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 2008  giugno 04 Mercoledì calendario

I batteri arruolati come pittori Tuttoscienze, mercoledì 4 giugno Al servizio dei nostri desideri e degli slanci romantici

I batteri arruolati come pittori Tuttoscienze, mercoledì 4 giugno Al servizio dei nostri desideri e degli slanci romantici. La scienza si spinge oltre la freddezza di formule e provette. Oggi ci si può donare reciprocamente parti del proprio corpo, da indossare, letteralmente, a sigillo della promessa «per la vita». Arrivano le fedi nuziali fatte di ossa, quelle del partner, sviluppate da tessuti prelevati dalla mandibola, cresciuti in laboratorio e modellati a forma di anello. E’ un esempio di bio-gioielleria, spettacolare intreccio tra ricerca e design nato in Gran Bretagna dal lavoro di due ricercatori del Royal College of Art, Tobie Kerridge e Nikki Scott, e del professor Ian Thomson del dipartimento di bioingegneria del King’s College di Londra. Al progetto hanno partecipato 180 volontari, che hanno donato i denti del giudizio al laboratorio del Guy’s Hospital. «Di solito, dove il dente si attacca alla mandibola, restano residui di osso, ricchi di osteoblasti, le cellule responsabili per la formazione delle ossa - spiega Kerridge -. Così abbiamo seminato questi tessuti su un’impalcatura di bioceramica, il materiale più adatto». Il primo test è stato compiuto con ossa di mucca, mentre ricrearne di umane è stato un procedimento delicato: il successo è arrivato dopo 10 settimane. Le aziende Usa Al momento soltanto una coppia di sposi - Harriet Harriss e Matt Harrison - si è donata le «ossa nuziali», perché l’esperimento è stato puramente scientifico e non commerciale. Ma mai dire mai. «L’obiettivo era mostrare come certi tessuti umani possano essere trasformati artificialmente in oggetti che sono parte della quotidianità - spiega Kerridge -. Adesso abbiamo catalizzato l’interesse di alcune industrie Usa, che stanno lavorando sull’utilizzo di cellule umane nel design». Forte del test, Kerridge anticipa a «Tuttoscienze» il suo prossimo lavoro: sta sviluppando un’interazione tra cellule umane e silicio, in collaborazione con l’Institute for biomedical engineering dell’Imperial College di Londra. Il progetto - «Material Beliefs» - confluirà in una mostra, a fine 2008, che mostrerà come con l’hi-tech si sfumino i confini tra il corpo e i più svariati materiali e oggetti. Gli scenari sono stupefacenti: per esempio aprire nuovi canali su Internet, in cui le persone comunichino attraverso pulsanti acustici applicati al corpo. «Così, un anziano che cade potrebbe trasmettere una richiesta d’aiuto al suo dottore». L’idea dei bionsensori collegati all’organismo per monitorare lo stato di salute non è certo nuova, ma adesso un team della Queen’s University di Belfast, in Irlanda, sta sviluppando un tipo di antenna che consentirà al paziente di indossare bionsensori senza rimanere imbrigliati da fili e apparecchiature ingombranti. Saranno le onde radio, sulla base di una nuova tecnologia battezzata WBAN, a inviare le informazioni-chiave, dai battiti cardiaci alla respirazione, a cui i medici accederanno attraverso il Web o sul cellulare (senza più bisogno di visite). Un nuovo linguaggio E per Kerridge il rapporto scienza-design può andare ancora oltre. «Cerchiamo un nuovo linguaggio per portare la bioingegneria al di là del campo strettamente medico: vorremmo incoraggiare gli individui a esplorare il rapporto che si può stabilire tra i segnali biologici emessi dal corpo e le apparecchiature elettroniche che ci circondano, a cominciare dai cellulari». A fare da apripista sono alcuni artisti. Per esempio l’olandese Joris Laarman, che per rendere le sue sedie le più comode possibili ha copiato il principio di crescita delle ossa e il modo in cui le cellule osteoclaste, erodendo il materiale in eccesso, danno allo scheletro la forma migliore per sostenere il peso corporeo. Lui ha applicato lo stesso principio per trovare - e rinforzare all’occorrenza - i punti deboli del materiale e della struttura: è ricorso a uno speciale software, già sfruttato per ridurre il peso dei componenti delle auto, con cui ha calcolato esattamente i punti di tensione e la densità perfetta dei componenti della sedia, creare quindi un prototipo da record, in fatto di comodità, tecnologia e natura. I segreti intrecci di natura e scienza arrivano anche su tela e carta, creando dipinti e poster: è il caso di un altro olandese, Jelte Van Abbema, che ha fatto disegnare le sue opere dai batteri di Escherichia Coli. Dopo aver impresso alcune lettere su un foglio di carta di agar e di cellulosa, l’artista ha seminato i batteri, collocando il poster all’interno di un pannello pubblicitario, a temperatura e umidità rigidamente controllate. Forme embrioniche E’ così che ne ha assicurato la crescita e, via via, l’emergere della sua opera d’arte e di scienza. Lo stesso vale per gli «embrioni» di David Kremers, che sviluppa le tele facendo crescere batteri geneticamente modificati, i quali producono enzimi di vari colori. Dopo 18 ore in un’incubatrice l’immagine inizia a crescere e ad acquisire le sembianze e i colori voluti, quelli di forme embrioniche comuni ai mammiferi. Il sostrato di acrilico viene poi seccato con resina in modo da arrestare lo sviluppo dei batteri e, dunque, dell’opera. Dal biodesign alla bioarte la natura fornisce la grammatica, mentre computer e tecnologia rappresentano il vocabolario per rielaborarne i principi. Ad artisti e designer tocca l’ultima responsabilità: elaborare il gusto estetico, che coinvolga gli esseri umani e, se possibile, li seduca. Giorgia Scaturro