Fabrizio Bocca, "la Repubblica" 6/6/2008;, 6 giugno 2008
«Il tatuaggio è un messaggio, ovvio il nome dei familiari esprime un forte legame. Indelebile, indistruttibile e sulla carne
«Il tatuaggio è un messaggio, ovvio il nome dei familiari esprime un forte legame. Indelebile, indistruttibile e sulla carne. E quindi è anche un messaggio fortissimo. Ma un tempo lo facevano nobili e carcerati: solo gli ergastolani potevano esibire determinati segni, erano come dei gradi. Oppure gli indios che giravano nudi proprio per esprimere la tribù d’appartenenza. Farsi quindi un ”tribale” vuol dire sentirsi un guerriero. Io temo però che calciatori e in genere la maggior parte di quelli che ne hanno lo facciano unicamente per un fatto di moda, estetico. Comunque finché va così va bene: ho sentito di gente negli Usa che si è fatta marchiare a fuoco e di altri che hanno fatto addirittura scarnificazioni». (Bruno De Michelis, psicologo del Milan)