: i fusti delle piante, l´erba tagliata nel prato, le foglie d´insalata avanzate. Questo etanolo-2 ha una proprietà straordinaria: batte la benzina. Prendete un litro di etanolo-2, togliete l´energia necessaria per produrlo e distribuirlo. Conterrà ancora otto volte l´energia di un litro di benzina. E, infatti, anche giganti della chimica come la DuPont hanno fiutato l´affare ed investito pesantemente nella ricerca. Il problema è, ancora, il costo: un anno fa, produrre un litro di etanolo-2 costava il doppio di un litro di benzina. Oggi, forse, siamo allo stesso livello. Ma lo stesso livello di un prezzo record del greggio non sembra ancora agli industriali una garanzia sufficiente per sfidare la possibilità - remota, ma presente - di un crollo improvviso del prezzo del petrolio e difficilmente l´etanolo-2 decollerà, fino a che la tecnologia non avrà assicurato una cospicua riduzione dei costi. L´etanolo, comunque, ha già subito un vantaggio rispetto all´alternativa alla benzina, di cui più si è parlato: la macchina ad idrogeno. L´etanolo, infatti, potrebbe essere distribuito nelle stesse pompe e con le stesse autocisterne, che oggi si usano per la benzina o il gasolio. Un economia dell´idrogeno richiederebbe una rete di gasdotti e una struttura di distribuzione capillare, completamente nuovi. L´Aie, l´agenzia per l´energia dell´Ocse, l´organizzazione che raccogli i paesi più ricchi, calcola che solo la rete di gasdotti costerebbe 2.500 miliardi di dollari. «Ma chi - si chiede uno studioso americano, Joseph Romm - spenderà questi soldi per distribuire idrogeno, fino a quando non ci saranno sulle strade milioni di veicoli ad idrogeno? E chi costruirà e venderà questi veicoli, e chi li comprerà, fino a quando non ci sarà l´infrastruttura per alimentarli?» Ma questo circolo vizioso, in fondo, non è il vero tallone d´Achille dell´idrogeno. «Il problema dell´idrogeno - giura Ulf Bossel - è che è inefficiente». Bossel è l´animatore di quel Forum europeo sulle celle a combustibile (quelle che dovrebbero mettere l´idrogeno nel vostro serbatoio) che, un anno fa, ha drammaticamente annunciato che non intende più discutere di auto a idrogeno. «L´economia dell´idrogeno - dice - è un gigantesco spreco di energia»: produrre idrogeno, infatti, richiede elettricità, ma quello che esce dalla cella a combustibile è solo il 25 per cento dell´elettricità usata per generare l´idrogeno. Però, mentre si aspetta l´etanolo-2 e il miraggio dell´idrogeno sbiadisce, un´alternativa, sia pur parziale, c´è già e cammina sulle strade. E´ l´auto ibrida, benzina-elettricità, lanciata con grande successo dai giapponesi. Il motore a benzina carica la batteria che aiuta, o si sostituisce, nella trazione. Il problema è che l´ibrida consuma un terzo in meno di un gippone e la metà di un diesel. Ma è ancora troppo petrolio. Perché, allora, non fare il salto completo e arrivare all´auto elettrica, o, meglio, all´ibrida in cui la batteria si carica direttamente a casa? l´idea di Bossel: «L´80 per cento della guida è per percorsi di meno di 50 chilometri» quelli dei pendolari. «Con 100 kilowattore, una macchina elettrica fa 120 chilometri, una ad idrogeno, 40». La batteria si potrebbe ricaricare a casa, sotto all´ufficio, in un normale parcheggio. La bolletta, poi, arriverebbe a casa. Per i viaggi più lunghi, benzina o etanolo-2. Tutto facile, tutto risolto, allora? Non illudetevi, niente è facile nel mondo della crisi dell´energia. Quell´elettricità bisogna produrla. Con il gas, con il carbone, con il nucleare, con l´idrogeno, con il vento o con il sole? E questo è un altro capitolo, anch´esso da risolvere. Maurizio Ricci