Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  giugno 05 Giovedì calendario

Trent’anni fa il via alla legge 194, per difenderla oggi un’altra bugia. Avvenire, giovedì 5 giugno La menzogna, consapevole o inconsapevo­le che sia, è compagna abituale delle ag­gressioni contro la vita umana

Trent’anni fa il via alla legge 194, per difenderla oggi un’altra bugia. Avvenire, giovedì 5 giugno La menzogna, consapevole o inconsapevo­le che sia, è compagna abituale delle ag­gressioni contro la vita umana. Sarebbe fa­cile dimostrarlo rievocando, ancora una volta, le falsità che furono fatte credere per ottenere pri­ma l’approvazione e poi la difesa della Legge 194/1978. Non lo farò. Ormai non serve più. Ma c’è una menzogna attuale che – ripetuta sempre più insistentemente da voci autorevoli – finisce per divenire un «luogo comune» acriticamente accettato anche da molti che nei confronti della Legge 194 restano critici. Bisogna, dunque, non stancarsi di smascherarla. Il «luogo comune» è che la legge ha funzionato perché avrebbe dimi­nuito il numero degli aborti. Così ha dichiarato l’ex ministro della salute, Livia Turco, nella sua re­lazione al Parlamento presentata agli sgoccioli del suo mandato. Come negarlo se gli aborti le­gali erano stati 234.593 nel 1982 e sono divenuti 133.280 nel 2007? Di per sé l’argomento non assicura la giustizia della legge. Anche la decima­zione mediante fucilazione di alcuni reparti italiani in fuga dopo Caporetto determinò la resistenza sul Piave. Anche la pena di morte può avere un ef­fetto di contenimento della de­linquenza. Anche la bomba a­tomica di Hiroschima e Naga­saki, abbreviando il conflitto con il Giappone, può aver ri­dotto il numero complessivo delle vittime che sarebbero sta­te causate da una guerra pro­seguita a lungo con l’uso delle armi tradizionali. Ma non userò questo argo­mento. Neppure insisterò sull’incidenza dell’a­borto clandestino certamente incentivato dal­l’uso delle varie pillole ad effetto abortivo. Mi li­mito a domandare: quale sarebbe il meccanismo mediante il quale la legge avrebbe ridotto il nu­mero degli aborti? La risposta è ufficiale. for­mulata dalla stessa ministro Turco e del resto è ripetuta continuamente dai media che difendo­no la legge: la diffusione della contraccezione ha ridotto l’abortività. Orbene, se applichiamo un minimo di intelli­genza, proprio questa tesi dimostra che la legge non ha risolto un bel nulla. Ignoriamo la valuta­zione etica sulla contraccezione. Dimentichia­mo l’inganno che chiama contraccezione anche ciò che è, o può essere, abortivo. Non ragionia­mo sulla distinzione necessaria tra procreazione responsabile e contraccezione. Con tutte le ri­serve del caso, proviamo ad ammettere che «la contraccezione ha ridotto l’abortività». Che c’en­tra la legge 194? Forse la contraccezione non po­teva essere propagandata senza la legge 194? For­se essa non è diffusa anche nei Paesi dove l’a­borto resta vietato o è meno diffusa in quei Pae­si che si sono dati leggi meno permissive di quel­la italiana? Anzi: è immaginabile che la prospet­tiva di un aborto possibile, lecito, finanziato dal­lo Stato, accettato dalla coscienza collettiva al­lenti il proposito e la vigilanza nel realizzare una «procreazione responsabile» (o, più banalmen­te, nell’utilizzare la contraccezione). «Tanto c’è sempre l’aborto!» può essere l’ultimo pensiero più o meno nascosto. C’è comunque una prova certa che la insicura, ma auspicabile riduzione degli aborti non è cau­sata dalla contraccezione e tanto meno dalla leg­ge. Basta fare un confronto con quanto accadu­to in Paesi simili al nostro per popolazione e le­gislazione o che hanno norme più restrittive del­la nostra. In Francia e in Inghilterra, gli aborti le­gali erano nel 1976 rispettivamente 134.173 e 136.892. Sono divenuti, nel 2005, 220.110 e 207.000. Un progressivo aumento. Eppure non è discutibile che la contraccezione è assai più dif­fusa in Francia e in Inghilterra che non in Italia. Nessuno può sostenere che in Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lombardia, la contraccezione sia meno diffusa che in Sicilia, Ca­labria, Alto Adige, Veneto. Eppu­re l’abortività è più diffusa nel pri­mo gruppo di Regioni che non nel secondo. In Germania, per­centualmente, i coefficienti di a­bortività sono quasi la metà di quelli italiani. La legge conta: in Germania è più restrittiva. In Po­lonia, confrontando le Ivg con il mutamento della normativa, ve­diamo crescere o diminuire le Ivg. Né si può pensare solo all’au­mento dell’aborto clandestino. In Romania, Ceausescu, per ra­gioni del tutto materialistiche e non condivisibi­li, introdusse una legge che vietava l’aborto. Di colpo nel 1967 il numero medio di figli partorito da una donna, che nel 1965 era stato 1,9%, pas­sò nel 1967 al 3,7%. Non si intende minimamente applaudire Ceausescu. Con gli esempi stranieri si vuole soltanto confermare: 1° che l’uso della contraccezione è indipendente dalla legge sul­l’aborto; 2°che una legge più restrittiva riduce gli aborti. E allora perché la riduzione italiana, posto che sia vera? Può essere che la «resistenza» alla legge sia stata in Italia più forte e continua che in altri Pae­si? Può essere che il popolo italiano, per la sua sto­ria, la sua maggior disponibilità all’ascolto delle parole della Chiesa, stia lentamente acquistan­do una maggior consapevolezza e responsabi­lità rispetto al «dramma» dell’aborto? E il lavoro di condivisione (100.000 bambini aiutati a na­scere) e di illuminazione educativa e culturale svolto dal Movimento per la Vita non conta pro­prio nulla? Davvero è tutt’altro che irragionevo­le pensare che in Italia, se diminuzione di abor­tività vi è stata, essa non è stata causata dalla leg­ge, ma, al contrario, dalla resistenza alla legge? La presunta diminuzione del numero degli aborti è stato causato non dalla legge, ma dalla resistenza alla legge CARLO CASINI