Javier Cercas, La Stampa 6/6/2008, 6 giugno 2008
Toccando ferro non sono superstizioso La Stampa, venerdì 6 giugno Non sono superstizioso. Nessuna persona intelligente è superstiziosa
Toccando ferro non sono superstizioso La Stampa, venerdì 6 giugno Non sono superstizioso. Nessuna persona intelligente è superstiziosa. Visto che, oltre a essere molto intelligente, io sono dotato d’una forte personalità, d’una grande cultura, e d’una enorme potenza sessuale (anche se faccio di tutto per nasconderlo), non sono superstizioso. Sono troppi gli uomini coraggiosi che hanno lottato eroicamente con le armi della ragione contro le tenebre dell’oscurantismo, perché arrivi io e in fretta e furia, per puro capriccio, mi dimentichi della loro improba e titanica impresa diventando superstizioso. Non se ne parla nemmeno: sarebbe crudele, sarebbe indegno, sarebbe un atto d’immensa vigliaccheria. Oltre tutto, ho letto Voltaire che nel suo Dizionario filosofico dice che la superstizione dà fuoco al mondo (mentre la filosofia lo spegne), e Edmund Burke che, nelle sue Riflessioni sulla rivoluzione francese, assicura che la superstizione è la religione delle menti deboli, mentre ho smesso per sempre di consultare Goethe perché ho letto nelle sue Massime e riflessioni che la religione è la poesia della vita. La poesia della vita. Santo Dio: gli mancava solo di scrivere, in un impeto di modestia, che non era onnisciente, ma solo ben informato; gli mancava solo di dire, alla morte del figlio, che sapeva d’aver messo al mondo un essere mortale; gli mancava solo di gridare a voce piena, prima di morire, perché i posteri capissero, «Luce, più luce». Come sapete, le due ultime cose le ha dette davvero, Goethe; quanto alla prima, non l’ha scritta, ma l’ha pensata e l’ha fatta dire a Mefistofele, suo vero alter ego, nel Faust. Francamente, a volte penso che a Goethe mancasse una rotella. Ma torniamo a bomba: non sono superstizioso. Questo non vuol dire, ovviamente, che non prenda le mie precauzioni; sono coraggioso, ma non incosciente. E, così, ogni mattina, prima di mettermi a scrivere, mi faccio quattro volte il segno di croce e recito cinque avemarie, sei padrenostri, sette credo e otto atti di dolore. un metodo infallibile. Sempre che, subito dopo, mi metta a imitare per cinque minuti precisi Jack La Motta. Tutti ricorderete l’inizio (credo che sia l’inizio) di Toro scatenato, quando Robert De Niro (vale a dire Jack La Motta), un pugile vecchio, grasso e finito, con un vestito fantasia, un enorme sigaro in bocca, spara diretti all’aria davanti a uno specchio e ripete incessantemente un’unica frase, prima di salire sul palcoscenico del lurido locale in cui si guadagna luridamente da vivere: «Sono il migliore, sono il migliore, sono il migliore...». Si tratta d’un esercizio lungo e complesso, ma quando arriva il momento di scrivere sono talmente sfinito che le frasi vengono fuori da sole. Prendo anche altre precauzioni. Ma, una volta tanto, non voglio annoiarvi con le mie faccende: meglio che vi racconti una storia. La protagonista della storia è la mia amica Anna C., una donna bella, intelligente e separata che, la scorsa estate, è stata invitata da un’azienda coreana a presentarsi per un incontro in vista d’un lavoro molto buono. La mia amica non ha avuto neanche un tentennamento: i concorrenti per quel posto erano molti, ma lei ha superato tutti i test ed è arrivata alla fine come unica candidata. La cosa era fatta: mancava solo il colloquio di rito con il capo coreano della ditta, a Madrid. Il giorno del colloquio all’aeroporto ha trovato le sorelle che volevano farle una sorpresa e accompagnarla nel suo viaggio trionfale; e dirle che era la migliore, la migliore, la migliore...; sull’aereo, una hostess le ha dato una copia della Vanguardia e la mia amica, che non legge mai l’oroscopo, quel giorno l’ha letto: «Possibili tensioni con persone vicine, magari con sorelle o una zia. Non è un giorno favorevole per gli accordi: evitare colloqui importanti». Voi non crederete a quello che vi sto raccontando, ma io dico sempre la verità: andate a vedere la Vanguardia del 7 agosto 2007. La mia amica s’è fatta una risata che hanno sentito in tutto l’aereo; anche le sue sorelle hanno riso parecchio; il colloquio con il coreano si è rivelato un successo: c’è stata subito piena sintonia, hanno parlato più a lungo del previsto, si sono trovati d’accordo su tutto. Una settimana dopo la mia amica ha saputo che non le avevano dato il posto. Dalla scorsa estate leggo tutti gli oroscopi dei quotidiani e delle riviste per essere ben informato e comportarmi di conseguenza; a volte, è vero, la faccenda si complica un po’, soprattutto quando un oroscopo dice una cosa e l’altro l’esatto contrario, cosa che succede quasi ogni giorno e determina terribili cortocircuiti che, a loro volta, suscitano una terribile voglia di bersi un litro d’olio di ricino per eliminare l’ingorgo. Ma, visto che ho una personalità molto forte, non indietreggio e vado avanti per la mia strada affrontando la superstizione con il coraggio della ragione, senza evitare, comunque, di prendere ogni volta più precauzioni perché, ogni volta, sono meno avventato. E, quanto a voi, datemi retta e seguite il mio esempio, se potete; lo so che non è facile, ma nessuno, quale che sia la sua potenza sessuale, ha detto che sia facile vivere da uomini, e quando le forze vi verranno meno e sarete tentati di vivere come schiavi, pensate a Voltaire e a Burke e a tutti gli uomini coraggiosi che li hanno preceduti, e non siate deboli: pregate, imitate Jack La Motta, leggete l’oroscopo, fate ciò che volete, ma non siate deboli. E, soprattutto, non mancate neppure una volta di leggere un mio articolo. Porta male. Javier Cercas