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 2008  maggio 31 Sabato calendario

Lettera. UNA LEGIONE STRANIERA AL SERVIZIO DELL’EUROPA. Corriere della Sera 31 maggio 2008 Avvicinandosi il semestre di presidenza francese del Consiglio europeo, sembra prendere forma il tentativo di dar vita a un progetto di Difesa comune per gli Stati membri

Lettera. UNA LEGIONE STRANIERA AL SERVIZIO DELL’EUROPA. Corriere della Sera 31 maggio 2008 Avvicinandosi il semestre di presidenza francese del Consiglio europeo, sembra prendere forma il tentativo di dar vita a un progetto di Difesa comune per gli Stati membri. Indubbiamente i problemi saranno molti, come la scarsa disponibilità a inviare sul campo proprie truppe nazionali sotto comandanti altrui anche in legittime e necessarie missioni di peacekeeping. Pertanto le chiedo se non sarebbe possibile creare come originario nucleo di pronto intervento europeo una brigata composta da cittadini kosovari, addestrati, comandati e finanziati direttamente da istituzioni Ue. Ritengo che ci sarebbero dei vantaggi: si supererebbero le gelosie nazionali sulla gestione, risparmiando sugli ingaggi, senza dimenticare il diverso impatto emotivo in occasione di eventuali perdite su opinioni pubbliche spesso strumentalizzate e il non secondario valore simbolico del loro essere islamici (benché assai poco praticanti) spendibile nella quasi totalità delle odierne aree di crisi. L’Ue smetterebbe inoltre di finanziare progetti poco proficui (come la missione Eulex ad esempio) facili prede di cartelli criminali, aiutando invece a risolvere il problema della disoccupazione che in Kosovo raggiunge punte dell’80%. Dubito che il governo kosovaro, se adeguatamente coinvolto e sostenuto, si opporrebbe e neanche gli Usa, in quanto il maggior impegno europeo nella Difesa vedrebbe come protagonista una delle popolazioni tra le più filoamericane al mondo, lasciando così ampi margini di influenza. La popolazione kosovara, dunque, potrebbe essere finalmente coinvolta non solo a parole nel cammino dell’unificazione europea con responsabilità di prestigio e reciproci vantaggi. Sono mai state avanzate proposte simili in passato? Stefano Corso Caro Corso, Mi sembra di ricordare che qualche anno fa, quando era ministro della Difesa, Antonio Martino abbia proposto la creazione di una specie di Legione straniera italiana composta da albanesi. Forse era soltanto una battuta intelligente e intenzionalmente paradossale, nello stile di un uomo che non ha mai rinunciato a compiacersi del libero uso della propria intelligenza. Ma è possibile che dietro quella proposta vi fossero una constatazione e un confronto. Forse Martino si era reso conto di quanto fosse difficile per un qualsiasi governo italiano mandare i propri cittadini a «morire per la patria»; e sapeva al tempo stesso che la Francia, anche dopo la fine delle sue ultime guerre coloniali (Indocina e Algeria), non aveva esitato a intervenire con i suoi contingenti militari nelle situazioni calde e pericolose dei suoi vecchi possedimenti africani. La Légion Etrangère, creata da Luigi Filippo nel 1831 all’epoca della conquista francese dell’Algeria, continua ad avere in queste circostanze un ruolo fondamentale. Per i «légionnaires» la morte sul campo di battaglia non è un evento eccezionale, sfortunato, imprevisto. Appartiene alla loro missione ed è motivo di orgoglio. La storia del corpo, nel sito dedicato alla Legione, annuncia fieramente sin dalle prime righe che i legionari morti sul «campo dell’onore », dal 1831 a oggi, sono più di 35.000. In Italia, invece, ogni caduto è un lutto nazionale, da solennizzare con un funerale di Stato, possibilmente alla presenza del presidente della Repubblica. questa, incidentalmente, la ragione per cui fu impossibile per il governo Prodi inviare una parte del contingente militare italiano in Afghanistan nelle province in cui si combatte. Come il Tercio (la Legione spagnola creata all’epoca delle guerre marocchine), la Légion è l’erede delle formazioni mercenarie che cominciarono a fare la loro apparizione nei campi di battaglia italiani del Rinascimento. I reggimenti stranieri più coraggiosi, organizzati e affidabili furono per quasi quattro secoli composti da volontari svizzeri. Ma vi furono anche reggimenti tedeschi, impiegati dalla Gran Bretagna contro gli insorti americani durante la guerra d’indipendenza, e sino a tempi recenti i corpi coloniali composti da volontari dei possedimenti d’oltremare. Un caso a sé è quello dei Gurkhas, i guerrieri del Nepal che combatterono coraggiosamente contro gli inglesi nel 1814 e furono impiegati da allora, con ufficiali britannici, in quasi tutte le guerre combattute dal Regno Unito. Ho letto negli scorsi giorni che il nuovo governo nepalese, composto con la partecipazione del movimento maoista rivoluzionario, ha deciso di mettere fine a questa lunga tradizione. Esiste poi, caro Corso, un nuovo mercenariato, praticato soprattutto dagli Stati Uniti. Non mi riferisco soltanto alle società militari private, presenti in Iraq con parecchie migliaia di «con-tractors ». Penso soprattutto ai volontari del corpo di spedizione, soprattutto latinoamericani, a cui viene promessa, per il servizio prestato, la cittadinanza degli Stati Uniti. Come nel caso della Legione straniera la promessa di una cittadinanza particolarmente ambita è quindi, apparentemente, il migliore degli incentivi possibili. Non è escluso che la formula possa funzionare anche per la creazione di una Legione straniera europea. Ma non credo che sia utile e opportuno costituirla con militari di un solo corpo nazionale, soprattutto se provenienti da una provincia balcanica particolarmente irrequieta. meglio adottare il modello multinazionale della Légion Etrangère e promettere ai volontari la cittadinanza del Paese dell’Unione in cui vorranno risiedere dopo la fine della ferma. Sergio Romano