Liberazione 31 maggio 2008, Piero Sansonetti, 31 maggio 2008
Uno, due, tre... Stella! Liberazione 31 maggio 2008 Gian Antonio Stella - che non solo è uno dei più bravi giornalisti italiani, ma che mi sta anche molto simpatico (lo conosco da una trentina d’anni, e siamo amici
Uno, due, tre... Stella! Liberazione 31 maggio 2008 Gian Antonio Stella - che non solo è uno dei più bravi giornalisti italiani, ma che mi sta anche molto simpatico (lo conosco da una trentina d’anni, e siamo amici...) - ha scritto ieri il suo novantaseiesimo (se non si contano i tre pubblicati in pagina interna nell’aprile del 2006) editoriale contro il mondo politico italiano. Tutti editoriali di grande successo, come il suo libro («La Casta») che nelle classifiche di ogni tempo, tra i libri italiani, segue solo «Va dove ti porta il cuore» di Susanna Tamaro. L’insieme degli articoli di Gian Antonio e di altre iniziative di stampa analoghe (ma decisamente inferiori dal punto di vista qualitativo) ha largamente favorito il dilagare nell’opinione pubblica della convinzione che la politica - e la democrazia rappresentativa - sia qualcosa da buttare, e che in fondo se si lascia che a gestire il potere siano i privati (per esempio Confindustria, o qualche suo incaricato) tutto funzionerà molto meglio e anche i partiti - che per semplicità è bene ridurre a due, e due sono già tanti...- ne avranno i loro vantaggi, perché non dovranno rompersi il capo a cercare soluzione ai vari problemi, ma potranno limitarsi ad approvare con comodo le decisioni prese, con saggezza, dai privati. Nell’articolo di ieri, Stella, bravissimo a maneggiare i numeri, ne offre al lettore moltissimi su due ordini di problemi. Primo, la percentuale delle assenze dei parlamentari in aula, facendo un confronto tra Italia e America; secondo, il numero assoluto dei parlamentari (sempre con confronto tra noi e Stati Uniti). Partiamo dal primo punto punto. Stella calcola le presenze sugli ultimi 30 anni e stabilisce che l’assiduità dei parlamentari italiani è 10 volte inferiore a quella dei colleghi americani. Non si sofferma però - ad esempio - sui dati degli ultimi due anni. Quando l’assiduità - sempre ad esempio - dei senatori della repubblica è stata vicina al 100 per cento. Perché? Perché il senato contava moltissimo. E’ ovvio che invece, in un parlamento che conta poco perché ci sono due soli partiti che sono approssimativamente d’accordo su tutto, e non sono chiamati a decidere ma solo a ratificare le carte del governo, con maggioranze precostituite, è difficile che la presenza in aula dei parlamentari sia gigantesca. Veniamo al numero dei parlamentari. Stella fa notare che negli Stati Uniti (con quasi 300 milioni di abitanti) i deputati sono solo 435, e i senatori 100. In Italia, con 60 milioni di abitanti, i deputati sono 630 e i senatori 100. E’ vero. Però Stella dimentica che gli Stati Uniti sono una repubblica federale, composta da 50 stati, ciascuno dei quali (oltre ad avere le sue contee e le assemblee comunali della proprie città) possiede un parlamento dello Stato formato da un senato, più piccolo, e da una Camera dei deputati, più grande. Lo Stato di New York, per esempio, ha una Camera con 435 deputati e un Senato con 150 senatori. Il piccolissimo Kansas (2 milioni e 700 mila abitanti) ha 125 deputati e 40 senatori. A occhio e croce, sommando deputati e sentori di tutti gli Stati Uniti ci avviciniamo alle 10 mila unità. Sono circa 10 mila i parlamentari degli Stati Uniti, contro i 950 italiani. E se anche, per l’Italia, volessimo contare tutti i consigli regionali, dovremmo aggiungere altri 1000 parlamentari circa. Sono cifre all’ingrosso, ma come vedete la burocrazia politica - se così vogliamo chiamarla - americana non è più piccola della nostra. C’è però un paese dove il rapporto tra parlamentari e popolo è molto più ridotto. La Cina. Lì c’è un’unica assemblea del popolo che riunisce 2979 delegati in rappresentanza di un miliardo e trecentomila abitanti, si riunisce una sola volta all’anno, mai nessuno è assente, invece di due partiti ne è previsto uno solo (il che semplifica ulteriormente la politica) e i voti sono sempre all’unanimità. Un sogno. Piero Sansonetti