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 2008  giugno 04 Mercoledì calendario

L’ambientalista scettico Capitolo XXII: La paura degli agenti chimici Nel 1962 Rachel Carson scriveva nel suo libro ”Primavera silenziosa” che l’uso di sostanze chimiche e pesticidi stava condannando gli uccelli e gli insetti a scomparire

L’ambientalista scettico Capitolo XXII: La paura degli agenti chimici Nel 1962 Rachel Carson scriveva nel suo libro ”Primavera silenziosa” che l’uso di sostanze chimiche e pesticidi stava condannando gli uccelli e gli insetti a scomparire. Inoltre avrebbe provocato una grave epidemia di cancro. Il tumore, diceva Carson: «Uccide una persona su quattro». Nel 1950, negli Stati Uniti, le vittime di tutte le forma tumorali sono state circa 211 mila, mentre nel 1998 erano diventate più di 540 mila. Però questi numeri vanno considerati alla luce di alcuni fatti. 1) Nello stesso arco di tempo la popolazione degli Stati Uniti è aumentata in misura enorme (da 151 a 270,5 milioni: un incremento del 79%). Se la popolazione cresce è logico attendersi un maggior numero di decessi per tumore. 2) Il cancro colpisce soprattutto persone in età avanzata. Adesso si vive più a lungo (prima erano tanti i giovani che morivano per esempio per tubercolosi, polmonite e altre malattie infettive) e quando la popolazione invecchia l’aumento del numero di tumori indica che un maggior numero di persone è entrato in un gruppo di età più esposto a questa malattia. 3) C’è in effetti un aumento in un certo tipo di tumore. Quello ai polmoni, che come è noto è causato soprattutto dal fumo. Circa il 70% di tutti i tumori associati al fumo riguardano i polmoni. Se si tengono in considerazione i punti precedenti si vede che l’epidemia di cancro non esiste. Una ulteriore precisazione: alcuni programmi di ricerca hanno messo in luce che l’aumento dei casi di tumore si deve anche alle migliori tecniche diagnostiche. Cioè i tumori si scoprono prima, si scoprono anche le forme benigne, si scoprono quando sono ancora di dimensioni ridotte. Nel 1995 il National Cancer Institute scriveva: «Appare alquanto improbabile che una maggiore esposizione ai vari fattori di rischio legati all’ambiente possa aver avuto un impatto significativo sulle tendenze generali dei tumori, alla luce anche delle conclusioni raggiunte in una recente indagine sull’andamento della mortalità in Inghilterra e nel Galles. stato tuttavia osservato che l’aumento dei tassi riscontrato in alcuni tipi di tumore risulta chiaramente influenzato dai cambiamenti intervenuti nell’esposizione al fumo di tabacco, all’infezione da Hiv e alla luce solare». Nel 1981 gli scienziati Richard Doll e Richard Peto hanno condotto uno studio sugli agenti cancerogeni degli Stati Uniti. Il tabacco risultava essere responsabile di circa il 30% di tutti i decessi per cancro (il fumo da tabacco, inoltre, è la causa di numerose malattie cardiovascolari). Il regime alimentare scorretto è all’origine di circa il 35% alle morti per tumore (troppi grassi, zuccheri, calorie a discapito di frutta e verdura fresche). Il 10% dei casi è legato a infezioni: alcuni virus e batteri possono scatenare il processo tumorale. Circa il 7% è legato all’attività sessuale (per esempio più partner significano più rischi di carcinoma al collo dell’utero). Il sole e le radiazioni da radon influiscono complessivamente nel 3% dei tumori, farmaci e radiografie per l’1%. L’inquinamento di aria, acqua e alimenti è legato al 2% dei decessi per tumore. I risultati di Doll e Peto sono confermati da altri studi. Per esempio nel 1996 il National Research Council americano concludeva una ricerca analoga dicendo: «La grande maggioranza degli agenti chimici di origine naturale o sintetica presenti nella dieta umana sembra essere al di sotto delle soglie a cui è plausibile che si verifichino effetti biologici nocivi. I livelli di tali tracce sono talmente bassi che non sembra probabile che possano rappresentare alcun significativo rischio di cancro». Il professor Bruce Ames dell’università di Berkeley, in California, ha più volte sottolineato il fatto che ci preoccupa quasi esclusivamente dei pesticidi artificiali, benché molte di queste sostanze siano di origine naturale. L’arsenico è stato usato come diserbante ed è un minerale presente in natura; l’aflatossina è il pesticida più cancerogeno che si conosca e si trova in un fungo che infetta le piante; la nicotina è il pesticida usato dalle piante di tabacco per difendersi dai parassiti. Risulta così che il nostro consumo di pesticidi naturali è molto superiore a quello di pesticidi sintetici. Anzi, si può dire di più: molti dei nostri abituali alimenti non supererebbero i criteri normativi applicati agli agenti chimici sintetici. Così per esempio 1 grammo al giorno di basilico, che contiene estragolo, sarebbe pericoloso come tre tazze di caffè e 66 volte più dannoso dell’assunzione di etilentiourea, un pesticida chimico. In realtà il rischio rappresentato dai pesticidi naturali è bassissimo, come quello dei sintetici. Un’altra paura è legata alla diffusione dei pesticidi: gli agenti chimici sintetici sarebbero in grado di imitare gli ormoni umani, soprattutto gli estrogeni femminili, e di influire su di essi. Per esempio dalla fine degli anni Quaranta al 1971 il dietilstilbestrolo (Des), una sostanza estrogeno-simile, è stato largamente utilizzato per prevenire gli aborti e nelle in gravidanza. Purtroppo il Des si mostrò inefficace e per di più dannoso, provocando un raro caso di tumore alla vagina delle bimbe nate dalle donne trattate con Des. Il Des è stato proibito nel 1971, così come il Ddt. Tuttavia anche in questo caso è da notare che molte piante contengono estrogeni naturali: segale, grano, cavolo, spinaci, orzo, riso, soia, patate, carote, piselli, fagioli ecc. dunque si assumono molti più estrogeni naturali che sintetici. I tre argomenti più noti contro i pesticidi come cause di scompensi ormonali sono i seguenti: provocano drastica riduzione del numero degli spermatozoi, quando si sommano moltiplicano di molto i loro effetti nefasti, sono legati all’insorgenza di tumori al seno. In realtà nessuna di queste tre critiche è dimostrata dai numeri e dai fatti. In molti sono propensi a chiedere l’abolizione dei pesticidi. Per esempio Al Meyerhoff del Natural Resources Defense Council americano, ha sostenuto che molte forme di cancro sono in aumento tra i bambini proprio per colpa dell’esposizione ai pesticidi. Come si è visto, invece, i pesticidi hanno una bassissima influenza sui tumori. Naturalmente anche un’unica vittima sarebbe una ragione sufficiente per ridurre in modo significativo o addirittura proibire l’uso di queste sostanze. Per una questione di cautela si dovrebbe limitare al minimo la presenza di pesticidi. L’impiego di queste sostanze negli Stati Uniti ha un valore sociale netto di circa 4 miliardi di dollari all’anno. Quanto costerebbe eliminarli, parzialmente o totalmente? Si pensa che la cifra ammonterebbe a 93-277 miliardi di dollari l’anno. Supponendo che i pesticidi facciano circa venti vittime l’anno, per salvare una vita si spenderebbe almeno un miliardo di dollari. Sono soldi ben spesi. Però si potrebbe fare di più utilizzando in altro modo le risorse. Per esempio le esalazioni di radon dal sottosuolo negli stati Uniti provocano circa 15 mila vittime l’anno. Un piano normativo per ridurre e individuare il radon, a parità di costi, potrebbe essere molto più efficace nella lotta ai tumori. Un’altra considerazione è che l’eliminazione di pesticidi avrebbe dei costi: servirebbero terreni più estesi per ottenere una quantità sufficiente di frutta e verdura. Siccome senza pesticidi ci sarebbe una diminuzione nella resa, i prezzi dei cibi salirebbero. La parte più povera della popolazione rinuncerebbe ad acquistarli (studi dimostrano che le famiglie a basso reddito preferiscono mangiare cibi ricchi di amidi, carne e grassi). E in pratica il minor consumo di verdura e frutta provocherebbe un aumento nella diffusione di tumori.