Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 5/6/2008, pagina 23., 5 giugno 2008
Inchiesta Telecom Corriere della Sera, giovedì 5 giugno MILANO – Ma che fine ha fatto l’inchiesta Telecom sulle condotte di violazione della privacy e di corruzione di pubblici ufficiali commesse dalla Security di Pirelli e di Telecom negli anni in cui a dirigerle era Giuliano Tavaroli? paralizzata da più di un anno
Inchiesta Telecom Corriere della Sera, giovedì 5 giugno MILANO – Ma che fine ha fatto l’inchiesta Telecom sulle condotte di violazione della privacy e di corruzione di pubblici ufficiali commesse dalla Security di Pirelli e di Telecom negli anni in cui a dirigerle era Giuliano Tavaroli? paralizzata da più di un anno. Pronta per essere conclusa con l’avviso di conclusione delle indagini. Ma ferma ad aspettare che la Corte Costituzionale decida il ricorso sollevato il 30 marzo 2007 dalla magistratura milanese sulla legge di distruzione dei dossier illeciti. Responso senza il quale la Procura resterebbe senza punti di riferimento nello sciogliere l’interrogativo di quando-come-cosa fare delle migliaia di dossier illegali sequestrati nell’indagine. E adesso la Consulta ha finalmente messo in agenda l’esame del ricorso: tra una settimana, l’11 giugno, si terrà la camera di consiglio. Ormai un anno fa, il 30 marzo 2007, il giudice Giuseppe Gennari inviò infatti all’esame della Consulta la questione di incostituzionalità (proposta all’unanimità sia dai pm, sia dagli imputati, sia soprattutto dalle parti lese di un caso-pilota) del decreto legge del 22 settembre 2006: quello che, approvato in fretta e furia da un Parlamento terrorizzato dai primi arresti di Tavaroli e dalla scoperta dell’archivio Zeta del suo investigatore privato Cipriani, impone ai pm di chiedere al gip di avvisare nel mondo tutti i potenziali «spiati» e di distruggere immediatamente in una apposita udienza i dossier illecitamente formati, salvo conservarne a fini processuali solo una vaga indicazione del contenuto sotto forma di un generico verbale riassuntivo. Appena fatta (male) questa legge, i politici bipartisan che l’avevano scritta e votata in Parlamento cominciarono subito a dire che effettivamente occorreva correggerla, ma che sarebbe stata riscritta all’interno di una nuova legge sulle intercettazioni. Così si è innescato un circuito di attese reciproche. I magistrati aspettavano la Consulta, che aspettava che il problema venisse meno grazie al cambio di legge del Parlamento, che per modificare la legge sui dossier illeciti aspettava di cambiare quella sulle intercettazioni, che però non è mai stata approvata. Sull’attesa messianica della Consulta (fissata una prima volta il 2 aprile e poi però rinviata) si era perciò parametrata anche la Procura, rimandando a dopo la decisione della Corte la chiusura dell’indagine iniziata ormai quasi tre anni fa (la prima perquisizione a Tavaroli è del maggio 2005), in attesa appunto di sapere dai giudici costituzionali come trattare i dossier illeciti: se cioè attuare la procedura di distruzione, come imporrebbe l’apposita legge qualora fosse confermata costituzionale, oppure se depositarli agli imputati e ai loro difensori, come invece per loro garanzia imporrebbe il codice di procedura penale a fine inchiesta. Un’attesa non gratis: anche se parte di questo anno è stata comunque utilizzata dai pm per sistemare l’immensa marea di carte in vista del deposito agli avvocati, in Procura ci si pone ormai il problema della prescrizione ormai galoppante, che in prospettiva comincia a minacciare ad esempio molti dei più datati accessi abusivi a banche dati di polizia e gestori telefonici. Di qui l’intenzione ora di chiudere comunque entro l’estate l’inchiesta con il deposito degli atti ai legali. Che inevitabilmente attiverà quel "ventilatore" che i pm in questi tre anni sono riusciti a non far accendere finché questi dossier illeciti rimanevano nelle sole loro mani: carte di controversa lettura, nelle quali è difficile distinguere (e l’inchiesta si è ben guardata dal cercare di farlo) ciò che è vero da ciò che invece è solo accreditato da questa o quella dubbia "fonte", assemblata da altrettanto ambigui e anonimi raccoglitori di notizie. A pm e gip si porrà un altro problema logistico posto dalla pasticciata legge: e cioè come fare a notificare, a tutte le persone potenzialmente "parti lese" da quei dossier illecitamente formati, l’avviso in vista della speciale udienza di distruzione. Adempimenti ingestibili in rapporto al numero delle parti lese dai dossier illeciti sequestrati: oltre 4mila persone e 350 società in Italia e all’estero. Chiusura d’inchiesta e deposito degli atti saranno infine tappa cruciale anche per capire se e quale valutazione giudiziaria i pm riterranno di dare alle condotte delle persone giuridiche Telecom e Pirelli (sinora accreditatesi come parti lese dai Tavaroli-boys), e delle persone fisiche di ex soci o top manager come Tronchetti Provera e Carlo Buora, che allo stato in 3 anni non hanno ricevuto contestazioni formali. Luigi Ferrarella