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 2008  maggio 31 Sabato calendario

Quel mondo separato. Il Messaggero 31 maggio 2008 ERA il 1828 quando, nella piazza centrale di Norimberga, apparve un giovanetto misterioso

Quel mondo separato. Il Messaggero 31 maggio 2008 ERA il 1828 quando, nella piazza centrale di Norimberga, apparve un giovanetto misterioso. Non sapeva né parlare, né leggere, né scrivere, si cibava solo di pane e verdure e il solo odore della carne gli dava le convulsioni. Si pensò a un pazzo ma lo sconosciuto non lo era. Finalmente fu affidato a uno stimato medico, che in pochi mesi riuscì a insegnargli non solo a parlare ma a legger e a scrivere. Lo sconosciuto, ribattezzato Kaspar Hauser, narrò di essere vissuto sempre in una cantina buia, incatenato, nutrito da uno sconosciuto fino a che non era riuscito a fuggire. Il mondo si interrogò sgomento: come era possibile che nel cuore d’Europa vivesse una creatura sconosciuta? Sulla sua identità furono fatte molte ipotesi, fino a che, era il 1833, Kaspar fu pugnalato a morte da uno sconosciuto. Kaspar morì, portando con sé il suo mistero. Oggi, nel mondo globale, dove grazie a internet è possibile spostarsi, almeno virtualmente, in ogni Paese si pensa che eventi simili non possano più esistere. Invece, parafrasando Amleto, ci sono più misteri su questa terra di quel che non si supponga. Tra le foreste ancora impenetrabili del Sud America, di Papua-Nuova Guinea, alle pendici boscose dell’Himalaya nel territorio indiano dell’Armadal Pradesh, ai piedi di altissime montagne del Bhutan, sulle rive del fiume Oromo nella Rift Valley in Etiopia esistono addirittura popoli, forse è meglio chiamarli così piuttosto che tribù, in gran parte o del tutto ignoti al nostro mondo. Gente che vive separata da tutti noi dai tempi dei tempi. La notizia della scoperta di una tribù del tutto ignota nella foresta amazzonica brasiliana, mentre stupisce il lettore comune non trova impreparati gli antropologi. Sul nostro pianeta, infatti, esistono ancora dei posti dove il piede dell’uomo moderno non si è mai posato o dove solo casualmente qualche esploratore, qualche cacciatore di materie prime, qualche avventuriero è stato. Cominciamo dall’Amazzonia. Secondo alcune valutazioni sono almeno duecento le popolazioni indigene che vivono del tutto isolate (e spesso lo fanno volontariamente) di cui si abbia qualche traccia. Il modo di dire, isolamento volontario, è poco più di un compromesso linguistico-antropologico per indicare quei popoli che non hanno un contatto, documentato e documentabile, con il nostro mondo. E’ un territorio immenso che comprende parti del Perù, del Brasile, ma anche del Venezuela, della Colombia, della Bolivia, dell’Ecuador, del Paraguay. Un mondo, come la valle del Javarì, che viene assalito soprattutto dai cercatori d’oro, dai raccoglitori di legni pregiati che però, spesso, come è capitato di recente nel territorio di Madre de Dios, in Perù, pagano i loro assalti con la vita, stroncati dalle frecce dei nativi. I popoli della selva si tengono volontariamente separati dal nostro mondo, perché sanno in qualche modo che l’irruzione della nostra epoca nella loro significherebbe per loro una cosa sola: lo sterminio. Malattie contro cui non sono immunizzati, usi e costumi diversi segnerebbero la loro fine. Come del resto ha spiegato benissimo Darcy Ribeiro, un famoso antropologo brasiliano, che si occupa da sempre dei popoli separati. Ma esistono anche altri posti dove l’uomo moderno non ha mai messo piede e dove, lo sappiamo, esistono tribù che non vivono nei nostri tempi ma a un livello paragonabile solo a quelli delle epoche preistoriche. Uno di questi è la zona interna del Papua -Nuova Guinea e del confinante Irian Jaia (che fa parte dell’Indonesia). Anche lì, in un territorio peraltro molto meno vasto dell’Amazzonia, esistono tribù che non hanno mai incontrato un uomo moderno. Ma non è tutto: nella foresta himalayana, che sta tra Tibet, India, Birmania e Bhutan, favoriti dalla vegetazione (che, pare incredibile, è molto folta) e dall’altezza dei monti esistono popoli (i Wancho, i Nischi, i Gallang...) di cui si sa pochissimo oltre il nome e che, potendo, evitano i contatti con la modernità. In Bhutan sorge poi il Gangkar Puensum, 7.541 metri, vetta ancora mai conquistata. Lì il governo locale ha vietato le spedizioni per salvaguardare le popolazioni locali e le loro tradizioni. Un discorso molto simile si può fare per le tribù della Rift Valley in Etiopia, lì vivono popolazioni note, ma, di fatto, separate dal nostro tempo da un "buco" di migliaia di anni. Insomma la Terra è ben lungi da esser del tutto esplorata, conosciuta. E questo, a ben vedere, è molto consolante. Un poco di mistero rende forse la vita di noi tutti più stimolante e varia. E queste sacche di differenza costituiscono delle riserve culturali che bisogna salvaguardare a ogni costo. Ma che, purtroppo, è molto difficile che questo avvenga. Gli sfruttatori di materie prime, i cacciatori di tesori, i saccheggiatori sono ovunque e sono inarrestabili. MARCO GUIDI