Il Sole 24 Ore 5 giugno 2008, Paolo Madron, 5 giugno 2008
Colaninno pone tre condizioni. Il Sole 24 Ore 5 giugno 2008 Con 200 milioni di euro messi per ora metaforicamente sul tavolo, Roberto Colaninno è di gran lunga l’industriale più generoso della cordata di volonterosi che dovrebbe assicurare un futuro italiano alla compagnia di bandiera
Colaninno pone tre condizioni. Il Sole 24 Ore 5 giugno 2008 Con 200 milioni di euro messi per ora metaforicamente sul tavolo, Roberto Colaninno è di gran lunga l’industriale più generoso della cordata di volonterosi che dovrebbe assicurare un futuro italiano alla compagnia di bandiera. Il condizionale è d’uopo per almeno due ragioni: perché i contorni della suddetta cordata appaiono e scompaiono come un fiume carsico senza mai prendere una forma definitiva, perché molti dei suoi partecipanti vorrebbero qualche straccio di garanzia prima di mettere mano al portafoglio. Colaninno, a buon diritto visto la sua disponibilità, è tra questi. Per esempio, per lui è fondamentale che la newco forte di un capitale di 1,5 miliardi cui toccherà di rilevare Alitalia conti tra le sue fila uno che di mestiere fa volare gli aerei. Per il patron della Piaggio il candidato ideale ha un solo nome, e si chiama Lufthansa. I primi approcci però non sono stati incoraggianti: nonostante l’autorevole intermediazione di Antonio Puri Purini, l’ambasciatore italiano a Berlino, i tedeschi sono assai riluttanti a farsi coinvolgere. Il loro non è però un no secco. «Non siamo pronti» dicono sibillinamente, lasciando così socchiusa la porta della speranza. Oltre a questa, l’ex alfiere della razza padana ha messo altre due condizioni: essere lui a comandare, e conoscendolo la cosa non sorprende affatto, visto che da sempre ritiene la sua propensione ad aggiustare giocattoli rotti imprescindibile dal suo pieno e diretto coinvolgimento. Inoltre che lo Stato, ovvero il venditore, non sia esoso e crei un contesto favorevole all’operazione, cosa su cui il futuro acquirente, chiunque esso sia, può già contare. Lo Stato infatti non vede l’ora di liberarsi di una matassa che, tra biasimo delle altre compagnie, soldi quotidianamente bruciati e incontrollato fiorire di ipotesi e presunti cavalli di ritorno, come quello di Air France, si sta vieppiù aggrovigliando. Curiosamente, dei suoi progetti Colaninno non ha informato Bruno Ermolli, il consulente cui Silvio Berlusconi in piena campagna elettorale ha passato il cerino Alitalia, né Giulio Tremonti, il ministro competente. Come interlocutore ha scelto invece Gianni Letta, ed il motivo è presto detto. Dal più stretto e stimato collaboratore del Cavaliere voleva ottenere, prima di muoversi, un preventivo viatico. Fuor di metafora, voleva verificare se l’atteggiamento piuttosto ostile tenuto in passato da Berlusconi nei suoi confronti persisteva, oppure se la svolta buonista del neo inquilino di Palazzo Chigi aveva portato anche una moratoria verso coloro che un tempo egli considerava dei nemici. In particolare, il grande freddo tra i due risale alla scalata di Telecom, e soprattutto al successivo tentativo di creare con La 7 un polo televisivo alternativo (almeno nelle ambizioni) a Mediaset che, pur abortito sul nascere, portò a una improvvisa impennata dei prezzi sul fronte dei contratti ai teledivi che a Cologno monzese non gradirono. Fu allora che Colaninno bollò la levata di scudi del centro destra come un incomprensibile starnazzare di oche esagitate. Da allora però molta acqua è passata sotto i ponti: venduta la Telecom, l’imprenditore mantovano ha guadagnato punti agli occhi del suo avversario salvando la Piaggio, ovvero uno dei marchi di quel made in Italy a lui tanto caro. Non solo, il leader del Pdl non aveva mancato di apprezzare anche la coraggiosa disponibilità a prendersi la Fiat nel momento buio in cui nessuno avrebbe scommesso un euro sulla sua rinascita. Infine, le oche di cui sopra sono arrivate in Campidoglio suggellando trionfalmente il cambio di vento della politica. Sta di fatto che Berlusconi, non si sa se perché sinceramente ricredutosi o perché chiunque si proponga per risolvere la vicenda Alitalia è un benemerito a prescindere, ha comunicato a Letta il suo via libera. Incassatolo, Colaninno è partito per le sue fabbriche d’oriente non avendo dimenticato che, se gli aerei tricolori rischiano di non volare, anche le motociclette non se la stanno passando benissimo. Lasciando così gli addetti a astrologare sulla reale consistenza della sua disponibilità, nonché su una serie di domande inevase. Per esempio: come convivranno le sue ambizioni su Alitalia con quelle di Carlo Toto, che sin dall’inizio della tribolata vicenda vuole fare della sua Air One il cardine della privatizzazione? Si sa che sinora i due non si sono mai incontrati, né sentiti per telefono. Si sa anche però che nessuno è disposto a diarchie. Ma la domanda vera è un’altra: che ruolo avrà IntesaSanpaolo nel caso la proposta Colaninno vada avanti? Anche qui, non ci sono stati ancora contatti con Corrado Passera e Gaetano Miccichè, ovvero il suo braccio operativo sul dossier Alitalia. Il ruolo di advisor del governo, di cui con sottile perfidia Tremonti ha investito l’istituto, rischia però di tenere fuori dalla partita la banca che maggiormente ha aiutato l’industriale mantovano a comprarsi la Piaggio, e che ha sostenuto con una determinazione che qualcuno avrebbe voluto per cause migliori la primigenia offerta di Air One. Paolo Madron