Panorama 5 giugno 2008, KLAUS DAVI, 5 giugno 2008
Erasmo innamorato. Panorama 5 giugno 2008 «Da quando il mio amore per te, mio carissimo Servatius, è sempre stato ed è ancora così grande, che tu mi sei più caro di questi occhi, di quest’anima, del mio essere, che cosa ti ha reso così inesorabile che tu non solo non mi ami, ma non hai considerazione per chi più ti ama? Se è così disumano da amare chi odia e odiare chi ama?»
Erasmo innamorato. Panorama 5 giugno 2008 «Da quando il mio amore per te, mio carissimo Servatius, è sempre stato ed è ancora così grande, che tu mi sei più caro di questi occhi, di quest’anima, del mio essere, che cosa ti ha reso così inesorabile che tu non solo non mi ami, ma non hai considerazione per chi più ti ama? Se è così disumano da amare chi odia e odiare chi ama?». Parole forti, intense, travolgenti e, a detta di molti storici autorevoli quali Peter Burke e Jonathan Goldberg, inequivocabili: raccontano, questa e numerose altre lettere, una fra le storie d’amore più intense, ma anche più misconosciute, dei secoli della Riforma. Quella fra Desiderius Erasmus, noto universalmente come Erasmo da Rotterdam, celebre umanista, e il suo connazionale Servatius Rogerus, poco più giovane del magister olandese. Desiderius conobbe l’avvenente Servatius nel 1487, durante la sua permanenza nel convento di Emmaus nei pressi di Gouda, in Olanda. Secondo i biografi i due, pur convivendo a pochi metri di distanza, ebbero solo poche fuggevoli ma significative occasioni di incontro. Lo storico Rictor Norton, autore dell’interessantissimo My Dear Boy: Gay Love Letters Through the Centuries (Leylan Publications, San Francisco,1998), descrive i probabili approcci, plausibilmente avvenuti nella cappella, come «incontri furtivi». Pochi intensi minuti dai quali scaturì, eclatante, l’amore di una vita. Un sentimento cui dobbiamo, soprattutto, alcune tra le più sentite epistole del primo periodo di vita del più grande intellettuale dell’Europa del tempo. Quasi completamente ignorate in Italia, a causa del clima omofobo dell’epoca fascista, le lettere d’amore di Erasmo a Servatius hanno invece scatenato l’interesse degli storici di tutto il mondo fin dai lontani anni Trenta. Nella biografia da lui redatta, titolo Erasmus (1933, London, Spottiswoode, ristampata nel 2007 dalla Kessinger Publishing), lo storico inglese Cristopher Hollis scriveva esplicitamente: «Erasmo trovava i giovani uomini estremamente attraenti e si rivolgeva loro con un linguaggio estremamente affettuoso». Ora che è prevista una prossima nuova edizione dell’epistolario erasmiano Erasmus’s Letter to Servatius Rogerus (J. C. Maxwell - The Modern Language Review, Vol. 53, No. 4, Oct., 1958) e che la Kessinger Publishing London, nel 2007, ha iniziato a rieditare tutte le lettere di Erasmo, è propizia l’occasione per una meditata riflessione su questi straordinari documenti. In tal senso le lettere di Erasmo aiutano, meglio di qualsiasi speculazione intellettuale, a ricostruire chiaramente la dinamica dei fatti. L’amore nato nelle anguste celle conventizie si infuocò quando l’allievo fece capire chiaramente al maestro di non volerne sapere. Un rifiuto che minò il già fragile equilibrio psicologico dell’autore dell’Elogio della follia, nato dall’illegittima relazione tra un prete, Roger Gerard, e la figlia di un medico di Rotterdam e rimasto orfano di entrambi a causa della peste del 1483. Questo recente lutto, da una parte, e il conseguente disagio affettivo, dall’altra, probabilmente lo spinsero a esporsi in modo più che esplicito, cosa che avvenne raramente nel prosieguo della sua vita. A più riprese l’umanista scrisse di «amanti per i quali non c’è nulla di più penoso che rinunciare a incontrarsi» auspicando che arrivasse presto il «tempo in cui non ci sarà più bisogno delle lettere e potremmo incontrarci di persona». Nella stessa missiva accusa il giovane di «pensarlo poco» e di averlo «dimenticato». In una lettera successiva, evidentemente deluso per la scarsa disponibilità di Servatius nel corrisponderlo, è lapidario: «Non mi ami e non hai considerazione per chi ti ama». Il penchant del filosofo di Rotterdam per i bei ragazzi non si esaurì con il rifiuto di Rogerio. Norton riferisce di come l’umanista trovò nel biondo Wiliam Hermand di Gouda, nipote di uno dei suoi ex studenti, un partner questa volta molto più sensibile alle sue avance. In una lettera scrisse infatti che «tra lui e me c’è un’amicizia così intima che si potrebbe dire che abbiamo una mente in un sol corpo.» Tra gli erasmiani il profluvio di lettere mandate a bei ragazzetti ha scatenato una guerra feroce obbligando Chris Crawford a pubblicare nel suo sito dedicato a Erasmo (www.erasmatazz.com) il saggio Vi spiego perché Erasmo non era gay. Una difesa d’ufficio cui indirettamente risponde Jonatha Goldberg, professore di letteratura inglese alla Johns Hopkins University, che rileva nel suo Sodometrie: testi rinascimentali, sessualità moderna (Stanford, 1992) come il corpus delle lettere d’amore di Erasmo non sia altro che la mera applicazione degli artifizi retorici che lui stesso aveva suggerito ai lettori della sua De conscribendi epistolis, in cui il grande intellettuale insegna vere e proprie tecniche di seduzione attraverso la composizione delle lettere. Sarà pur vero, come dice l’autore, che il tono delle lettere a Servatius rifletteva anche il linguaggio e il formalismo dell’epoca. Ma al fatto che i sentimenti in esse descritti fossero solo platonici ormai credono in pochi. Biografi ed esegeti sono anzi molto colpiti dall’evidente ripicca del maestro verso l’allievo messa in atto molto più tardi negli anni. Servatius, che divenne con gli anni priore dello stesso monastero di Gouda, invitò Erasmo a trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel convento da lui diretto. Troppo tardi, per l’amante ferito. Erasmo rispose piccato e acido: «A meno che tu non mi voglia sistemare in qualche convento di suore (...) non riesco a pensare dove possa essere il posto in cui trascorrere la mia vecchiaia». E chiude con tono ultimativo e incontrovertibile: «Addio mio dolce compagno di un tempo, addio mio unico amore». KLAUS DAVI