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 2008  giugno 04 Mercoledì calendario

DA DE MAGISTRIS LUIGI A DE SIMONE TITTI


DE MAGISTRIS LUIGI Napoli 20 giugno 1967. Magistrato. Fino al 2002 alla procura di Napoli, poi sostituto al Tribunale di Catanzaro, si è occupato di molti casi di corruzione nella pubblica amministrazion, nel 2008 il Csm ha deciso il suo trasferimento dalle funzioni e dalla sede per insufficiente diligenza, correttezza e rispetto della dignità delle persone. «Io sono una toga anarchica» • Protagonista delle inchieste Poseidone (250 milioni di euro che tra depuratori e altre opere inesistenti dovevano mantenere blu le acque di Calabria), Why Not (un presunto comitato d’affari politico-massonico che avrebbe munto decine di miliardi di fondi pubblici), Toghe Lucane (coinvolti 3 magistrati della procura di Potenza e due di Matera). Liana Milella: «Le ”colpe” sono presto dette. Il passo ”ingiustificato e irrituale” di mandare a Salerno gli atti dell’inchiesta Poseidone che il procuratore gli aveva tolto. Non aver avvisato il capo di una perquisizione motivata con un decreto ”abnorme”. Il pm ”biricchino”, che ”si muove con un codazzo di giornalisti”, avvisa i capi solo ”lasciando il decreto sul tavolo con un post-it”». Francesco Grignetti: «Il Grande Accusatore, Vito D’Ambrosio, oggi magistrato di Cassazione, già Governatore delle Marche, aveva avuto parole durissime nei suoi confronti: ”Guai al magistrato che pensa di avere una missione e perde di vista che il controllo di legalità è un mestiere. Partendo dall’autocontrollo”». Il trasferimento diventerà effettivo solo quando (e se) le Sezioni unite civili della Cassazione lo confermeranno • Il padre Giuseppe, magistrato, condannò a 9 anni l’ex ministro Francesco De Lorenzo e s’occupò del processo Cirillo, svelando un intreccio tra Dc, camorra e servizi segreti; il nonno Luigi, procuratore del re, subì ben due attentati; il bisnonno Alfonso fu magistrato del Regno già nel 1860 • Con l’indagine Poseidone, De Magistris ritiene di aver scoperto un ”comitato d’affari” politico ed economico tra la Calabria, Roma e Bruxelles. Carlo Vulpio: «Parla di ”nuova Tangentopoli” e la descrive come un più evoluto ”sistema di rapina delle risorse pubbliche” rispetto a quella degli anni 90, sottolineando come, a differenza di quella, ”questa sta rivelando sorprese rispetto a tutto intero lo schieramento politico”. Ma c’è di più. Alla politica, dice de Magistris, adesso si accompagnano ”e fanno sistema con essa, anche l’economia, le istituzioni e gli apparati di controllo”. Anche la magistratura? ”Sì, anche pezzi di magistratura, come più volte ho detto pubblicamente e denunciato nelle sedi opportune”». Nel marzo 2007 l’inchiesta gli fu tolta dal procuratore capo Mariano Lombardi. Decisione contestatissima. Francesco Viviano: «Lo hanno bloccato quando hanno appreso che quel ”rompiballe” stava firmando gli ordini di cattura, indagando anche politici ”eccellenti” ed amici di molti magistrati della Procura di Potenza e Catanzaro che sapevano e insabbiavano». Antonio Massari: «La situazione esplode con l’avviso di garanzia destinato al senatore Pittelli. Lombardi sottrae l’inchiesta al pm: non l’avrebbe avvertito. Ma c’è un fatto: la compagna di Lombardi è madre di Pierpaolo Greco, che è socio di Pittelli, nella ”Roma 9 srl”. I sospetti sono pesanti» • Il 21 settembre 2007 l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella ne chiese il trasferimento d’ufficio. Milella: «’Troppe interviste”, con troppi dettagli e troppe polemiche. Troppi provvedimenti ”successivamente bocciati dai giudici del riesame”. Troppi giudizi sui colleghi, ”inopportuni e non motivati”, finiti negli atti d’accusa. Una gestione ”caotica” degli uffici. ”Litigi continui” tra capo e sostituto a discapito delle inchieste e degli imputati. Comportamenti che, in una parola, configurano ”gravi violazioni deontologiche” nella gestione di più d’un processo, ma in particolare di quello sulle toghe di Potenza e Matera. C’è questo, e molto altro, nel dossier di 300 pagine e nell’atto d’accusa di sei cartelle con cui il Guardasigilli Clemente Mastella ha chiesto al Csm di trasferire in via cautelare il pm di Catanzaro Luigi De Magistris e il capo della procura Mariano Lombardi». Stando a «fonti investigative riservate», De Magistris era pronto a iscrivere il ministro nel registro degli indagati dell’inchiesta Why not. Massari: «Nel registro degli indagati, a luglio, era già finito il premier Romano Prodi. L’accusa ipotizzata: abuso d’ufficio, relativo al periodo in cu Prodi era presidente dell’Ue. Nel mirino di De Magistris, però, erano finite anche alcune conversazioni telefoniche tra il ministro Mastella e alcuni indagati (tra i quali l’ex piduista Luigi Bisignani e Antonio Saladino, uomo della Compagnia delle Opere, ex direttore della società di lavoro interinale ”Why Not”). L’attenzione di De Magistris si sarebbe concentrata sui contatti esistenti tra Saladino e Mastella, relativi all’eventuale gestione di appalti sull’informatica al ministero della Giustizia» • Il 4 ottobre 2007 De Magistris si difese con un intervento nella trasmissione di Michele Santoro Annozero (vedi anche FORLEO CLEMENTINA) che suscitò molte polemiche • Il 20 ottobre 2007 gli fu tolta anche Why Not, avocata dalla procura generale di Catanzaro. De Magistris: «Mi hanno bloccato. Ero in dirittura d’arrivo, entro dicembre avrei chiuso la parte più importante della inchiesta, quella sulla ricostruzione dei flussi di finanziamento. Ci sono riusciti, come del resto hanno fatto con l’inchiesta ”Poseidone” che proprio sulla linea del traguardo mi è stata tolta». Giuseppe D’Avanzo: «Gli sottraggono una prima inchiesta, avocata dal procuratore capo. Il pubblico ministero si mette al lavoro su un’altra inchiesta. In un passaggio dell’indagine che egli ritiene decisivo, il ministro di Giustizia (le indagini raccontano che è in buoni rapporti con due degli indagati) chiede – come una nuova legge gli permette – il trasferimento cautelare del pubblico ministero a un altro ufficio. Sarebbe la definitiva morte dell’inchiesta. Il provvedimento amministrativo non convince il Consiglio superiore della magistratura che lo deve disporre. Non ne intravede l’urgenza, prende tempo, tira in lungo. Il pubblico ministero iscrive, allora, il ministro nel registro degli indagati: atto dovuto per l’esercizio dell’azione penale e soprattutto garanzia per l’indagato. Ventiquattro ore dopo, il procuratore generale avoca a sé - sottrae al pubblico ministero - anche la seconda indagine. Il passo è inconsueto e appare anomalo. Gli addetti ricordano, se hanno memoria buona, qualche modesto precedente di quindici anni prima. Le ragioni del procuratore generale stanno in piedi come un sacco vuoto. Se il motivo dell’avocazione è l’’incompatibilità” per l’’inimicizia grave” tra il pubblico ministero e il ministro indagato (ha chiesto la punizione del pubblico ministero, che ne è risentito), si tratta una fanfaluca. Se si accetta il principio, qualunque indagato che denuncia il suo accusatore potrebbe invocare l’’inimicizia grave” e liberarsi del suo pubblico ministero. Cesare Previti, in passato e ripetutamente, ci ha provato. Non è andato lontano. Ci sarebbe - trapela dalla procura generale – un’altra ragione per l’avocazione delle indagini: l’inerzia del pubblico ministero. L’accusatore è fermo. Non va né avanti né dietro. Non esercita l’azione penale. Non richiede l’archiviazione ”nel termine stabilito dalla legge”. Ora, l’inchiesta del pubblico ministero è nei termini stabiliti dalla legge (è un fatto) e di quel pubblico ministero tutto si può dire tranne che sia pigro o inoperoso (è un fatto). La seconda ragione appare, se possibile, anche più debole della prima e nonostante ciò il pubblico ministero perde l’inchiesta e il capo del governo e il ministro di Giustizia tirano un respiro di sollievo, si liberano di ogni controllo (che abbiano o no responsabilità punibili è un’altra storia, naturalmente)» • Nell’aprile 2008 il gip di Catanzaro Tiziana Macrì ha archiviato la posizione dell’ex guardasigilli nell’inchiesta Why not «perché mancavano assolutamente i presupposti per l’iscrizione di Clemente Mastella nel registro degli indagati e successivamente non sono sopravvenuti elementi nuovi» (il procuratore generale di Catanzaro Enzo Jannelli) • Nel gennaio 2008 De Magistris si è dimesso dalla Associazione nazionale magistrati con una dura lettera d’accusa: «[...] Il mio modello è la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza. Il modello ”castale” e del magistrato ”burocrate” non mi interessa e non mi apparterrà mai, nessuna ”quarantena” in altri uffici, nessun ”trattamento di recupero” nelle pur nobili funzioni giudicanti, potrà mutare i miei valori, né potrà far flettere, nemmeno di un centimetro, la mia schiena [...]» • Antonio Di Pietro ha fortemente smentito la voce che Walter Veltroni lo avesse dissuaso dall’idea di candidare De Magistris alle politiche 2008 • Sposato, due figli.

DE MARIA NICOLA Foglianise (Benevento) 6 dicembre 1954. Pittore •
«Ha sempre avuto una passione per i fogli a quadretti, i quaderni a righe e più in generale per le carte, con le loro filigrane, fin da ragazzino, ”le carte della spesa, quelle del macellaio, del pescivendolo, quelle da zucchero, erano belle, avevano un misterioso tessuto. Ho sempre lavorato su quelle carte. Ancora oggi vado alla fine dei mercati a cercarle, a raccoglierle. Metto via, poi anche a distanza di anni escono fuori, trovano il loro colore, la loro forma”. Sono le carte delle sue prime ”poesie” con le matite, la tempera e l’imprevedibilità dell’acquarello, quelle che fa a Napoli e poi a Torino, quando ci arriva negli Anni 60, e che spesso i genitori, come fossero scarabocchi, buttano. Il padre, ricorda De Maria, concedendo un minimo di autobiografismo, che tiene sempre lontano dal suo fare pittorico, chiede ai figli che città del Nord vorrebbero abitare: Firenze, Milano o Torino. Lui e il fratello dicono: Torino perché è la città del Risorgimento che hanno studiato a scuola, perché è la città dell’Unità d’Italia, perché ha grandi viali alberati. E qui fa studi scientifici, ma è il Surrealismo a fargli capire che a interessarlo è la scienza che studia la profondità dell’uomo e allora il passaggio fra scienza e arte diventa breve. Recupera i suoi disegni, decide di essere pittore, si lega in amicizia con Antonio Carena, guarda i colori di Menzio e di Paolucci, di Parisot, i gesti di Pinot Gallizio, conosce Marisa e Mario Merz che gli presenteranno Giorgio Persano, con Amelio, uno dei primi galleristi ad offrirgli ospitalità» (La Stampa) • «Bonito Oliva segue da molti anni il lavoro del pittore. lui che lo chiama a far parte del gruppo ormai storicizzato della Transavanguardia, nato alla fine degli anni Settanta. ”Non posso dimenticare che la prima volta che ci siamo visti - racconta l’artista - abbiamo parlato tutto il tempo di Parmenide e della Scuola di Elea. Per me Achille in quel momento incarnava lo spirito filosofico, anche se non gliel’ho mai detto”. Dei cinque protagonisti del movimento (gli altri sono Chia, Clemente, Cucchi e Paladino), De Maria è il più astratto. La sua energia creativa, il suo immaginario, il suo sguardo, si concentrano su una realtà ”altra”, su mondi sconosciuti e accoglienti, sognanti, luminosi, su ”un universo senza bombe”, come recita il titolo di una delle opere. Per la sua matrice astratta e lirica, De Maria è stato spesso paragonato a Klee, Poliakoff, Kandinsky» (Lea Mattarella) • «Non posso negare il debito continuo che ho verso artisti come il Beato Angelico o Filippo De Pisis. Ce ne sono moltissimi altri, non posso elencarli tutti. Non può essere che così. L’arte ha una linea continua, vive anche nascosta, al di là delle convenzioni e parla anche dopo mille anni» (a Paolo Vagheggi).

DE MARIA RENATO Varese 1958. Regista. Film: Hotel paura (1996), Paz (2002), Amatemi (2005). Per la tv: Distretto di polizia (2000), Medicina generale (2007). «So che i grandi artisti fanno sempre lo stesso film, si vede che non sono un grande artista» • «Si può parlare di schizofrenia artistica per un regista che al cinema si orienta verso un pubblico di nicchia e in televisione raccoglie i consensi del grande pubblico?» (Roberto Rombi) • «Io sono onnivoro, farei tutto, mi piacciono Kubrick e Scorsese ma anche Colazione da Tiffany, e adoro Pretty Woman. Mi piace innamorarmi di stereotipi tali che mi chiedo se non sono scemo che mi commuovo con tutto che faccio questo mestiere e so che cosa c’è dietro. Ogni volta che rivedo la scena in cui Julia Roberts va in quel negozio e non le danno i vestiti io reagisco puntualmente: stronzi, datele i vestiti!» (a Paolo D’Agostini) • Sposato con l’attrice Isabella Ferrari, con la quale ha avuto i figli Nina (1998) e Giovanni (2001).

DE MARTINO ALBERTO Roma 12 giugno 1929. Regista. Tra i suoi film Il gladiatore invincibile (1961), Il trionfo di Ercole (1964), Roma come Chicago - Banditi a Roma (1969), Il consigliori (1973), L’anticristo (1974), Una magnum special per Tony Saitta (1976), L’uomo puma (1980).

DE MASI DOMENICO Rotello (Campobasso) 1938. Sociologo del lavoro. Teorico dell’’ozio creativo”, insegna alla Sapienza di Roma, di recente si è occupato di nomadismo culturale e struttura dei grandi eventi. Membro della Giuria dei Letterati del premio Campiello. Presidente di Ravello Festival (musica classica), uno dei più antichi e blasonati in Italia, fondato nel 1953. Dal 12 al 24 febbraio 2008 assessore della Regione Campania, deleghe Turismo e Beni Culturali (dimissioni per incompatibilità delle cariche: la Regione è uno dei soci della Fondazione Ravello).

DE PALMA Julia TULLIO Torre Annunziata (Napoli) 31 marzo 1932. Il maggior linguista italiano. Professore ordinario di Linguistica generale presso la facoltà di Scienze umanistiche dell’Università La Sapienza di Roma. Membro dell’Accademia della Crusca, è autore di scritti specialistici e di volumi di linguistica teorica, linguistica greco-latina, storia linguistica italiana, semantica, semiotica, educazione e scuola. Fra le opere più significative: Storia linguistica dell’Italia unita (1963), Minisemantica (1982), Idee per il governo della scuola (1995), Linguistica elementare (1998), tutte uscite da Laterza. Ha curato per la Utet il Grande Dizionario Italiano dell’Uso in sei volumi. Fu ministro della Pubblica istruzione nell’Amato II (2000-2001) • «Una vita divisa fra cultura e politica, anche se in maniera diseguale. L’accento cade, certo, sul primo dei due vocaboli. Non va tuttavia dimenticata l’attenzione che riserva alla società. Soprattutto, non è da sottovalutare il legame che egli continua a ribadire fra le parole e la vita. Sono questi i termini di un bilancio, culturale ed esistenziale insieme. stato ministro della Pubblica istruzione. Quella carica sembrava coronare una lunga passione per la scuola italiana, alla quale ha dedicato numerosi saggi» (Nello Ajello) • «Ho potuto vedere dal di dentro come funziona quell’enorme macchina che è il ministero della Pubblica Istruzione, liberandomi fra l’altro da qualche pregiudizio. Molti hanno una pessima opinione della burocrazia e dei burocrati. L’avevo anch’io. Ho dovuto ricredermi. Ho trovato nel ministero funzionari e dirigenti impegnati, lucidi, attivi» • Il padre era farmacista, la madre professoressa di matematica. Si innamorarono in un laboratorio di chimica e decisero di far cinque figli (impegno mantenuto) a cui inizialmente volevano dare i nomi dei gas nobili (Argo, Cripto, Elio, Neon, Xeno, che avrebbe dovuto essere il nome di Tullio) • «Più di mio padre, mia madre era fonte non solo di citazioni letterarie (a Dante, a Pascoli, devo aggiungere almeno i non rari richiami a Giusti e al favorito Stivale, per me prima fonte della storia d’Italia), ma anche di espressioni di base dialettale italianizzate. Nei casi di inconvenienti per cui si disperava ci diceva che si dava o si era data al diavolo e, se si sentiva colpevole, si dava la testa al muro. Di persona assai irritata, prossima a esplodere per l’ira fino a quel momento repressa, diceva tiene i lapis a quadrigliè, espressione franconapoletana un po’ misteriosa che a me faceva pensare ai lapis, alle matite, ma che più probabilmente si riferiva alle pietruzze del mosaico disposte a quadrettino» (da Parole di giorni lontani, Il Mulino) • fratello del giornalista dell’Ora Mauro De Mauro, scomparso la sera del 16 settembre 1970 mentra stava indagando, per conto del regista Franco Rosi, sugli ultimi due giorni di vita di Enrico Mattei (il corpo non è mai stato ritrovato) • Padre del giornalista Giovanni (Roma 16 ottobre 1965), direttore del settimanale Internazionale.

DE MEGNI AUGUSTO Perugia 12 maggio 1980. Vincitore del Grande Fratello 6 (2005). Era già famoso per essere stato vittima di un rapimento all’età di 10 anni (111 giorni di prigionia dal 3 ottobre 1990, liberato da un blitz dei Nocs). «Mi sono messo alla prova in una situazione che, in qualche modo, richiamava il mio sequestro» • Un passato da calciatore (portiere, in D col Città di Castello), opinionista di Controcampo Ultimo Minuto.

DE MEO LUCA Milano 13 giugno 1967. Manager. Amministratore delegato di Alfa Romeo e Abarth. Chief marketing officer dell’intero Gruppo Fiat • Il suo contributo al rilancio e al rinnovamento del marchio Fiat è stato segnato da tappe importanti come la nascita della Croma, della Grande Punto, della Bravo e della 500: «Dal suo ingresso in Fiat nel 2002, ha bruciato le tappe passando dall’incarico di responsabile marketing del marchio Lancia a quello di capo della business unit e successivamente di tutto il brand. Nel novembre 2004 assume il ruolo di guida del Brand & Commercial Fiat che mantiene sino a gennaio per diventare responsabile di Fiat Automobiles» (Vanni Cornero) • «Piace a Marchionne perché sa cavalcare le tendenze, interpreta il gusto del pubblico. Senza mai smarrire il senso della realtà» (Piero Bianco) • «Il personaggio è per molti aspetti diverso da Sergio Marchionne, a partire dal look: se quest’ultimo ha fatto del maglioncino una divisa, De Meo non disdegna il gessato. Scherza spesso con Marchionne sui ritmi di lavoro cui quest’ultimo costringe i collaboratori; se il numero uno del gruppo guarda alla sostanza, il giovane ha quella dose di estroversione che non stupisce in un venditore. Laureato alla Bocconi, De Meo ha alle spalle 15 anni nel marketing in aziende automobilistiche: i primi 5 alla Renault (dove è stato product manager della Clio), poi altri 5 alla Toyota (dove ha collaborato al lancio della Yaris)» (Andrea Malan).

DE MICHELIS BRUNO Venezia 1947. Psicologo. Coordinatore scientifico di MilanLab. Ex campione di karate, nel 1977 conquistò la medaglia d’argento ai Mondiali di Tokyo.

DE MICHELIS GIANNI Venezia 26 novembre 1940. Politico. Dal 1976 al 1993 deputato socialista. «Se Craxi era Garibaldi, io ero il suo Cavour» •
Primogenito di Turno e Noemi Borghello, entrambi impiegati alla Montedison di Porto Marghera. Tre fratelli e una sorella. Laureato in Chimica industriale, fu docente universitario fino a quando non venne assorbito dalla carriera politica, che iniziò nel 1964: primo incarico, consigliere comunale di Venezia, poi assessore all’Urbanistica. Nel 1969 entrò nella direzione del Psi, poi fu responsabile nazionale dell’organizzazione del partito. Ministro delle Partecipazioni Statali nel Cossiga II, Forlani, Spadolini I e II, Fanfani V (1980-1983), del Lavoro e della Previdenza Sociale nel Craxi I e II (1983-1987), degli Esteri nell’Andreotti VI e VII (1989-1992), vicepresidente del Consiglio nel De Mita (1988-1989). Dal 2001 segretario del Nuovo Psi, nel 2004 fu eletto parlamentare europeo, nel 2006 fu eletto deputato (ma lasciò il posto a Lucio Barani) • « stato un potente. Ma veramente potente. Ha fatto parte di quell’arroganza politica e di quella supponenza partitica che è stata spazzata via dal ciclone Mani pulite. Al contrario di molti altri non si è nascosto in una tana. Ma non ha nemmeno sgomitato per restare a galla. Ha scelto il basso profilo» (Claudio Sabelli Fioretti) • «Padre ingegnere, madre chimica. Si conobbero in fabbrica, a Porto Marghera. Eravamo tutti protestanti, mio nonno era pastore metodista. Io a 12 anni mi sentivo monarchico, solo Dio sa perché. Per due anni fui anche della Giovane Italia. Poi diventai radicale. Nel 1960, a 19 anni, mi iscrissi al Psi. La politica attiva la scoprii nell’Ugi, l’Unione goliardica italiana. La mia prima esperienza fu il congresso di Palermo. Io stetti dalla parte che sconfisse Craxi, da sinistra, ed eleggemmo Militello» • «I talk-show lo invitano a parlare di politica estera, e il mattino dopo Il Foglio riceve lettere firmate che cominciano così: ”Che gigante! Che fuoriclasse della politica!”. Lui si schermisce: ” che se convoco una riunione per parlare di qualsiasi cosa, faccio un fischio e arrivano venti cervelli che Berlusconi se li sogna. Ho fatto dodici finanziarie, io. Qualcosa avrò imparato, no?”» (Aldo Cazzullo) • « un uomo che ha una visione. Quasi non importa quale, perché a colpire è il modo in cui la presenta, più che il contenuto. anche l’uomo intemperante e smodato che ha contribuito non poco a dare del Partito socialista quell’immagine corriva che l’ha accompagnato alla distruzione. riemerso da una lunga penitenza, dopo essere stato inquisito e isolato, buttato fuori dal ring della politica e costretto a far da spettatore. Lui, che era stato ministro per più di un decennio, aveva frequentato i grandi del mondo, agitato le notti della capitale e riso in faccia ai benpensanti» (Stefania Rossini) • «Io mi differenziavo dagli altri. Andavo a ballare. Giravo con belle donne. Perché no? Ero single. Avevo un comportamento trasparente. Ritenevo più disdicevole l’ipocrisia. Io vivevo a Roma e conoscevo i comportamenti di quasi tutti i miei colleghi di qualsiasi partito, maggioranza e opposizione. Tutti ipocriti» • «Onestamente, io devo ringraziare Bin Laden. Senza l’11 settembre sarei rimasto una non persona, quella costruita da Mani pulite e scomparsa da ogni radar. Dopo le Torri Gemelle anche il cittadino più distratto ha cominciato a sentire di nuovo il bisogno di competenza, a desiderare di sentir ragionare. Non così il ceto politico. stato un bel giorno quando ho cominciato a ricomparire nei radar e a essere invitato in televisione. Ha infranto l’embargo Michele Santoro che ha il gusto della provocazione e sapeva che io stavo con la testa alta a osservare il mondo» • «Ho fatto il ministro dodici anni. Ho ricevuto un migliaio di lettere anonime. L’ottanta per cento erano sui miei capelli» • «Veder Gianni mangiare è come leggere Rabelais: mangia per tre, quattro, cinque uomini della sua età e dei suoi impegni» (un’amica prima che si mettesse a dieta) • Due mogli: da Francesca Barnabò, sposata nel 1965, ha avuto Alvise. «Se n’era già andata nel ”78, in pieno femminismo, facendomi scontare pesantemente il mio carattere farfallone». Nel 1997 sposò la commercialista Stefania Tucci, 25 anni più giovane, matrimonio durato solo due anni: «Aveva scelto una specie di pensionato che divideva il mondo in quadratini. Quando ho ricominciato a far politica, non ha più funzionato. Ma restiamo grandi amici».

DE MITA CIRIACO Nusco (Avellino) 2 febbraio 1928. Politico. Dal 1963 al 1994 deputato della Dc (partito di cui fu segretario dal 1982 al 1989), nel 1996 fu eletto con Democrazia e libertà, nel 2001 e 2006 con l’Ulivo. Ministro per gli Interventi nel Mezzogiorno nell’Andreotti III e IV (1976-1979), fu anche presidente del Consiglio (13 aprile 1988-22 luglio 1989). Indispettito per la mancata candidatura alla Camera (troppo vecchio), il 20 febbraio 2008 lasciò il Pd e si candidò con l’Udc (capolista al Senato in Campania, la lista non superò lo sbarramento dell’8%). «Quando morirò lo farò tenendo il mio ultimo discorso politico» • Figlio di un sarto, studi in Legge alla Cattolica di Milano, allievo di Fiorentino Sullo (gran patron della Dc irpina). «Quand’ero ragazzo io, mi verrebbe da dire secoli fa, ebbi una discussione con un compagno della Cattolica, un marxista. Gli esposi – il discorso durò ore – la mia idea della politica, e lui mi disse: ”Ciriaco, tu sei crociano”. Io non avevo mai studiato Croce, ma compresi che alcune cose si respirano nell’aria, si sedimentano, ritornano anche senza evocazioni solenni o spiegazioni teoretiche» • «Intellettuale della Magna Grecia» (Gianni Agnelli), «c’è stato un momento in cui era uno degli uomini più potenti d’Italia: presidente del Consiglio e segretario della Dc» (Claudio Sabelli Fioretti) • «La stagione del duello De Mita-Craxi è l’ultima prima di Tangentopoli e della caduta della Prima Repubblica. Forse è anche quella in cui con più convinzione, anche se con non altrettanta determinazione, si cercherà di riformare il sistema, intuendone il collasso. Ciriaco pensa a un cancellierato, cioè a un rafforzamento del premier e a una legge elettorale con premio di maggioranza, che renda più stringente il legame interno delle coalizioni e tenga i socialisti saldamente ancorati al centrosinistra. Bettino punta più sull’elezione diretta del presidente della Repubblica e vuole tenersi ”le mani libere”, governare insomma con la Dc fino a che non saranno realizzate le condizioni (un’evoluzione e un ridimensionamento del Pci, con il prevalere, a sinistra, delle idee riformiste e socialiste) per un’alternativa modello Mitterrand» (Marcello Sorgi) • «Alla fine Craxi dà il via libera al governo, che però affonda nel giro di un anno per la nascita dell’alleanza con Andreotti e Forlani, poi divenuta nota come Caf. Oggi viene da sorridere di fronte al racconto di Berlusconi e Confalonieri costretti a fare lunghe anticamere a piazza del Gesù per esser ricevuti da Clemente Mastella (allora factotum di De Mita per l’informazione), ma all’epoca era così che andavano le cose. E che idea aveva, allora, Ciriaco De Mita di Silvio Berlusconi? ”All’inizio mi stava anche simpatico. Ha sempre avuto la mania di convincermi che era democristiano, mi raccontava sempre di avere sei zie suore. E invece non è vero, è socialista. Ma io glielo dicevo: non m’importa che lei non sia democristiano, le chiedo solo di avere con noi rapporti leali... Poi c’è stata la questione della Sme, in pochi giorni è venuto da me quattro o cinque volte...”. Le liti con Indro Montanelli, che lo additava a simbolo del malaffare: ”Quando il giornalista è entrato nella sua stanza, lui gli ha dato la mano e si è presentato così: ”Piacere, Raffaele Cutolo’...”» (La Stampa citando Piazza del Gesù, il libro del suo ex collaboratore Giuseppe Sangiorgi) • «D’Alema per i miei ottant’anni mi ha fatto un regalo: la pagina dell’Unità con il titolo ”De Mita si è arricchito con il terremoto” e un biglietto di scuse, ”Con il tempo si riconoscono gli errori”. Firmato dall’autore dell’articolo Federico Geremicca, peraltro uno dei rari giornalisti che mi ha capito, e dall’autore del titolo. D’Alema, appunto» • «Il merito della Dc non è nelle cose fatte; è stato creare la democrazia in Italia, portare su posizioni democratiche un popolo istintivamente reazionario» • Linguaggio complicato, ragionamenti tortuosi: «Una professoressa dell’università di Roma ha scoperto che il mio linguaggio è innovativo rispetto alla realtà, perché non è la liturgia del suono, ma il tentativo di analizzare le situazioni» • Suoi riferimenti per la campagna elettorale 2008: «Mozart. Perché l’armonia non nasce dalla linearità del suono, ma dai contrasti. Van Gogh. Era sua la prima mostra che vidi in vita mia, a Milano: entrai senza sapere nulla, uscii in lacrime; perché le cose vere non si spiegano, si intuiscono. Lizzani. Mi sento come il partigiano di Acthung Banditen, che si avvia da solo verso il patibolo nazista e poco per volta si ritrova dietro l’intero paese. cechov. Da ragazzo non perdevo uno spettacolo di Strehler al Piccolo teatro, ad esempio le Tre Sorelle: all’inizio la confusione è massima, i protagonisti raccontano ognuno la sua storia, man mano il quadro si ricompone; come nell’Angelo sterminatore di Buñuel, dove tutti perdono e ritrovano la memoria, ancora mi riecheggia dentro quel grido, ”Fuori le autorità!”» (ad Aldo Cazzullo) • «Dicono che sia superbo. Invece io mi dolgo di dare questa impressione. Certo, la confidenza la offro a pochi amici. Ma è giusto che sia così» • Ha per medico personale un pediatra: « un mio amico, ed è bravo. E poi, per il mal di gola, un pediatra va bene anche se hai 80 anni» • Sposato con Anna Maria, quattro figli: Giuseppe (Avellino 7 aprile 1968, nel 2008 candidato alla Camera), Antonia, Gloriana, Simona.

DE MOLA TINA Milano 28 ottobre 1923. Soubrette, prima moglie di Renato Rascel. Lavorò anche con Macario, Ugo Tognazzi, Nino Taranto ecc. (ma non con Totò, suo sogno).

DE MONTICELLI ROBERTA Pavia 2 aprile 1952. Filosofa (husserliana). Insegna alla Libera Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Nel 2007 pubblicò Sullo spirito e l’ideologia – Lettera ai cristiani (Baldini Castoldi Dalai) • «Una persona amabile, disponibile al confronto, competente delle cose di cui si occupa, anche grintosa e volitiva» (Giuliano Ferrara).

DE NAPOLI FERNANDO Chiusano di San Domenico (Avellino) 15 marzo 1964. Ex calciatore. Mediano lanciato dall’Avellino, col Napoli vinse due scudetti (1987, 1990), una coppa Uefa (1989) ecc., col Milan (da comprimario) due scudetti (1993, 1994) e una coppa dei Campioni (1994). In nazionale (54 presenze, 1 gol) fu terzo agli europei dell’88 e ai mondiali del 1990 (aveva partecipato da titolare anche a quelli dell’86) • «Ha sette polmoni, è un mediano infaticabile, il classico portatore d’acqua» (Dizionario del calcio italiano).

DE NARDO ERIKA Novi Ligure (Alessandria) 28 aprile 1984. Il pomeriggio del 21 febbraio 2001, a Novi Ligure, uccise la madre, Susy Cassini di anni 42 (in cucina, a coltellate), e il fratellino Gianluca di anni 12 (prima tentarono di fargli inghiottire un topicida, poi lo stesero nella vasca e lo finirono a coltellate). Con lei, pienamente partecipe all’azione, il fidanzatino Omar (soprannome per Mauro Favaro). Avevano progettato di togliere di mezzo anche il padre, che era andato a fare una partita a calcetto con gli amici, ma Omar era stanco e se ne tornò a casa. Erika chiamò la polizia e sostenne che la casa aveva subito un’incursione di rapinatori albanesi. Fu creduta per finta e intanto i cellulari dei due fidanzati vennero messi sotto controllo. La gente là intorno però ci credette e vi fu anche una manifestazione, con tanto di cartelli, contro gli extracomunitari assassini. Infine confessarono, furono processati e condannati, lei a 16 anni, lui a 14. Il padre non ha mai rilasciato un’intervista e ha silenziosamente dedicato la sua vita al recupero della figlia • «No, non odiavo mia madre, mia madre era bellissima, non era un mostro. L’ho uccisa perché mi era indifferente» (Consuelo Corradi).

DE NEGRI PIETRO Roma 1956. Meglio noto come ”er Canaro” • «Era il 18 febbraio dell’88 quando, in una discarica di via Cruciani Alibrandi, al Portuense, un allevatore di cavalli scoprì qualcosa che assomigliava a un cadavere e che finiva lentamente di bruciare. La vittima fu identificata per Giancarlo Ricci, un tipo violento, un prepotente che spesso risolveva le questioni a cazzotti e che si era fatto parecchi nemici. Accecato, evirato, le orecchie tagliate, il cranio sfondato a martellate: ”Questo ha fatto uno sgarro a una gang di spacciatori e gliel’hanno fatta pagare” ipotizzarono gli investigatori. Sbagliavano. Due giorni dopo fu arrestato un tizio mingherlino, il tosacani di via della Magliana 253, che aveva confessato una rapina a uno spacciatore di coca assieme alla vittima. Una notte in questura, il racconto non regge e De Negri crolla: ”Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell’infame”. Vittima e carnefice, l’ex pugile e il tosacani, fino a quando i ruoli si invertono nel modo più atroce. ”Mi insultava, mi sfotteva, m’aveva rubato la radio della macchina e per ridarmela m’aveva scucito 200 sacchi. Ma la cosa che m’ha fatto uscire di testa è stata quando ha preso a calci il mio cane, che c’entrava lui?”. La trappola è organizzata con cura: una rapina a uno spacciatore di coca. De Negri convince Ricci a nascondersi in una gabbia di cani in attesa del pusher, poi lo ammanetta con due guinzagli. Comincia il massacro: ”er Canaro” imbottito di cocaina sfregia l’ex pugile, gli amputa le dita e i genitali, lo fa rinvenire, cauterizza le ferite con la benzina. Si interrompe per andare a prendere la figlia a scuola poi si precipita al negozio e ricomincia. Fino alla fine. Arrestato il 21 febbraio 1988, De Negri tornò in libertà per un breve periodo il 12 maggio dell’anno successivo: infermo di mente e non pericoloso socialmente, almeno secondo i giudici. Poi il nuovo arresto e la sentenza definitiva: 24 anni. Tra sconti e permessi sarebbe uscito nel 2008, ma il tribunale ha anticipato la data» (Massimo Lugli) • Tornato libero nell’ottobre 2005.

DE PALMA JULA (Jolanda) Milano 21 aprile 1932. Cantante. Negli anni Cinquanta portò in Italia lo stile delle grandi vocalist americane. Tra i suoi successi: Sentiero (1955), Nel giardino del mio cuore (1957), Tua (1959, grande scandalo per l’interpretazione giudicata all’epoca troppo esplicitamente erotica), Noi (1960), A.A.A.A.A. adorabile cercasi (1961).

DE PAOLI ELIDIO Rezzato (Brescia) 26 agosto 1948. Sindacalista. Politico. Nel 1994, 1996 e 2001 fu eletto al Senato. La Lega per l’Autonomia-Alleanza lombarda, fondata nel 1996 con Angela Bossi e il marito Pierangelo Brivio, fu decisiva per il successo dell’Unione sulla Cdl alle politiche 2006. Sottosegretario alle Politiche giovanili e Attività sportive nel Prodi II (2006-2008) • «’Sono stato un bravissimo sessantottino e ho diretto per quattro anni il giornale Lotta di classe”. Passò al verde degli ambientalisti, ai tempi della battaglia contro il Pbc, nella fabbrica bresciana Caffaro. Poi una lunga parentesi di verde padano, macchiato nell’azzurro berlusconiano, con l’alleanza sfiorata nel 2001. Infine il ritorno al rosso sbiadito dell’Unione» (Alessandro Trocino).

DE PAOLIS VELASIO Sonnino (Latina) 19 settembre 1935. Arcivescovo. Teologo • «Insigne giurista, segretario del Supremo Tribunale della Signatura Apostolica (la Cassazione vaticana) e consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, dove per anni ha collaborato col cardinale Joseph Ratzinger prima dell’elezione papale» (Orazio La Rocca).

DE PETRIS LOREDANA Roma 24 novembre 1957. Politico. Verde. Nel 2001 e 2006 eletta al Senato (Ulivo, Unione) • «Parlamentare molto stimata, bionda, alta, capelli lunghi e fluenti, una signora che ama indossare eleganti linee morbide e che marcia nel Movimento antinuclearista e ambientalista fin dagli anni Ottanta» (Claudia Fusani) • Cognata di Paolo Cento.

DE PICCOLI FRANCO Mestre (Venezia) 29 novembre 1937. Ex pugile: Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma (1960) • «Fu il sogno dell’Italia di trovare il nuovo Carnera. Vinse a Roma nei massimi, pochi minuti dopo avere visto l’allora Cassius Clay dominare nei mediomassimi. Al Palaeur c’erano 20mila spettatori, di fronte in finale il sudafricano Bekker. Raccontò di essersi messo al centro del ring e avere subito colpito l’altro al fegato. ”Lo costrinsi a inginocchiarsi, ma si rialzò. Lo colpii per primo e si inginocchiò di nuovo”. Tornando a casa a Mestre, fu fatto scendere dal treno a Padova, c’era una Buick gialla decapottabile ad aspettarlo. In piazza Ferretto a Mestre c’erano diecimila persone. Divenne subito professionista e iniziò una serie di incontri che gli dovevano far crescere la carriera. Vinceva quasi sempre per ko, 31 su 41, ma la carriera non crebbe mai. Manager scadenti ma anche limiti da boxeur: aveva un pugno pesante ma la mascella fragile. A 28 anni lasciò deluso la boxe, senza avere mai fatto un incontro per un titolo europeo o mondiale» (Corrado Sannucci) .

DE PISCOPO TULLIO Napoli 24 febbraio 1946. Batterista. Cantante. Autore. Suoi più grande successi Andamento lento (1988, 18° al Festival di Sanremo), E allora e allora (1989, 20°). Nel 2007 pubblicò il cd Bona jurnata • Membro della superband che con Pino Daniele suonò Je so’ pazzo, Napule è ecc. Nel 2008 la reunion discografica (Vai mò 2008).

DE POL ALESSANDRO Trieste 15 luglio 1972. Giocatore di basket. Con la nazionale vinse l’europeo del 1999 (bronzo nel 2003). Gioca con Varese, squadra con la quale vinse nel 1999 il suo secondo scudetto (il primo nel 1996 con l’Olimpia Milano) • «Se L’Italia ha vinto l’Europeo del 1999 gran parte del merito è suo e non solo per quello che ha dato sul parquet ma nello spogliatoio. Nella prima fase di quel campionato, ad Antibes, fu lui a mettere in riga qualche pedina importante che giocava un po’ troppo per sé» (Carlo Santi).

DE PONTI CINZIA Pescara 3 ottobre 1960. Conduttrice tv (Sereno variabile ecc.) • Ex Miss Italia: «Sono stata eletta nel 1979, un periodo un po’ buio. Allora il concorso non godeva di tutta la popolarità di oggi, non c’erano premi milionari né contratti televisivi già pronti».

DE PUPPI LUIGI Udine 8 marzo 1942. Manager. Presidente e amministratore delegato della Toro assicurazioni. Dal 2003 al 2006 amministratore delegato e direttore generale della Banca Popolare FriulAdria. Già amministratore delegato di Zanussi-Electrolux e Benetton.

DE RIENZO GIORGIO Torino 19 maggio 1942. Critico letterario. Collabora col Corriere della Sera. Laurea in lettere nel 1965, in gioventù giocò a basket a livello nazionale. Ha insegnato letteratura italiana contemporanea nell’Università di Torino e all’università del Piemonte orientale ”Amedeo Avogadro”. Ha collaborato con la Stampa. Ha pubblicato saggi su Manzoni e narratori italiani dell’Ottocento. Nel 1995 l’esordio come narratore con Caccia al ladro in Casa Savoia (Mondadori). Altri libri L’indagine (2004), Lettere d’amore di un giudice corrotto (2006), entrambi editi da Marsilio. Nel 2007 Il mostro di Bargagli (Rizzoli).

DE RIENZO LIBERO Napoli 1978. Attore. David di Donatello come miglior attore non protagonista per Santa Maradona (Marco Ponti 2001). Da ultimo visto in Milano-Palermo: il ritorno (Claudio Fragasso 2007). Regista di Sangue – La morte non esiste (2005) • «Io sono per il calcio nello stomaco. A dire che va tutto bene ci pensa già la tivù».

DE RITA GIUSEPPE Roma 27 luglio 1932. Sociologo. Presidente del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), inventore del Rapporto che ogni anno svela agli operatori e alla stampa le tendenze profonde della società italiana • «Nel dicembre 1955 entrava alla Svimez per fondarne la sezione sociologica. Cominciava così il suo viaggio di mezzo secolo attraverso l’Italia. Tra le molte parole da lui inventate e imposte al lessico pubblico - sommerso, localismo, macchie di leopardo - ce ne sono due che lo riguardano e in cui si è riconosciuto: ”Nel 1976 a un convegno ecclesiale fui chiamato ”il monaco delle cose’. Il Riformista mi ha definito ”arcitaliano’. Mi sta bene. Amo leggere l’Italia dal di dentro. E non sono mai stato così lontano dalla politica. Senza interlocutori”» (Aldo Cazzullo) • Nel 2007 parlò di «mucillagine sociale» • «Odio l’uso del sondaggio indiscriminato, bisogna entrare nella società e cercare di capire, annusare… Nel 1968 scoprii l’economia sommersa a Prato, Valenza, Biella, Fermo, Arzignano… Negli anni Settanta mi sono accorto che questi localismi tenevano in piedi l’economia italiana» • Sposato con Maria Luisa Bari, 8 figli: «Sei maschi e due femmine. Il punto più delicato è stato quando i figli crescevano e io non potevo guadagnare di più. Furono duri gli anni tra il Sessanta e l’Ottanta. Però mia moglie e io abbiamo fatto funzionare la famiglia grazie a una casa che avevo comperato dopo la lunga missione internazionale in Persia. Così non c’era il problema dell’affitto. Mia moglie poi scriveva copioni per la tv dei ragazzi. Quando eravamo dieci c’erano vincoli di orario mattutino, prima che li accompagnassi a scuola con il pulmino. Ci si dividevano i compiti. Un gruppo faceva i letti, i grandi badavano ai piccoli, i medi comperavano la pizza e il latte per la colazione» (ad Alain Elkann).

DE ROSA ANDREA Napoli 1967. Regista teatrale. Tra le sue ultime messe in scena Molly Sweeney e Maria Stuart • «Pur avendo cominciato con il cinema, realizzando, fra vari cortometraggi, Appunti per una fenomenologia della visione premiato nel ”94 da Cinema Giovani, De Rosa ha trovato nel teatro il suo campo di espressione. Forse perché, come dice, il teatro gli permette di rispondere alla domanda di Nietzsche: non sarà che nel teatro si nasconde una verità che non riusciamo a dire con la ragione? Nietzsche non a caso. Prima di dedicarsi alla scena, De Rosa si è laureato in filosofia. Un giorno pensò di scrivere una lettera a Mario Martone ”piena di sollecitazioni filosofiche”. Scrisse a lui perché pensava che, a differenza di altri registi, avesse ”un orizzonte ampio, si muovesse adoperando i mezzi e non lasciandosi adoperare”. Con sua grande sorpresa, Martone gli rispose, si incontrarono per un caffè, strinsero amicizia. Non solo: De Rosa diventò il suo aiuto regista, assorbì da lui, e successivamente anche da Enzo Moscato, gli estri e i succhi del cosiddetto ”rinascimento napoletano”» (Osvaldo Guerrieri).

DE ROSA DARIO Trieste 21 giugno 1919. Pianista. Con Renato Zanettovich e Libero Lana (poi sostituito da Amedeo Baldovino) ha formato il Trio di Trieste, fra i più prestigiosi a livello internazionale. accademico di Santa Cecilia.

DE ROSA GABRIELE Castellammare di Stabia (Napoli) 24 giugno 1917. Storico. Biografo di Sturzo, innovatore delle metodologia di ricerca sulla storia religiosa, fondatore del Centro studi per la Storia religiosa del Veneto, presidente dell’Istituto Sturzo, senatore (eletto nel 1987 e 1992 con la Dc) ecc. • Laureato in giurisprudenza: «Tornato dalla guerra in Africa, ammalato, ho letto il saggio di Croce, Perché non possiamo non dirci cristiani: non divenni crociano, ma ritrovai fiducia nella storia della nostra civiltà. Poi venne la Resistenza, e gli anni in cui mi iscrissi al Pci e lavorai a L’Unità... Le velleità letterarie si erano spente, mentre i miei interessi si indirizzavano alle fonti della storia contemporanea. Infine ci fu il rapporto con don Giuseppe De Luca. Insomma, mi sono trovato, ad un certo punto, impigliato nella rete dei discorsi e delle ricerche di tipo storico» • Tra i suoi libri: Storia dell’Italia religiosa. Vol. I (L’Antichità e il Medioevo), II (L’Età Moderna), III: (L’Età Contemporanea), editi da Laterza.

DE ROSSI BARBARA Roma 9 agosto 1960. Attrice. Da ultimo nota come l’Anita Sciortino della serie tv La stagione dei delitti e la Tilly Fumagalli di Un ciclone in famiglia • «L’hanno definita l’icona della Rai perché per vent’anni è stata la protagonista degli sceneggiati di maggior successo, delle coproduzioni con gli americani, dei film-tv più lussosi e pregiati: Storia d’amore e d’amicizia, Io e il duce, Il cugino americano, Una storia spezzata, La piovra, Quo vadis. Recitare è quello che sa fare e fa da quando Lattuada la volle, ragazzina, per La cicala» (Simonetta Robiony) • «Avevo sedici anni camminavo per strada a Rimini e mi ha visto Alberto Lattuada. Mi ha rincorso, mi ha raggiunto e ha voluto parlare con i miei genitori. Di lì a poco sono stata catapultata su un set cinematografico vicino a Marcello Mastroianni e Francisco Rabal in Così come sei. Per mia fortuna ho avuto accanto la solidità dell’educazione familiare. Sono stata con i libri in mano per tanti anni» (a Patrizia Saladini) • Sposata con l’attore-ballerino Branislav (Branko) Tesanovic, una figlia (Martina, 1996).

DE ROSSI DANIELE Roma 24 luglio 1983. Calciatore. Centrocampista della Roma e della Nazionale. Campione europeo under 21, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene (2004), campione del mondo 2006: titolare nel primo match col Ghana e nel secondo con gli Stati Uniti, fu espulso e perse il posto rientrando giusto nella finale contro la Francia, quando giocò uno spezzone di partita e, soprattutto, realizzò uno dei rigori decisivi. Il 9 aprile 2008 all’Old Trafford fallì invece sullo 0 a 0 il rigore che avrebbe potuto riaprire la sfida col Manchester United valida per i quarti di finale della Champions League. «Cambierei subito la vittoria del Mondiale con una Champions League vinta con la Roma. Il giorno della finale, vedendo l’atmosfera che c’era, dissi agli altri: ”Pensa che bello se stessi per giocare una finale di Champions con la Roma”. Mi guardarono tutti come un matto. Ma non ci posso far niente, è così» • «Gattuso vestito da Armani» (un giornale spagnolo dopo averlo ammirato al Bernabeu il 5 marzo 2008, Roma-Real Madrid 2-1 nel ritorno degli ottavi di Champions League) • « cresciuto sulla spiaggia, bagni Sporting Beach, che, a dispetto dell’etichetta esotica, risultano ubicati sul lungomare di Ostia. Qui, con la nonna e la zia alla cassa, il figlio di Alberto, allenatore della Primavera romanista, ha trascorso ore, giorni e anni a calciare il pallone» (Alberto Costa) • Alberto De Rossi (9 settembre 1957) giocò in C (libero) con Livorno, Lucchese, Siena • Da piccolo faceva il centravanti: «Ero pigro, avevo meno voglia di correre». Enrico Currò: «L’inizio da attaccante gli è servito per affinare la tecnica e per pensare al gol. Ha sempre giocato nella Roma e lì vorrebbe restare, lui che vive a Ostia e non si immagina da un’altra parte: ”Il mare mi mancherebbe troppo. Voglio restare”» • Il 18 maggio 2006 ha sposato Tamara Pisnoli, ex ballerina di Sarabanda che gli aveva già dato la figlia Gaia (16 luglio 2005).

DE SANTIS MASSIMO Tivoli (Roma) 8 aprile 1962. Ex arbitro. Carriera stroncata da Calciopoli (inibizione di quattro anni, vedi MOGGI LUCIANO), indagato alla procura di Napoli per associazione a delinquere ai fini della frode sportiva • Ispettore della polizia, nel gruppo della Can A e B dal 1994/1995, internazionale dal 2000, divenne famoso per un arbitraggio legato alla Juventus: il 7 maggio 2000 in Juve-Parma (1-0) annullò un gol di Cannavaro nel finale scorgendo un fallo che le immagini non mostrarono. Per gli emiliani sarebbe stato il pareggio, la Juve sarebbe stata agganciata dalla Lazio in testa alla classifica (il sorpasso avvenne comunque all’ultima giornata). « stato un errore arbitrale. Può succedere a me o ai miei colleghi. Ne avevo fatto uno anche poco prima concedendo il corner».

DE SCALZI VITTORIO Genova 4 novembre 1949. Cantante. Chitarrista. Dei New Trolls • «Prendevamo le distanze dagli scopiazzamenti americani, abbiamo cominciato con un disco di musiche su testi di De André, poi nel 1971 arrivò il Concerto Grosso scritto da Luis Bacalov, seguito nel 1976 da un secondo capitolo discografico» • «Nelle varie vicissitudini del gruppo, a un certo punto c’eravamo tappati il naso e messi a scrivere le canzonette, diciamo così. Avendo anche notevoli successi, tipo Una carezza della sera. Però queste cose diventano prigioni. Rischiavamo di trasformarci in una di quelle band di revival che girano l’Italia nelle piazze minori, e tutti ti chiedono sempre la stessa canzone. Così si diventa vecchi, inutili» (da un’intervista di Gino Castaldo).

DE SENA LUIGI Nola (Napoli) 5 marzo 1943. Poliziotto. Dal 2008 senatore (Pd). Ex vicario del capo della polizia Antonio Manganelli (2007-2008) • «Nel 1981 era a capo della mobile di Roma, trasferito nel 1985 presso la Criminalpol ha diretto importanti operazioni antimafia in Sicilia. Poi è stato distaccato per un lungo periodo presso la presidenza del Consiglio. Nel 1996 è tornato alla Criminalpol con l’incarico di occuparsi del progetto sicurezza per il Giubileo del 2000. Poi nel luglio 2000 De Sena si occupa come direttore centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale del Dipartimento della pubblica sicurezza. Nel 2003 viene nominato vicecapo della Polizia e direttore della Criminalpol e dal novembre 2005, dopo l’omicidio Fortugno, va a Reggio Calabria come prefetto con incarichi speciali, quali il contrasto alla ”ndrangheta e l’attuazione del programma straordinario di intervento in Calabria» (Il Messaggero).

DE SETA CESARE Napoli 1941. Storico dell’arte e dell’architettura moderna e contemporanea. Insegna all’Università Federico II di Napoli, dove dirige il progetto sull’iconografia delle città europee. E stato Directeur d’tudes all’cole des Hautes tudes en Sciences Sociales di Parigi (suo il progetto Atlas de la ville européenne). I suoi saggi sul paesaggio e sui beni culturali sono stati raccolti nel 2008 in Bella Italia (Electa). Tra gli altri libri Viaggi controcorrente (Aragno), vincitore nel 2007 del premio Estense. Nel 2008 il romanzo Quattro elementi (Avagliano). Ha curato mostre in Italia e all’estero, tra queste The Lure of Italy, Tate Gallery, Londra - Palazzo delle Esposizioni, Roma.

DE SETA VITTORIO Palermo 15 ottobre 1923. Regista. Nastro d’argento nel 1962 per la fotografia in bianco e nero di Banditi a Orogolo. Ultimo lavoro Lettere dal Sahara (2006). «Il cinema è soprattutto un processo creativo. Qualcuno si sarebbe mai sognato di chiedere a Van Gogh un preventivo dei colori che avrebbe impiegato per un quadro?» • «Il maestro, l’autore di Banditi a Orgosolo, Un uomo a metà e del televisivo Diario di un maestro (’Lo portò in tv Raffaele La Capria, nessuno ne ha fatto un dvd, non c’è stata diffusione”). Quei piccoli-grandi capolavori degli anni Cinquanta; dieci, intensi minuti di storie di mare e di terra, da Lu tempu di li pisci spata a Isole di fuoco, da Pasqua in Sicilia a Contadini del mare a Pescherecci» (Leonardo Jattarelli) • «D’origine vengo da una famiglia aristocratica palermitana ma fino ai vent’anni non capivo niente della vita. Poi sono stato due anni prigioniero in Germania, da ufficiale, e lì ho conosciuto nelle circostanze più dure il popolo, come si diceva allora. Quando ho cominciato a fare il regista ho sentito di dover saldare un debito e per questo ho raccontato la vita dei pescatori, dei contadini, dei minatori, di chi non aveva voce. Da lì al marxismo il passo è stato breve. Col tempo come tanti sono passato per la psicanalisi, Jung, e per un riavvicinamento alla religione. Quella di don Milani e di Madre Teresa. Sa chi è stato la mia guida spirituale? Tolstoj» (a Paolo D’Agostini) • «In occasione del suo sessantesimo compleanno, Martin Scorsese ricevette in dono dai produttori del Mio viaggio nel cinema italiano sette documentari di Vittorio De Seta. Il regista americano rimase assolutamente folgorato dalla purezza registica del collega italiano, e mentre ammirava le immagini della terra che avevano abbandonato i propri nonni, si commosse a scoprire lo straordinario lavoro misconosciuto di un ”antropologo che parlava il linguaggio di un poeta”» (Antonio Monda).

DE SICA BRANDO Roma 10 marzo 1983. Attore. Figlio di Christian e Silvia Verdone (la sorella di Carlo), nipote del grande Vittorio De Sica. Visto in Tre (del padre), A spasso nel tempo (Vanzina), Gangs di New York (Martin Scorsese), protagonista della serie tv Compagni di scuola • «Spero che un giorno, magari nel 3000, di noi De Sica si possa dire, come per una grande azienda che produce cioccolata da generazioni: in questa famiglia si fa cinema dal 1940» (a Emilia Costantini) .

DE SICA CHRISTIAN Roma 5 gennaio 1951. Attore e regista. Figlio del grande Vittorio (1901-1974) e di Maria Mercader. «Mio padre è De Chirico e io sono un pittore della domenica».
2007-2008 Nel 2006 enorme successo con Natale a New York, nel 2007 con Natale in crociera, cinepanettoni diretti da Neri Parenti. In teatro protagonista di Parlami di me, spettacolo firmato da Maurizio Costanzo e Vaime.
VITA «Non ho mai sentito il peso di questo nome. Mio padre, nonostante avesse due famiglie, perché aveva una prima moglie e una figlia e poi me e mio fratello nati dal matrimonio con mia madre, non aveva il coraggio di dircelo. Quando avevo diciotto anni, mi chiamò mia sorella Emi, che è più grande di me e di Manuel, e mi disse: ”Vogliamo conoscerci?”. Mio padre era un uomo semplice. Quando io sono nato aveva già cinquant’anni e i capelli bianchi e quindi non era un padre che con noi giocasse a pallone. Voleva che mi laureassi in Storia dell’arte. Tra parentesi, io ero un bravo studente e prendevo molti trenta. Dato che lavoravo, mi comperai una Rolls-Royce. Lui non ci salì mai perché si vergognava. Andava a rovinarsi ai tavoli verdi. Abbiamo spesso cercato di interdirlo, ma non fu possibile» • «Avevo 23 anni quando è morto. So bene quello che pensavano di me: ”Ma che vuole questo ciccione, che si è messo in testa?”. Da ragazzo ero grasso, ho sofferto moltissimo. Poi un giorno ho deciso che dipendeva solo da me cambiare. Devo molto ad Aurelio De Laurentiis che mi ha dato fiducia e a Carlo Vanzina, che mi ha scelto per Sapore di mare. Per il resto, devo tutto a me. Il pubblico l’ho sempre sentito vicino, anche nei momenti difficili, anche quando la critica mi attaccava. Il cognome devi fartelo perdonare» (a Silvia Fumarola) • «Io non mi sono mai montato la testa. Sono sempre stato severo con me stesso. Ma so di avere una notorietà molto forte in Italia. Molto più di tanti attori che credono di essere famosi. Dalle indagini di mercato risulta che io sono secondo, come popolarità, dietro a Sofia Loren. Ho cercato ogni tanto di migliorare. Ho fatto film come regista che mi hanno dato molte soddisfazioni, magari meno al botteghino. Uomini, uomini, uomini oppure Tre. Ho fatto per due anni teatro con un musical su George Gershwin. Di Vittorio De Sica non ne nascono tantissimi. Papà ha vinto quattro Oscar. Come mi posso paragonare? Ho fatto quello che sapevo fare. A 18 anni facevo il cantante, poi la comparsa, le feste di piazza, i night, i Festival di Sanremo, la televisione. Non sono mai volgare. La parolaccia che fa ridere non è volgare. In Tutti pazzi per Mary c’è Cameron Diaz che si pettina con lo sperma. Questo è ”rinnovamento comico”. Woody Allen che fa fare un pompino a una banana. Questa è ”arte”. Se lo facciamo io e Boldi è terrificante volgarità. Spesso si è spinto l’acceleratore sulla cosidderra volgarità. Ma il Paese è così. Il Paese parla in questa maniera, i ragazzi, gli impiegati, la borghesia. Tutti. E io ho sempre fatto dei personaggi che non mi appartengono, ricchi, vigliacchi, prepotenti, arroganti. L’alta borghesia è la classe peggiore nel nostro Paese. I ricchi strafottenti sono tremendi. Farli diventare simpatici è stata la mia impresa storica. Scalfari l’ho fatto piangere. A una cena gli cantai una canzone e lui si commosse fino alle lacrime. A me l’intellighentia mi ha sempre fatto vomitare, come diceva Roberto Rossellini. Ma molti intellettuali andavano a vedere i miei film e si divertivano moltissimo. Quando andavo nel cinemino di Cortina d’Ampezzo ci trovavo un sacco di intellettuali a vedere i miei film. Sono contento che una parte della critica si sia accorta che non siamo così cani. La maggior parte dei critici non capisce nulla di cinema. Ci sono dei critici di una rivista terrificante, FilmTv, che fanno sempre ”pollice verso” ai miei film. Ma anche a quelli di mio padre, compreso Il giardino dei Finzi Contini. Il Mereghetti? Me ne hanno regalato uno una volta. C’era una serie incredibile di improperi. L’abbiamo aperto una sera con tanta gente di cinema, ricordo Abatantuono, e ridevamo a crepapelle. Ci trattava malissimo tutti. Proprio tutti» (a Claudio Sabelli Fioretti) • «Ho avuto successo. Ho fatto incassare soldi ai produttori, questa è la cosa più importante, sennò dopo ti danno un calcio e basta. Il pubblico mi ha voluto bene mentre la critica e la cosiddetta intellighencia mi ha naturalmente dato addosso. Io sono un attore brillante, ma è il nostro cinema che vuole il comico. Da noi funziona solo la comicità. Ci sarebbero altre storie da raccontare ma il pubblico vuole il comico. Da noi non c’è né Robert De Niro né Dustin Hoffman. Io che avevo un fisico borghese un po’ antipatico ho dovuto mettermi i tappi nel naso e avere l’accento milanese e rendermi credibile come amico di Jerry Calà, di Boldi e di Verdone. Io avevo un contesto aristocratico e mi sono dovuto trasformare in un bovino come loro» • Grande successo in coppia con Massimo Boldi (con cui ha rotto da qualche anno): «Maurizio Porro sul Corriere della Sera ha scritto che abbiamo fatto incassare più di mille miliardi in venti anni. O il Paese è completamente idiota, oppure i due idioti De Sica e Boldi non sono tanto idioti» • sposato con Silvia Verdone (sorella di Carlo). Due figli: Brando (vedi) e Maria Rosa. Tre grandi amici: l’attore Paolo Conticini («era un giocatore di pallone del Pisa e aveva una palestra. Gli feci un provino e capii che funzionava benissimo»); Antonio Gallo, «mio compagno di banco dal ”58 e ora direttore di produzione»; il cognato Carlo Verdone.
CRITICA «Come regista De Sica manca di ritmo e di idee; come sceneggiatore di coraggio, come attore dimostra soprattutto una somiglianza col padre» (il Mereghetti recensendo Tre) • « Walter Chiari, più bravo ed eclettico di lui, ma rimasto egualmente prigioniero del personaggio del vitellone» (Il Giornale).
FRASI «Il film di Natale è uno dei più difficili da fare. Intanto perché se reciti l’Amleto ne vieni fuori anche se sei un attore modesto, perché dietro hai Shakespeare. Qui no: se c’è un cane, il film proprio non funziona. E poi perché io devo rendere simpatici personaggi che, di solito, sono sgradevoli. Un poco come faceva Sordi» • «Ho una faccia padronale, da stronzone. Non a caso ho cominciato a lavorare con i dialetti. Quando arriverò ai 60, e ormai non manca molto, mi resteranno, come diceva papà, solo due ruoli: il generale in pensione e il cardinale» • «Pensate che c’è perfino un Christian De Sica fan club alla Bocconi di Milano, non scherzo, esiste davvero e ha 1.500 soci. Quando l’ho detto alla mamma, lei ha borbottato: saranno 1.500 deficienti».
VIZI «Siccome ho le mani bucate io i soldi neanche li vedo e mia moglie mi dà la paghetta».
TIFO Laziale dai tempi di Vacanze in America, film diretto dai Vanzina nell’85 in cui interpretava don Buro, arbitro di un Roma-Juve in terra straniera, «imparzialissimo, so’ daa Lazio, ve odio a tutte e due»: «Quando il film uscì nelle sale, si convinsero tutti che fossi un tifoso laziale. In realtà a me del calcio importava poco, ma la cosa mi fece ridere e col passare degli anni sono diventato un simpatizzante. Pure del Napoli, per ”colpa” di De Laurentiis».

DE SICA MANUEL Roma 24 febbraio 1949. Compositore. Figlio del grande regista Vittorio De Sica, fratello di Christian. Nastro d’argento 1993 per Al lupo, al lupo (regia di Carlo Verdone), David di Donatello 1996 per Celluloide (Carlo Lizzani) • «Quelli in cui io e mio padre abbiamo lavorato insieme sono stati gli anni in cui ci siamo conosciuti meglio e voluti più bene. Dal 1969 al 1973 ho composto le musiche dei suoi ultimi sei film» .

DE SIERVO UGO Savona 20 febbraio 1942. Giudice della Corte Costituzionale (docente di diritto eletto dal parlamento il 24 aprile 2002 su indicazione dell’Unione).

DE SIMONE ROBERTO Napoli 25 agosto 1933. Compositore. Dopo aver studiato piano e composizione con Tita Parisi e Renato Parodi, si è dedicato come etnomusicologo alla ricerca sulle tradizioni popolari del meridione. stato direttore artistico del Teatro S. Carlo e direttore del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli. Cavaliere delle Arti della Repubblica Francese, dal 1998 è Accademico di Santa Cecilia. Regista e autore dell’opera musicale italiana più significativa di questo dopoguerra: La Gatta cenerentola (Festival di Spoleto 1976). Tra i suoi saggi: Carnevale si chiamava Vincenzo, Il presepe popolare napoletano, La tarantella napoletana • «Uno dei più celebri, veri e completi musicisti italiani. Ma confinare quest’uomo nell’ambito della musica sarebbe un errore. Egli è compositore, regista, revisore o arrangiatore di musica antica e no; è esoterista; è studioso fra i primi delle tradizioni popolari; talché chiamarlo antropologo è il minimo che gli si debba; infine è scrittore d’alta sfera e polemista [...] Dopo i brillantissimi diplomi al Conservatorio di San Pietro a Majella, al giovane Roberto toccarono anni duri di ostracismo da parte del piccino establishment napoletano. A prescindere dai suoi atteggiamenti anticonformisti, credo spaventasse la sua inclassificabilità umana e politica: arcaico o post-moderno, di destra o di sinistra? Così per anni campò la vita facendo musica leggera, persino suonando nelle pizzerie [...] Il De Simone giovane, non ancor eruditissimo, conosceva per sapienza innata o per insegnamento famigliare e muliebre tradizioni antichissime e dimenticate. Non a caso, a onta d’una sua devozione napoletana e cattolica, non cristiana, per la Madonna e i Santi, egli è un sincretista religioso perché troppo gli costa scegliere, sacrificare al dogma una figura, un simbolo, ai quali sente di appartenere. La profondità del suo vibrare per un mondo magico-religioso più terragno e ctonio che elisio esclude ch’egli sia, come oggi è di moda, un esteta della religione. Intanto, fra perplessità e ironia di molti, De Simone incominciò, ma da musicista laureato, a interessarsi di musica folclorica raccogliendo, credo, in modo né sistematico né scientifico, ché non era il suo obbiettivo, un gran patrimonio di canzoni e canti para-liturgici campani e meridionali, affiancando ciò allo studio di quelle forme tardo-rinascimentali e proto-barocche che, per esser prodotto di musica colta e stampata, non meno sono apparentate alle pratiche dell’improvvisazione polifonica popolare. Nacque così all’inizio degli anni Settanta la Nuova compagnia di canto popolare, strumento dal Maestro coniato per interpretare e far conoscere quanto aveva scoperto e artisticamente elaborato. Il nome del complesso appare serioso e polveroso: in realtà il gruppo fu una vera rivoluzione anche sotto il profilo sociale del teatro. Ragazzi belli e, per lo più, brutti, nemmeno tanto puliti e, forse, intonati, si presentavano in scena quasi si divertissero. Davan voce a canti antichissimi e più moderni, tutti elaborati in modo che non potesse sospettarsi traccia di archeologia ”musicologica”. Invocazioni al sole che apparisse, invocazioni di fecondità alla Terra delle oscure plebi rurali europee, canti di corporazione di puttane e lavandaie. Basta aver letto Catullo e Apuleio, conoscer qualcosa sui Misteri Eleusini, per sapere che, come in ogni rito arcaico, il terribile e l’oscenoarcaico si mescolano; e un rilievo fin allora sconosciuto, perché qui basantesi sull’antropologia religiosa, ebbero i convergenti temi dell’omosessualità, dell’androginia, della castrazione, del travestimento. Realtà rimaste fino a pochissimi anni fa misteriosamente quotidiane per Napoli e Palermo, forse per il mondo, ma di rado manifestate con tanta naturalezza fuor degli appositi ghetti. Ancora nella versione registrata su video della Gatta cenerentola nella seconda stesura la scena delle cucitrici, tutti uomini travestiti, è preziosissimo documento della cadenza, dotata addirittura di aspetti di metrica quantitativa e di ”portamenti” nel parlato, che da sola valeva a socialmente qualificarli» (Paolo Isotta) • Vive solo. «Un cuore infartuato e un solo dente in bocca. Vive in affitto a due passi dal quartiere Sanità, dove le ”famiglie” hanno ripreso da qualche tempo ad ammazzarsi per strada. Piano nobile del seicentesco palazzo appartenuto ai principi De Gregorio, trecento metri quadri senza riscaldamento, pavimenti di mosaico e buchi a terra coperti di cemento, alle pareti pitture barocche di santi decollati, vetrinette piene di statue di anime dannate tra le fiamme, arpe sen