Varie, 4 giugno 2008
DA DE ADAMICH ANDRE A DE FILIPPI GIUSEPPE
DE ADAMICH ANDREA Trieste 3 ottobre 1941. Ex pilota. Giornalista • Esordio in F1 nel 1968 (Ferrari), nel 1970 disputò sei Gp con la McLaren-Alfa Romeo, nel 1972 corse con la Surtees-Ford (4° in Spagna). Passato alla Brabham-Ford (4° in Belgio) il 14 luglio 1973, a Silverstone, si scontrò con la McLaren di Jody Scheckter: estratto dalle lamiere con numerose ferite alle gambe, fu costretto a concludere la carriera • Pioniere del video, il suo Grand Prix (Italia1) va in onda dal 1979. titolare di una Scuola di guida sicura all’Autodromo di Varano de’ Melegari (Parma).
DE AGOSTINI LUIGI Udine 7 aprile 1961. Ex calciatore. Terzino-mediano, con la Juventus vinse nel 1990 coppa Italia e coppa Uefa. Giocò anche con Catanzaro, Udinese (ai tempi del brasiliano Zico), Verona, Inter. Con la nazionale (36 presenze, 4 gol), fu terzo agli europei dell’88 e ai mondiali del 1990. «Facilità di corsa, buon cross dal fondo e una ragguardevole ”botta” dalla distanza» (Dizionario del calcio italiano).
DE AMBROSIS ORTIGARA LUCA Milano 1965. Manager. Fondatore di Realty Partners. Ex amministratore delegato e direttore generale per l’Italia della società americana McArthurGlen, quella che ha importato da noi (e, prima che da noi, in Francia) il modello degli outlet • Ha sposato Giulia Ligresti (vedi).
DE ANDR CRISTIANO Genova 29 dicembre 1962. Cantante. Autore. Secondo al Festival di Sanremo 1993 con Dietro la porta. Figlio del cantautore Fabrizio De André (1940-1999) • «Nato dalla burrascosa unione fra l’appena ventiduenne Fabrizio e l’avvenente ragazza della Genova bene Enrica Rignon, detta Puni, Cristiano ha avuto un’infanzia segnata dalla vita sregolata e conflittuale dei suoi genitori da un lato, e dall’amore sviscerato che avevano per lui i nonni paterni» (Mario Luzzatto Fegiz) • «Poteva fare il professore, come il nonno, un nome a Genova, e invece no, s’è messo in gioco nel campo del padre. Ha fatto anche cose egregie» (Fabio Pozzo) • «Abile polistrumentista, maneggia con la stessa padronanza il violino e il bouzouki e il flauto, ma ha ereditato dal padre un’inquietudine esistenziale che non si è sublimata nello stesso rigore artistico» (Marinella Venegoni) • Tre figli da Carmen De Cespedes, uno da Sabrina La Rosa. Il 9 luglio 2006 fu arrestato a Santa Margherita Ligure in una camera dell’albergo Tigullio et Milan che divideva con la compagna del momento, la spagnola Clara Lafitte (avevano litigato, lei era uscita mezza nuda in giardino alle nove del mattino, poi era rientrata in albergo, qualcuno intanto aveva chiamato i carabinieri che, giunti in camera, avrebbero subito una mezza aggressione) • Fino alla fine al fianco della madre Puni, morta nel 2004.
DE ANDR LUVI (Luisa Vittoria) Tempio Pausania (Olbia-Tempio) 30 novembre 1977. Figlia del cantautore Fabrizio De André (1940-1999) e di Dori Ghezzi (vedi). Cantante. Spinta dal fidanzato Claudio Fossati (batterista e produttore, figlio di Ivano), debuttò nel 2006 con Io non sono innocente • «De Andrè è l’unico artista al mondo, insieme a John Lennon (con Julian e Sean) ad avere due figli su due che seguono le sue orme» (Mario Luzzatto Fegiz).
DE ANGELIS DOMENICO Napoli 3 marzo 1964. Banchiere. Amministratore delegato della Banca Popolare di Novara (dopo la fusione con la Verona nel 2003, appartiene alla holding del Banco Popolare, nato dopo il matrimonio con Bpi).
DE ANGELIS FRANCESCO Napoli 11 settembre 1960. Velista. Nel 2000, skipper di Luna Rossa, la condusse alla conquista della Louis Vuitton Cup. Poi altre due avventure in America’s cup non altrettanto fortunate • «Alto alto, sottile come un giunco, sobrio e concreto come tutti gli uomini di mare» (Giuseppe Meroni) • «Testardo e inflessibile con se stesso. Come gli ha insegnato suo papà, Paolo. ”Un uomo severissimo, riceveva le telefonate dei pazienti in casa dalle 15 alle 15.30 e dalle 19 alle 19.30. Ecco, nessuno poteva avvicinarsi al telefono. E il figlio doveva starsene chiuso in camera”. Anche la passione per il mare gliel’ha trasmessa il padre. Un amore cominciato a San Marco di Castellabate (Golfo di Salerno). Dopo la media, il liceo classico Umberto e l’iscrizione ad Agraria, senza arrivare alla laurea» (Agostino Gramigna) • «Io sono partito dalle barche piccole, dalle derive. Alle barche grandi sono arrivato dopo, e forse per questo mi sono formato una mentalità agonistica differente. Mi è sempre piaciuto lo sviluppo tecnico dell’imbarcazione. E sulle gare corte, soprattutto nei match-race (le gare in cui due avversari si sfidano testa a testa) ma anche nelle regate di flotta non molto lunghe, questo aspetto assume un’importanza estrema».
DE ANGELIS GUIDO Rocca di Papa (Roma) 22 dicembre 1944. Musicista. In coppia col fratello Maurizio (Rocca di Papa 22 febbraio 1947) negli Oliver Onions • «Hanno cominciato arrangiando le canzoni di Gabriella Ferri, Patty Pravo e Gianni Morandi. Poi sono diventati i più prolifici e richiesti autori di colonne sonore di film e sceneggiati televisivi di successo (Sandokan, Furia, Orzowei, Continuarono a chiamarlo Trinità, Più forte ragazzi, Due superpiedi quasi piatti, Per grazia ricevuta, Anche gli angeli mangiano fagioli, Altrimenti ci arrabbiamo, Il corsaro nero...)» (Lucia Castagna) • Anche produttore (la serie tv Incantesimo).
DE ANGELIS MARCELLO Roma 18 febbraio 1960. Politico. Nel 2006 eletto al Senato (An), nel 2008 alla Camera (Pdl). Direttore di Area, mensile patinato della Destra Sociale • «Era portavoce di Terza Posizione, un duro e puro che ha conosciuto il carcere per associazione sovversiva, ha pianto nell’ottobre del 1980 la morte in carcere del fratello Nanni, responsabile del nucleo operativo di TP, e si è poi ricostruito una vita, diventando leader dei 270 bis, una banda rock. Fra i successi musicali di nicchia, due titoli: Claretta e Ben e Settembre nero, a sostegno della lotta palestinese» (Alessandra Longo) • Il 28 aprile 2008 ha sposato nella piccola chiesetta sconsacrata delle Terme di Caracalla Francesca Di Rocco, cerimonia celebrata dall’amico Gianni Alemanno che di lì a poche ore sarebbe diventato sindaco di Roma • La sorella Germana ha sposato Luigi Ciavardini (vedi).
DE ANGELIS MILO Milano 6 giugno 1951. Poeta • «Dal momento in cui pubblicò il suo primo libro di versi nel 1976, Somiglianze, ha conquistato presso molti lettori quasi un culto - riparata la sua poesia, sempre, dal frastuono delle cronache e delle suggestioni corsive, forse troppo riparata in alcuni momenti dietro uno schermo di simboli e immagini orfiche» (Enzo Siciliano).
DE ANGELIS RENATO Salerno 7 marzo 1952. Oncologo. Compagno di Margherita Buy, dalla quale ha avuto una figlia. Testimone di nozze di Marco Tronchetti Provera.
DE ANGELIS WILMA Milano 8 aprile 1930. Cantante. Conduttrice tv • Divenne molto popolare grazie al Festival di Sanremo, suoi brani più famosi Nessuno, Né stelle né mare, Per tutta la vita (1959), Quando vien la sera e Splende l’arcobaleno (1960), Patatina (1961) ecc. • In televisione grande popolarità con il programma gastronomico Sale pepe e fantasia (Telemontecarlo), «uno dei bersagli preferiti di Blob» (Aldo Grasso).
DE ANTONI GLORIA Udine 18 marzo 1954. Giornalista. Conduttrice tv. Da ultimo di Qui si parla italiano, su Rai International con lo storico partner Oreste De Fornari • «La coppia furoreggiò (come possono furoreggiare loro, con toni minimalisti e autentica ironia) ai tempi di Magazine tre, cui seguirono Letti gemelli, Perdenti, La principessa sul pisello. Sempre precursori di grandi temi che poi le reti avrebbero cavalcato in ore e ore di programmazione, mentre i due ”De” lavorano di sintesi; sempre scopritori di talenti. Proprio a Magazine tre, ad esempio, si cominciò a conoscere Daniele Luttazzi che faceva ”lezioni di sesso”» (Alessandra Comazzi).
DE BENEDETTI CARLO Torino 14 novembre 1934. Ingegnere. Imprenditore. Presidente del gruppo Cir (Compagnie industriali riunite) e dell’editoriale L’Espresso.
2007-2008 Il 6 ottobre 2007, a Capri, parlò da un podio confindustriale, cosa che non avveniva dal 31 marzo 1995 • L’accomandita di famiglia Carlo De Benedetti & Figli è salita dal 41,9% al 45,66% di Cofide, capofila del suo impero che attraverso la Cir controlla tra l’altro l’Espresso, Sorgenia (energia), Sogefi (componentistica auto) e Hss (residenze sanitarie). «Quel che potrebbe apparir curioso è la tecnica di finanziamento usata: mettere in pegno Cofide per comprare azioni Cofide. Più precisamente l’accomandita di famiglia ha dato quasi l’intera quota di controllo, il 44,8% di Cofide, in pegno a tre istituti: Banca Intermobiliare, di cui peraltro De Benedetti è socio con poco più del 3%, custodisce il 25,8% di Cofide, il 10,7% è in pegno a Intesa Sanpaolo e l’8,3% a Montepaschi. Il vantaggio del pegno rotativo è di aver permesso all’Ingegnere di ricorrere alle linee di credito senza mettere mano al portafoglio» (Luca Fornovo).
VITA Figlio di Rodolfo (1892-1991), imprenditore. Esilio in Svizzera nel 1943 per sfuggire alla persecuzione antisemita. Laurea in Ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino (1956), lavorò in azienda col padre (Compagnia italiana tubi metallici flessibili, poi Gilardini), ne prese la guida nel 1968, nel 1976 fu chiamato alla Fiat come amministratore delegato: «Posi una condizione: vengo ma come azionista: vendo la mia azienda alla Fiat e col ricavato compro il 5% della Casa torinese. Ecco, quello fu l’errore: mi illusi di essere un copadrone». Non passarono neanche quattro mesi (4 maggio-25 agosto 1976) che se ne andò sbattendo la porta • Lasciata la Fiat, fondò la Cir, trasformando una vecchia conceria in una finanziaria. Quotata in Borsa, la sistemò dentro un’altra sua finanziaria, la Cofide. uno straordinario giocatore di Borsa (Danilo Taino: «Uno degli investitori europei più brillanti degli ultimi decenni») • Entrò in Olivetti nel 1978, proprio nel momento in cui l’azienda stava trasformandosi da meccanica in elettronica. Ad onta di vari accordi internazionali, non riuscì a riportarla agli splendori dei tempi andati (quelli di Adriano Olivetti, morto nel 1960), anzi dovette ristrutturarla e ricapitalizzarla. Nel 1997 (31 luglio) lasciò che Colaninno se la prendesse. Gli avversari lo accusano di aver speculato lungamente al ribasso sul titolo, adoperandosi in prima persona per deprimerlo (interpretazione della lunghissima discesa della quotazione negli anni Novanta). Massimo Mucchetti scrisse che alla sua uscita da Ivrea «aveva distrutto ricchezza per seimila miliardi di lire». Sua risposta: «Capii per tempo che in Europa non si potevano più fare computer. E l’Olivetti è stato l’unico produttore europeo a sopravvivere dandosi una nuova missione: gli altri sono spariti. Omnitel, da me fondata, si è rivelata la più grande creazione di valore della storia recente d’Italia». Ma perché lasciò poco prima del boom? «Fui costretto dalle banche. Soprattutto da Mediobanca. Nessuna capì le potenzialità di Omnitel. Che cos’erano i debiti della vecchia Olivetti davanti alle prospettive di quel gioiello? Niente. Ma le banche misuravano solo i metri quadri dei capannoni» • I momenti clou della sua attività negli anni Ottanta furono tre: il blitz sul Banco ambrosiano; l’internazionalizzazione del business attraverso l’acquisto della Valeo e l’Opa su Société Générale de Belgique; il tentativo di creare un forte polo alimentare comprando la Sme dall’Iri • Nel 1982 Roberto Calvi (1920-1982), presidente dell’Ambrosiano e vero padrone del Corriere della Sera (super iscritto alla Loggia P2 reduce dal carcere poco dopo cadavere sotto il Blackfriars Bridge di Londra), pressato da monsignor Marcinkus (patron dello Ior, la Banca vaticana) che voleva il saldo dei suoi crediti, chiese aiuto a De Benedetti che comprò per 32 miliardi di lire il 2 per cento della Banca. Davanti al rifiuto di fargli vedere i conti, De Benedetti minacciò di chiamare la magistratura venendo precipitosamente liquidato con un congruo margine (fallito il Banco ambrosiano, fu processato e condannato a 4 anni e 6 mesi, condanna poi annullata dalla Cassazione) • Preso un terzo della francese Valeo, fabbrica di componenti per automobili (un’acquisizione che fece epoca: il pacchetto fu rivenduto nel 1996 per più di un miliardo di dollari), tentò nell’88 di dare l’assalto alla Société Générale de Belgique ma fu bloccato dalla politica. «Peccai di troppa arroganza, perché dichiarai di aver vinto prima del tempo, e di troppa prudenza, perché lanciai l’Opa, alla quale non ero obbligato, quando avevo il 15%: sarebbe bastato rastrellare in silenzio fino al 30%, e sarebbe stata fatta» • Il caso Sme ha occupato le pagine dei giornali fino ai nostri giorni per via del processo a Berlusconi e Previti: l’Iri, guidata in quel momento da Romano Prodi, aveva deciso di disfarsene e accettò l’offerta di De Benedetti: 397 miliardi di lire da pagare in 18 mesi più altri cento miliardi provenienti da Mediobanca e Imi (soci finanziatori). Disse De Benedetti alla conferenza stampa del 30 aprile 1985: « la prima volta in Italia che un privato acquista da un ente pubblico pagando con soldi veri, non con pezzi di carta o con impegni a babbo morto». Vittorio Malagutti: «De Benedetti, che già controllava l’Olivetti, era allora più che mai sulla cresta dell’onda. Pochi mesi prima, a febbraio, aveva rilevato la Buitoni, marchio storico dell’industria italiana. Messe insieme, Sme e Buitoni facevano dell’Ingegnere il più importante imprenditore italiano del settore alimentare, con un giro d’affari di 4.000 miliardi di lire. Colossi come Barilla e Ferrero venivano distanziati. Sotto l’ombrello della Cir, la holding di De Benedetti, erano raccolti marchi importanti come Motta e Alemagna, i pelati Cirio e le patatine Pai». Prodi, all’epoca iscritto senz’altro tra i democristiani di sinistra, aveva però fatto tutto a gran velocità e senza avvertire il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, socialista e dunque per definizione nemico dei democristiani di sinistra, che ricevute le telefonate di protesta dei concorrenti della Sme decise di mandare a monte l’affare e chiese a Berlusconi il varo di una cordata alternativa (la Iar, Berlusconi più Barilla più Ferrero, offerta 600 miliardi). «Il 15 giugno si arriva al colpo di teatro. Tutto da rifare. La Sme torna a casa. Darida (ministro delle Partecipazioni statali) annuncia che la holding pubblica dell’alimentare dovrà essere messa all’asta tra i vari soggetti che hanno manifestato interesse. Infatti, oltre alla Iar, si fanno avanti un paio di altre cordate, tra cui una delle Coop rosse. Per Prodi è uno schiaffo pesantissimo. Non a caso in un memoriale inviato otto anni dopo al pool di Mani pulite, Prodi descrive il suo primo mandato alla guida dell’Iri come il ”suo Vietnam” e certo la vicenda Sme è una delle sconfitte che brucia di più. Anche De Benedetti, ovviamente, la prende molto male. Il 25 giugno del 1985, durante l’assemblea della Buitoni, l’Ingegnere spiega a un azionista che l’acquisto della Sme non gli è riuscito perché ”ci sono state interferenze politiche e perché non ho pagato mazzette”» (Malagutti). Respinti tutti i ricorsi, De Benedetti decise di lasciar perdere rinunciando all’alimentare (nel marzo 1988 Buitoni fu acquistata dalla Nestlé). Da queste sentenze ebbe origine il famoso processo Sme, basato sull’ipotesi che il giudice Filippo Verde avesse emesso una sentenza a favore di Berlusconi perché corrotto da Previti (alla fine Verde fu assolto, Previti condannato per corruzione semplice). Nel 1992 le attività Sme furono vendute separatamente a un prezzo superiore ai duemila miliardi di lire, circostanza che alimentò la polemica intorno al prezzo concesso a De Benedetti da Prodi • La ”guerra per la Mondadori” (1991) fu una battaglia legale molto complicata: De Benedetti, azionista di minoranza, strinse un patto con Luca Formenton, il cui pacchetto, ceduto a una certa data e per una certa somma, gli avrebbe dato la maggioranza. Silvio Berlusconi, a sua volta titolare di una quota di minoranza, prese a corteggiate Formenton alla sua maniera, facendogli percepire simpatia, stima, calore umano e promettendogli più denaro di quello che offriva De Benedetti riuscendo infine a convincerlo. Trattandosi però di un pacchetto di azioni ordinarie, e avendo De Benedetti passato gli ultimi due anni a rastrellare Mondadori privilegiate e risparmio (ne aveva quasi il 70 per cento), il duo Berlusconi-Formenton ottenne la maggioranza nell’assemblea dei soci ordinari (a cui le privilegiate e le risparmio non erano ammesse) e De Benedetti nelle assemblee straordinarie cosicché Mondadori e le sue partecipate (tra cui Repubblica, posseduta al 50 per cento) furono paralizzate: ogni decisione dell’assemblea ordinaria veniva rovesciata dalla straordinaria e viceversa. Andreotti, presidente del Consiglio in quel momento (1991), mandò Giuseppe Ciarrapico a metter pace. Il famoso lodo obbligò le parti ad accettare la spartizione: la Mondadori a Berlusconi; Repubblica, L’Espresso, la catena dei giornali locali Finegil a De Benedetti • Interessante riavvicinamento nel 2005 quando De Benedetti, che in opposizione a Berlusconi aveva fondato l’associazione Libertà e Giustizia, gli espose il progetto di lanciare un fondo di private equity dedicato ai risanamenti aziendali. «Tu quanto metti? – mi ha chiesto Berlusconi ”. Cinquanta milioni di euro. E allora, se sei d’accordo, farei altrettanto anch’io». Preoccupato delle reazioni di Repubblica e di Libertà e Giustizia, che s’erano pubblicamente indignati per l’intesa, De Benedetti decise infine di restituire i soldi • Fratello di Franco Debenedetti (scritto tutto attaccato, vedi) • sposato con Silvia Cornacchia (in arte Monti, già Dona delle Rose), ha tre figli (Edoardo, Marco, Rodolfo).
DE BENEDETTI MARCO Torino 9 settembre 1962. Manager. Figlio di Carlo. Capo del team italiano di buyout di Carlyle, colosso americano del private equity (da fine 2005). Membro del cda Parmalat. Ex amministratore delegato di Telecom. Iniziata la carriera professionale nel marketing presso la Procter & Gamble, nel 1990 entrò in Olivetti. Dal 1996 presidente di Infostrada, dal 1999 amministratore delegato di Tim • «Studi a Ginevra, dove la progenie dell’Ingegnere viveva per paura dei sequestri, apprendistato negli Stati Uniti dove Carlo ha sempre frequentato il meglio di Wall Street. Al primogenito Rodolfo era toccata la Shearson Lehman, banca di rango. A Marco la Wasserstein, Perella, boutique del compro e vendo nata da una costola del potente Crédit Suisse First Boston. A fargli da balia Yves Andrè Istel, un francese americanizzatosi alla svelta, consigliere di Carlo quando ancora scorrazzava per l’Europa e i giornali lo chiamavano ”il condottiero”. Da ragazzo di boutique, a Marco capita un’occasione come poche: seguire dalle retrovie l’assalto della Kkr, spregiudicata banca d’affari col nome da yogurt, alla Nabisco. Allora, siamo alla fine degli anni Ottanta, è la più grande Opa del secolo, una torta da 20 mila miliardi. La vicenda è miticamente raccontata in Barbarians at the gate, un libro scritto da due giornalisti del Wall Street Journal che per il giovane Marco diventa la bibbia, intuendo forse che dieci anni più tardi tra i barbari ai cancelli della Telecom ci sarebbe stato anche lui. Quando dice addio a New York e torna a casa, in famiglia hanno già deciso i compiti da assegnare ai due figli. Il terzo, Edoardo, ha già scelto di suo e messo radici a Ginevra dove fa il medico. Restano lui e Rodolfo: anche se i pargoli sono sempre ”piezz’e core”, l’Ingegnere capisce che i caratteri non si programmano. Rodolfo è introverso, serio fino alla noia, meticoloso, di poche parole e senza grilli per la testa: l’ideale per guidare Cir e Cofide, le casseforti del gruppo, provate dalle troppe scorribande nella finanza. Marco, brillante, mondano, pervaso da inesauste passioni per donne e automobili, andrà a farsi le ossa in Olivetti, la partecipazione più importante. Va tutto bene, finché a Ivrea non arriva il brutto tempo. E in casa De Benedetti le donne: tutte peperine e smaniose di mostrarsi in società. Con i conti al tracollo, De Benedetti lascia a Francesco Caio, giovane allievo che ha dato ottima prova di sé con i cellulari della Omnitel. Se ne pentirà per tutta la vita. Caio per lui non ha riguardi, figurarsi per il figlio che è lì che si trastulla con l’Infostrada, giocattolino divora-miliardi. Marco, in trincea, difende la sua creatura. Per poco, visto che come una meteora Caio passa e arriva Roberto Colaninno. Tutta un’altra musica. Tra i due è feeling a tal punto che quando il manager mantovano, nel frattempo diventato padrone, decide di dare l’assalto alla Telecom, Marco è sempre al suo fianco: tratta con gli investitori e le banche, girando l’Europa in lungo e in largo. Il padre se ne accorge e comincia a preoccuparsi: visto che Colaninno, altro suo allievo ribelle, non mostra alcuna sudditanza, meglio chiudere del tutto con Ivrea. Marco, secondo lui, dovrebbe comportarsi di conseguenza. Oltretutto in casa il lavoro non manca. La Cir, dopo anni di magra, ha ripreso a comprare: immobili, aeroporti e caramelle. Ma il giovane De Benedetti risponde picche. Vuol provare da solo, lontano dalla ditta paterna, dove i guai sarebbero solo suoi e i meriti inevitabilmente il frutto del nome che porta. A spingerlo i consigli della moglie Paola e il miraggio della Tim, il premio che Colaninno gli ha promesso, un colosso che in borsa capitalizza cinque volte l’azienda del padre. Paola Ferrari, grintosa conduttrice della Domenica sportiva, è l’ultima delle donne arrivate in casa De Benedetti. Conosce Paola a una cena in casa della cognata Emanuelle, moglie di Rodolfo, e dopo poco la impalma» (Paolo Madron).
DE BENEDETTI PAOLO Asti 1927. Teologo. Biblista. Docente di giudaismo • Famiglia borghese, il padre era ebreo e permise che a dieci anni fosse battezzato a patto che l’educazione religiosa gliela impartisse sua madre. «Liceo a Asti, primo anno di Filosofia alla Cattolica – tra i compagni di corso ricorda Emilio Tadini - poi è passato a Torino. Per la Bibbia e il giudaismo, De Benedetti è autodidatta. L’ebraico, un po’ di babilonese, il siriaco, l’aramaico, altre lingue orientali le ha imparate negli anni dell’università dal presidente del Tribunale di Asti» (Silvia Giacomoni) .
DE BENEDETTI RODOLFO Torino 2 luglio 1961. Imprenditore. Manager. Figlio di Carlo. Amministratore delegato Cir (l’holding industriale del gruppo di famiglia) e Cofide (holding finanziaria). Presidente di Sorgenia (produzione e vendita di energia) e Sogefi (componentistica per autoveicoli) • «Infanzia a Torino, collegio a Villarssur-Ollon in Svizzera, quindi l’università a Ginevra, prima laurea in Economia, l’altra in Giurisprudenza. Comincia a lavorare con Mathysen Gers, socio della Lombard Odier, banca ginevrina dove si fa le ossa per un anno. Nell’87 prende casa a New York appena sposato con Emanuelle de Villepin: nella Grande Mela, dove la moglie, esuberante e bellissima, diventa ambìta nei salotti più chic – resta un anno alla scuola di Peter Cohen della Shearson Lehman, giusto il tempo per assistere al black monday della Borsa di Wall Street. Rientra in Italia nell’88, come direttore Affari esteri di Cofide alla vigilia della scalata del gruppo De Benedetti alla Société générale de Belgique e della guerra con la Fininvest sulla Mondadori. Non c’è tempo per la gavetta, Rodolfo è chiamato dal padre in prima linea. Cresce in fretta: nel 1990 è direttore generale della Cir, tre anni dopo amministratore delegato (e nel 1995 farà il bis con la Cofide). Una corsa a ostacoli che si conclude il 31 luglio 1997, quando l’Olivetti passa sotto il controllo di Roberto Colaninno. Esce ovviamente dal board Rodolfo, che si concentra sulla finanza, sull’editoria (gruppo Espresso-Repubblica), su Internet (da Cirlab a Kataweb). O sulle licenze dell’Umts, sull’Energia, sugli Aeroporti, fino agli infiniti nuovi business» (Monica Setta) • «Un imprenditore fuori dagli schemi. Che veste casual, pantaloni di velluto a coste e maglione, in una città ossessionata dalla moda, Milano» (la Repubblica) • Tre figli: Neige, Alix e Mita.
DE BERARDINIS LEO Gioj Cilento (Salerno) 3 gennaio 1940. Attore. Regista. Studi al Piccolo Teatro di Milano. Nel 1993 vinse l’Ubu con I giganti della montagna. Dal 1993 al 1997 diresse il Festival di Santarcangelo. «Attori si nasce ma si diventa. Le capacità naturali vanno rigorosamente affinate nella tecnica, poi bisogna far sparire la tecnica. Come nelle arti marziali» • «Aveva iniziato negli anni Sessanta (con Perla Peragallo, compagna di scena e vita per 15 anni) nelle cantine romane, poi giù fino a Marigliano a ”contaminarsi” con la sceneggiata e una realtà sociale degradata» (Emanuela Garampelli) • Dal 16 giugno 2001 è in coma irreversibile (non si è ripreso dall’anestesia per un intervento di chirurgia plastica). I familiari hanno chiesto alla Casa di Cura bolognese Villa Torri un risarcimento di circa 4 milioni di euro .
DE BERNARDI TONINO Chivasso (Torino) 1937. Regista. Tra i suoi film Appassionate (1999) e Médée miracle (2007).
DE BERNARDIS PAOLO Firenze 1 febbraio 1959. Fisico. Premio Balzan 2006. Docente di astrofisica all’Università La Sapienza di Roma • «Ha chiarito la forma dell’Universo, lo ha ”pesato” e ha capito con esattezza quanti anni ha» (Stefano Pisani) • «Con l’esperimento Boomerang (Balloon Observations Of Millimetric Extragalactic Radiation and Geomagnetics) abbiamo ”spiato” la radiazione cosmica di fondo, cioè una radiazione emessa qualche microsecondo dopo il Big Bang, e che ancora oggi sopravvive, come un fossile, nel cosmo. E proprio come i fossili, ci dà informazioni sull’epoca da cui proviene, circa 13,5 miliardi di anni fa».
DE BLANCK GIADA Roma 13 gennaio 1981. Figlia di Patrizia De Blanck, divenne personaggio grazie alla trasmissione Chiambretti c’è (regia di Gianni Boncompagni). Ogni sera il programma mostrava nobili in salotto, riuniti in genere nella casa di Patrizia De Blanck e sollecitati a commentare i fatti del giorno o, più semplicemente, a dire sciocchezze (commenti e sciocchezze spesso coincidevano). Tra gli ospiti, la contessina Giada, cinguettante e imbarazzata. Divenuta personaggio, ha partecipato ad altri programmi (in testa L’isola dei famosi) ed è diventata oggetto d’interesse dei rotocalchi.
DE BLANCK PATRIZIA Roma, scorpione (di più non fa sapere, secondo Wikipedia è nata il 10 settembre 1940, nel qual caso sarebbe però vergine). Contessa. Vista in tv (Chiambretti c’è, Il ristorante). «Mamma mi voleva su un trono, ho mandato a quel paese anche lei» • Figlia del gerarca fascista Asvero Gravelli, figlio segreto di Mussolini: «Il padre vero non è quello che ti ha dato la vita e messo al mondo, ma quello che ti ha cresciuta, allevata, educata, ti è stato vicino. E per me è l’ambasciatore cubano conte Guillermo de Blanck, che, sposando mia madre Lloyd, riconobbe me e mio fratello Dario come figli legittimi. E infatti io non sono italiana, ma cittadina cubana e inglese, perché all’età di 15 anni e mezzo sposai un baronetto britannico. Furono le mie prime nozze, finite dopo 3 mesi perché trovai il maritino a letto con... il mio migliore amico. Comunque, questo non c’entra, la mia vita è tutta un’avventura: il mio secondo marito Peppino Drommi aveva sposato in prime nozze Anna Casati Stampa (celebre giallo del 1970 - ndr); un mio fidanzato è stato Farouk Chourbagi, amante di Claire Bebawi (protagonisti di un altro celeberrimo caso nel 1964 - ndr)» (a Costantino Muscau).
DE BORTOLI FERRUCCIO Milano 20 maggio 1953. Giornalista. Dal 2004 direttore de Il Sole-24 Ore. Dal 1997 al 2003 direttore del Corriere della Sera • Laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano, nel 1973 cominciò a lavorare per il Corriere dei Ragazzi, rimanendovi come praticante per un paio d’anni. Fino al 1978 al Corriere d’Informazione, nel 1979 passò al Corriere della Sera per occuparsi di economia, sindacato, attualità politica. Caporedattore dell’Europeo e del Sole-24 Ore, nell’87 tornò al Corriere come caporedattore dell’economia e commentatore economico, nel 1993 divenne vicedirettore. La sua direzione al Corriere fu tra le più lunghe degli ultimi decenni, una longevità che secondo molti fu possibile per lo speciale rapporto con l’avvocato Agnelli. Alla guida del Sole lo volle con determinazione Luca Cordero di Montezemolo, all’epoca presidente di Confindustria • Al Corriere «de Bortoli ha retto l’assalto di Repubblica, irrobustito il carattere nazionale della testata (che da sempre vende oltre tre quarti delle copie in Lombardia) aprendo dorsi locali ben fatti e ben diretti, guidato con fermezza la redazione senza provocare un giorno di sciopero. stato corretto ma fermo con la proprietà come con il cdr. Soprattutto, è stato fermo con Berlusconi, senza snaturare il giornale, senza portarlo a sinistra (cosa non difficilissima, basta chiedere di tanto in tanto un fondo a Galli della Loggia)» (Il Riformista) • «Per indole, De Bortoli è stato un direttore ”di macchina”, nel senso migliore del termine: attento all’artigianato, alla fattura delle pagine, alla vivacità cronistica di un giornale che deve stimolare gli intellettuali e piacere anche ai commercianti e ai taxisti, soprattutto a Milano. Ma spesso ha scritto, lasciando il segno: come quando, con un suo fondo, ha schierato il Corriere contro la guerra in Iraq. Senza teorizzarlo, De Bortoli è stato un ”terzista”, com’è di moda dire per indicare chi non ama intrupparsi in uno schieramento, di sinistra o di destra» (Giulio Anselmi) • Nell’ottobre 2007 sporse querela per molestie telefoniche: qualcuno che si spacciava per lui aveva contattato in due mesi 200 imprenditori e manager fissando appuntamenti che ovviamente poi disertava (fra le vittime dello ”scherzo” Salvatore Ligresti, Sergio Pininfarina, Marcellino Gavio, Luigi Zunino, Flavio Cattaneo, Giovanni Arvedi, Roberto Poli, Alfio Marchini ecc.) • Nel gennaio 2008 ha ricevuto una busta con due proiettili, mittente la mafia, indispettita per la battaglia di Confindustria in Sicilia; altri proiettili, nello stesso mese, dalla Calabria per via di una cartiera chiusa («Se non verrà riaperta ci faremo giustizia da soli», stesso avvertimento ai colleghi Ezio Mauro di Repubblica e Paolo Mieli del Corriere della Sera) • Sposato, due figli • Tifa per il Milan.
DE BOSIO GIANFRANCO Verona 16 settembre 1924. Regista. Dal 1957 al 1968 diresse il Teatro Stabile di Torino: «Come sala avevamo soltanto il Gobetti. Cominciammo con Liolà con le coreografie di Susanna Egri. Facemmo tournée in Russia, in Sudamerica. Andammo con Il Ruzante a dare fastidio ai franchisti, in Spagna. Mettemmo in scena Se questo è un uomo con il contributo di Primo Levi». Tra i film, Il terrorista (1963), riproposto nel 2007 al Torino Film Festival (nella sezione morettiana ”L’amore degli inizi”): « un film sulla Resistenza, non su Al Qaeda». Per la tv, lo sceneggiato Mosè (1974, con Burt Lancaster) • Nella storia la regia, molto innovativa per i tempi, del Ballo in maschera diretto nel 1986 alla Staatsoper di Vienna: direttore d’orchestra Claudio Abbado, scene di Emanuele Luzzati, interpreti Luciano Pavarotti, Gabriele Lechner, Ludmila Schemtsuk, Piero Capuccilli • Insegna al Piccolo di Milano.
DE BUSTIS VINCENZO Roma 12 luglio 1950. Banchiere. Amministratore delegato di Deutsche Bank Italia (dal 2003). Ex amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena (2000-20003) • «Cresciuto professionalmente nel triangolo capitolino Banca di Roma, Cofiri, Bnl, quando arrivò in Puglia, nel 1992, la Banca del Salento aveva 877 dipendenti e 5 mila miliardi di lire di raccolta. Otto anni dopo, in partenza per la direzione generale della banca senese, l’istituto di credito salentino, ribattezzato Banca 121, poteva vantare 16 mila miliardi di raccolta, 1400 dipendenti e 1700 promotori. Si fregiava del titolo di miglior ”Virtual bank” italiana, ovvero pochi vecchi sportelli e tanto internet. Una crescita a mille grazie anche alla consulenza di Giorgio Mariotti vecchio marpione della Borsa negli anni Settanta e Ottanta. D’Alema rimase impressionato dalla creatività e anche dalla grinta di un banchiere che stava facendo così bene proprio nel suo feudo salentino. Le loro strade rimasero separate fino al 1996. Non si può dire allora che De Bustis sia un ”banchiere rosso doc”. Semmai un trasversale, come lo ricordano a Siena» (La Stampa) • Problemi per alcuni spericolati prodotti finanziari (MyWay e ForYou) varati ai tempi in cui stava a Banca 121. Chiacchiere perché Deutsche Bank finanziò le scalate di Fiorani e Consorte.
DE CAPITANI ELIO Taleggio (Bergamo) 1953. Attore. Regista. Drammaturgo. Direttore dei Teatridithalia. Nel 2008 ha vinto l’Ubu come miglior attore non protagonista per Angels in America • « stato negli anni Settanta il co-fondatore del Teatro dell´Elfo (oggi Teatridithalia) con Gabriele Salvatores, amico e sodale per anni, poi negli anni Ottanta la separazione, Salvatores che fa il cinema, De Capitani nel teatro dove ogni anno firma regie e recita da attore» (Anna Bandettini) • noto al grande pubblico come un Caimano (Silvio Berlusconi) del film di Nanni Moretti: «Le imitazioni mi piacciono. Faccio molto bene Dario Fo e Paolo VI».
DE CAPRIO SERGIO vedi ULTIMO.
DE CARLO ANDREA Milano 11 dicembre 1952. Scrittore. «Il mio problema è che vendo, e per quasi tutti i critici i romanzi che vendono sono commerciali. Se non sono noiosi, non piacciono» • Figlio del grande architetto Giancarlo (1919-2005). Scoperto nell’81 da Italo Calvino che scrisse la prefazione a Treno di panna (Enaudi). Altri libri: Uccelli da gabbia e da voliera (Einaudi 1982), Macno (Bompiani 1984), Yucatan (Bompiani 1986), Due di due (Mondadori 1989), Tecniche di seduzione (Mondadori 1991), Arcodamore (Bompiani 1993), Uto (Bompiani 1995), Di noi tre (Mondadori 1997), Nel momento (Mondadori 1999), Pura vita (Mondadori 2001), I veri nomi (Mondadori 2002), Giro di vento (Bompiani 2004), Mare della verità (Bompiani 2006), Durante (Bompiani 2008) • «Gli scrittori possono dividersi sommariamente in scrittori-letterati e in scrittori-scrittori, immersi anche nella dimensione quasi fisica del proprio lavoro. Io sento di appartenere a questa seconda categoria» • «Le donne sono molto presenti nella mia vita. Mi trovo quasi sempre ad avere a che fare con amiche, ex mogli, compagne. Sono uno dei motivi principali della mia vita. Ho bisogno delle donne, di dialogo e di consultazione. Al di là dell’attrazione erotica, che è molto importante, si innestano altre ragioni come il desiderio di comunicazione. Tra uomini vi sono ragioni animali che rendono il rapporto complicato. Ci sono confronto e rivalità che con le donne non esistono. Mi sono piaciute donne molto diverse. Ho cercato da un lato una donna artista, dall’altro una donna rassicurante che possa essere la sponda di un artista. Come idea cerco una ventenne con una testa da coetanea, ma è difficile. Le donne con cui comunico meglio hanno una decina d’anni meno di me. Mi piace molto andare a cavallo. I confini tra ozio e lavoro nella scrittura sono molto sottili. Sono molto alla ricerca di una dimensione spirituale. Non so quale religione. Certo non sono cattolico» (ad Alain Elkann) • «Ai premi ho deciso di non partecipare. Sono manifestazioni nelle quali si avviano i meccanismi perversi delle case editrici, in cui si esercita la connivenza e il potere di ricatto» • «Nell’88 girai la riduzione di Treno di panna, con Carol Alt che mi fu imposta dai produttori. Accumulai in quel film tutti gli errori possibili, feci tutte le cose che non si debbono fare, ero caduto insomma in tutte le trappole immaginabili: ma credo di essermi vaccinato con quell’esperienza» • Suona la chitarra • Vive a Montefeltro (Urbino).
DE CAROLIS ADRIO Paderno Dugnano (Milano) 27 giugno 1967. Imprenditore. Presidente e amministratore delegato di Dmail, azienda specializzata nelle vendite su catalogo di gadget e articoli per giardinaggio che tra le altre cose possiede una serie di periodici locali.
DE CARMINE RENATO Roma 23 febbraio 1925. Attore. Dal 1961 nella compagnia del Piccolo Teatro di Milano, nel 2007 visto nella serata in omaggio a Paolo Grassi e Giorgio Strehler per i sessant’anni del teatro. Dal 1954 in tv (La prosa del venerdì), partecipò tra l’altro allo sceneggiato Piccolo mondo antico (1957). Più di recente è stato l’ispettore Piperno della serie Linda e il brigadiere (1997). Da ultimo ne Il nostro messia di Claudio Serughetti.
DE CASTRO PAOLO San Pietro in Vernotico (Brindisi) 2 febbraio 1958. Politico. Nel 2008 eletto al Senato col Pd (nel 2006 alla Camera con l’Ulivo). Ministro dell’Agricoltura nel D’Alema I e II (1998-2000) e nel Prodi II (2006-2008). Laureato in Economia agraria e docente universitario presso le Università di Bologna, Sassari e Washington, fu fino al 1996 responsabile scientifico dell’osservatorio agro-industriale del centro studi Nomisma di Bologna • «Prodiano doc si è emancipato da una ”macchia” agli occhi del capo: aver accettato nel 1998 un ministero del governo D’Alema, nei giorni in cui ”baffino” era considerato come una sorta di traditore» (Fabio Martini) • «Come tutti, ho il mio sogno nel cassetto. Un sogno ambizioso e forse irrealizzabile: vorrei fare il commissario europeo».
DE CATALDO GIANCARLO Taranto 1956. Magistrato. Giudice alla corte d’Assise di Roma. Scrittore. «Ogni volta che mi metto davanti alla pagina bianca, sto per avviare un nuovo progetto, un nuovo sogno, vado a dormire chiedendomi che cosa inventerò domani per i miei eroi di carta. Non è magnifico?» • Autore di Romanzo criminale (Einaudi 2002), ispirato alla storia banda della Magliana, l’organizzazione criminale che tra il 1977 e la metà degli anni Ottanta si dedicò all’usura, alle scommesse clandestine, al traffico d’armi, al commercio di droga (per poi essere da lui giudicata). Elsa Vinci: «Non è soltanto un affresco sulla mala di Roma, senza romanticismo somiglia a un’epopea». Michele Placido ne trasse nel 2005 un film di grande successo • «Il suo nome viene accostato a quello del geniale maestro del thriller americano, James Ellroy: per la felicità assoluta con cui De Cataldo riscrive e declina in chiave noir la recente storia italiana» (Francesco Fantasia) • «Io credo nella narrativa che racconta la realtà, non m’interessano i romanzi depressi, minimalisti, con un protagonista monologante in un interno borghese. Credo nelle storie d’azione, nelle passioni forti: i miei maestri sono Salgari e Sergio Leone» • Risposte standard per chi gli chiede del rapporto tra scrittore e magistrato: «C’è quello che va rassicurato sul fatto che non condanno personaggi di fantasia e non assolvo colpevoli in carne e ossa perché mi sono letterariamente simpatici; quello che mi accusa di essere una specie di quinta colonna del crimine o l’ultimo nostalgico della III Internazionale e gradirebbe che si impedisse ai giudici di pubblicare libri; quello angosciato dal tempo a cui dico che non so giocare a tennis e che, in definitiva, del mio tempo libero dispongo come più mi aggrada» (a Sara Cascelli) • Altri libri: Nero come il cuore (2006), Nelle mani giuste (2007), Onora il padre (2008), tutti pubblicati da Einaudi.
DE CECCO SATURNINO Fara San Martino (Chieti) 21 gennaio 1966. Imprenditore. Il più giovane dei tre cugini che guidano la ”griffe” italiana dello spaghetto fondata nel 1886 da Nicola De Cecco, gli altri sono Filippo Antonio De Cecco (1944) e Giuseppe Aristide De Cecco (1956), ognuno è a capo di un ramo familiare che ha un terzo del capitale • «Pilota di elicotteri e grande appassionato di bicicletta e di maratone» (La Stampa).
DE CENSI GIOVANNI Berbenno in Valtellina (Sondrio) 1 marzo 1938. Banchiere. Presidente del Credito Valtellinese, vicepresidente di Abi e della Confederazione internazionale delle banche popolari.
DE CESARIS ANDREA Roma 31 maggio 1959. Ex pilota di Formula 1. Nel 1983 arrivò 2º in Germania e Sudafrica (su Alfa Romeo) • «14 stagioni e 208 gare, queste realizzate in dodici scuderie diverse e con quel soprannome che tuttora lo insegue: Andrea De Crasheris, Andrea dai troppi incidenti. La sua era una guida selvaggia, sempre generosa» (Corrado Zunino).
DE CONCINI ENNIO Roma 9 dicembre 1923. Sceneggiatore. Tra i suoi film: L’ebreo errante (Alessandrini 1947), Il grido (Antonioni 1957), Un maledetto imbroglio (Germi 1959, premiato col Nastro d’argento), La maschera del demonio (M. Bava 1960), Divorzio all’italiana (Germi 1961, Nastro d’argento e Oscar). Diresse Gli ultimi giorni di Hitler (1973). Per la tv firmò, tra l’altro, La piovra 1 e 2.
DE COPPI PAOLO Conegliano (Treviso) 24 gennaio 1972. Chirurgo pediatrico dell’università di Padova e del Great Ormond Street Hospital di Londra. Membro del team che ha trovato e isolato le cellule staminali nel liquido amniotico in cui galleggia il feto (scoperta che promette di salvare le vite di milioni di persone).
DE CORATO RICCARDO Andria (Bari) 1 novembre 1951. Politico. Vicesindaco di Milano (dal 1997 al 2005 con Gabriele Albertini, adesso con Letizia Moratti). Eletto al Senato nel 1994, 1996, 2001, alla Camera nel 2006 e 2008 (An poi Pdl) • Giovane consigliere provinciale del Msi, poi consigliere comunale a Milano, «per quindici anni denuncia irregolarità nella gestione della Metropolitana e della Sea; protesta contro appalti e progetti edilizi (ad esempio l’area del Portello) poco chiari, favoritismi e nomine poco trasparenti. Ai tempi di Mani Pulite propone, invano, di assegnare l’Ambrogino d’oro ai magistrati del pool» (Susanna Marzolla).
DE CRESCENZO EDUARDO Napoli 8 febbraio 1951. Cantante. Noto soprattutto per Ancora! (al Festival di Sanremo 1981 vinse il premio della giuria di qualità presieduta dal regista Sergio Leone) • «Siamo riusciti a portarla al Festival solo grazie a un accordo. Claudio e la Ricordi avrebbero portato Alberto Sordi all’Ariston in cambio della mia partecipazione. Uno scambio di favori».
DE CRESCENZO LUCIANO Napoli 20 agosto 1928. Scrittore. Tra i suoi molti libri: Così parlo Bellavista (1977), Storia della filosofia greca (1983), Panta rei (1994). Da ultimo Il pressappoco. Elogio del quasi (Mondadori 2007). «Se un autore è divertente, per ottenere un giudizio positivo deve almeno morire».
VITA «Mia nonna aveva dieci figli. Qualcuno si era creato una famiglia, ma nubili e scapoli, ovvero zio Luigi, zio Alfonso, zia Maria e zia Olimpia, vivevano con noi. E poi c’era la balia, la mia buonissima Rosa» • cresciuto nel quartiere S. Lucia di Napoli, con Carlo Pedersoli-Bud Spencer che lo difendeva dai pugni degli altri ragazzini • «Negli anni Cinquanta lavoravo in una casa chiusa. All’epoca ero studente universitario e mi guadagnavo da vivere portando i conti alla Pensione Gianna, casa di tolleranza situata a Napoli, in via Sedile di Porto, nei pressi dell’università» • Ingegnere all’Ibm, nel 1977 guadagnava 700 mila lire al mese (che era molto): «Ma m’annoiavo, così scrissi Così parlò Bellavista. Maurizio Costanzo a una festa s’appassionò alla storia e disse: ”Perché non la racconta in tv?”. Fui il primo autore la cui copertina fu mostrata alla telecamera» • Ha fatto anche l’attore in molti film (tra questi Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmüller con Sofia Loren) e ha presentato programmi televisivi di successo. Ha raccontato per la tv tutta la mitologia greca, imponendo le riprese su pellicola in modo da diminuire il rischio di deterioramento • Nel 1961 si è sposato e ha avuto una figlia. Oggi è nonno.
CRITICA «Che l’uomo sia molto simpatico può immaginarlo soltanto chi lo abbia visto e sentito parlare in qualche talk show televisivo. Coloro che lo conoscono di persona, compresi quelli che più gli vogliono bene, sanno invece che per sopportarlo ci vuole molta pazienza. Giacché lui, ogni volta che incontra un amico, non riesce mai a parlare che di se stesso e dei propri libri, dei quali non manca mai di evocare, con raffiche di cifre favolose circa le copie vendute in Italia e all’estero, la strepitosa carriera nel mondo. Che come scrittore valga poco è invece un’idea scaturita dall’efficacia congiunta di due micidiali passioni: l’invidia, che intossica il vasto popolo di quegli autori di ogni genere e lignaggio che i dispettosi numi del mercato letterario si ostinano a torto o a ragione a escludere dall’eldorado delle tirature miliardarie; e lo snobismo, che istiga al disprezzo legioni di scrittori che, essendo al tempo stesso grossolani e schifiltosi, non possono sottrarsi al pregiudizio secondo il quale successo e qualità sono per definizione» (Ruggero Guarini).
FRASI «Per me i tre esseri umani più importanti sono, nell’ordine: Fellini, Socrate e Gesù» • «L’epicureismo non è, come generalmente si crede, perseguire il massimo del piacere, ma minimizzare il dolore. Detto ciò, sono pronto a definirmi epicureo» • «Lo studio non è lavoro ma la forma più gloriosa di gioco» • «Il mio funerale si terrà minimo alle ventidue... alle undici di mattina i miei amici dormono tutti».
RELIGIONE «Una sera ero a Porta a Porta. L’argomento era la fede. Margherita Hack disse: ”Sono atea”. Un pochino lo sono pure io, però non lo dissi. Avere fede fa vivere meglio. Se uno magari mi ascolta e si lascia convincere che Dio non esiste, finisce che gli faccio del male e, quindi, compio peccato».
VIZI Non usa i soldi: «Non ho nemmeno la carta di credito. Entro nei negozi, compro e non pago. Dico: ”Passerà Edoardo”. Edoardo è il mio assistente. Ma ci potete provare anche voi, basta usare il tono giusto. Bisogna comprare molto e uscendo, disinvolti: ”Passerà Edoardo”» • «Avaro io? Dipende dalla cifra: sotto le 100 mila lo sono, sopra i dieci milioni no» (quando ancora c’era la lira) • afflitto da una patologia che gli impedisce di riconoscere i volti delle persone, la prosopoagnosia (nei casi più gravi si può addirittura non identificare il proprio volto riflesso nello specchio): «Se sono invitato in casa di amici e ci sono altri ospiti, cerco di arrivare prima degli altri per sapere i nomi di chi incontrerò. In questo modo, quando gli ospiti arrivano sono in grado di riconoscerli» (a Rita Pomponio) • Quando aveva poco più di vent’anni, Isabella Rossellini ebbe una storia con lui, allora quasi cinquantenne. «Il suo editore, che era anche il mio, mi pregava: ”Isabella, fallo soffrire”» (pensava che le pene d’amore ne facessero esplodere la creatività come nient’altro). «Da giovane e crudele quale ero allora, ho contribuito alla sua fuga verso la stratosfera degli interrogativi filosofici. Gli dissi: ”Luciano, sei l’amante più vecchio che abbia mai avuto”. Mi rispose: ”Anche tu”» • «Per me la peggior cosa è un rivale di pari grado. Se la mia donna mi tradisce con Totti, soffro di meno che se va con Bevilacqua lo scrittore».
TIFO Napoli: «La mia prima partita fu contro l’Ambrosiana, perdemmo 1-0: piansi per quella sconfitta».
DE CRESCENZO PAOLO Napoli 1 gennaio 1950. Ex giocatore di pallanuoto. Ex allenatore. Ha vinto 13 scudetti (4 da giocatore con la Canottieri Napoli, 9 da allenatore col Posillipo), 3 Coppe dei Campioni (una da giocatore con la Canottieri Napoli, due da allenatore con il Posillipo) ecc. «Nello sport lavori per un obbiettivo. Nella vita normale è più difficile. Trovo più gratificante lo sport, forse la spiegazione è che sono io a muovermi meglio» • Ha allenato la nazionale: «In azzurro ho provato la gioia massima e la delusione più cocente». Il massimo è la finale ai mondiali di Barcellona (2003): imbattuta per tutto il torneo, la nazionale fu sconfitta 11-9 ai supplementari contro l’Ungheria. L’amarezza alle Olimpiadi di Atene (2004): «I giochi olimpici, però, sono un’altra esperienza indimenticabile».
DE DONATO AGNESE Bari. Vive e lavora a Roma. Negli anni Sessanta animatrice di Al Ferro di Cavallo (via Ripetta 67), all’epoca «la libreria più bizzarra di Roma», frequentata da Ezra Pound, Giuseppe Berto, Moravia, Fellini, Pasolini, Carlo Levi, Ungaretti ecc. • Papà grande avvocato, fratello editore Prima di diventare libraia «non avevo fatto altro che la bella vita, due mariti, prima del terzo che avrei sposato nel 1959». Studiò Giurisprudenza a Bari con Aldo Moro. Nel 1970 fu una delle fondatrici della rivista femminista Effe. Negli anni successivi ha lavorato come fotografa e giornalista. Svolge attività di ufficio stampa.
DE DONNO MARCELLO Lecce 7 febbraio 1941. Ammiraglio • «Ha comandato la Marina. Ha spedito nel Golfo Persico la Garibaldi con a bordo gli Harrier per gli attacchi in Afghanistan» (Marco Nese) • Da ultimo impegnato col volontariato in Africa.
DE FEO DIANA Torino 9 marzo 1937. Giornalista. Della Rai (inviata speciale del Tg1). Sposata con Emilio Fede (due figlie, Simona e Sveva). Nel 2008 eletta al Senato col Pdl. «Il Cavaliere è un uomo piacevole e divertente, se Emilio lo stima fin verso l’adorazione il mio atteggiamento non è tanto diverso: quando scese in campo mi apparve come un Salvatore» • Figlia di Italo De Feo: «Fu comunista e capo segreteria di Togliatti, lasciò il Pci nel ”46, il suo migliore amico era Saragat, per casa giravano Nenni e De Gasperi, la passione ce l’ho da allora» (a Giovanna Cavalli).
DE FEO PAOLO Mirabella Eclano (Avellino) 3 ottobre 1942. Industriale. Uno dei 13 membri del Consiglio Superiore della Banca d’Italia • «Erano della sua azienda i telefoni arancioni a scheda magnetica che innovarono le strade italiane agli inizi degli anni ”90» (Antonella Rampino).
DE FERRA GIAMPAOLO Trieste 30 giugno 1929. Avvocato. Membro del Consiglio Superiore della Banca d’Italia.
DE FILIPPI GIUSEPPE Roma 17 settembre 1964. Giornalista. Del Tg5 • «Sotto la direzione di Carlo Rossella, De Filippi ha confezionato un servizio con durissimi attacchi alla collega Maria Volpe e al sottoscritto, rei di aver commentato i primi dati sull’ascolto delle reti satellitari. La colpa? Di aver scritto che certi numeri si pesano e non si contano, che il pubblico della pay può essere più interessante per i pubblicitari di quello della generalista» (Aldo Grasso).