Enrico Sisti, la Repubblica 3/6/2008, pagina 39, 3 giugno 2008
Uomini jet. la Repubblica, martedì 3 giugno Muscoli flessuosi e potenti, piedi di acciaio, alimentazione corretta, tecnico aggiornato, disponibilità al sacrificio, immensa capacità di concentrazione
Uomini jet. la Repubblica, martedì 3 giugno Muscoli flessuosi e potenti, piedi di acciaio, alimentazione corretta, tecnico aggiornato, disponibilità al sacrificio, immensa capacità di concentrazione. Mescolate e avrete l´identikit del velocista. Gente come Usain Bolt, Asafa Powell, Tyson Gay. La loro professione, correre i 100 metri, si misura in centesimi di secondo e per ottenere risultati bisogna rispettare un codice di comportamento rigoroso. Altrimenti il «laboratorio uomo» non produce miracoli. Il record dei 100 continua a scendere, ogni anno di uno, due, tre centesimi l´anno. La differenza fra un record e l´altro sono dieci, venti centimetri. Una bazzecola in termini di tempo e spazio. La lunghezza di un cellulare. Una bazzecola che può rovesciare una carriera: «Ormai si può arrivare a 9´´65 entro il 2010», ammette Elio Locatelli, responsabile dello sviluppo della Iaaf. «Dipende anche dalla qualità delle piste, dalle scarpe, dagli allenamenti. Perfino un body come quello del nuoto può incidere». Ma cosa serve per diventare come Bolt? Genetica, fisiologia, morfologia, allenamento, proteine, carboidrati, poche schifezze: «Cui va aggiunta un´attitudine del corpo - dice ancora Locatelli - di praticare un´economia di corsa, ossia riuscire a ritardare quanto più possibile la produzione dell´acido lattico e la sua quantità». Il primo motore comunque è mamma. Se ti concepisce con dei piedi forti, elastici, resistenti, è probabile che la tua presa a terra possa essere una raspata capace di sopportare le centinaia di chili provenienti dall´accelerazione. Sempre mamma distribuisce le fibre bianche al suo bambino: più sono e maggiore saranno velocità e reattività neuromuscolare. Più fibre rosse e maggiore sarà la resistenza. Il velocista non deve mai allenare la fatica. E´ finita l´epoca in cui si credeva che correre 15 volte in allenamento i 150 metri fosse il passaggio indispensabile per una stagione di successi: «Allenarsi tutti i giorni sì, ma con gradualità». In questo Usain Bolt, Asafa Powell o un atleta master che corre i 100 in 12´´ si equivalgono. Non è una questione di cronometro ma di gestione delle energie. Bolt ha 21 anni. E´ esploso nel 2003 ottenendo il primato del mondo juniores sui 200 con 19´´93: «Però poi - racconta Locatelli - ha avuto problemi di postura: correre in curva costringe a sovraccaricare la parte sinistra del corpo e Usain ha iniziato a farsi male spesso». La finale dei 200 dei mondiali di Helsinki 2005 l´ha finita al passo: «E´ andato in Germania lo scorso anno a farsi vedere e così abbiamo scoperto che soffriva alla colonna vertebrale, lui che è così diverso dagli altri velocisti (1,96, affusolato, ndr). Non mi stupirebbe se adesso, col record dei 100 in mano, lasciasse definitivamente i 200. Magari dopo Pechino». Il caso di Bolt è arricchito da due ulteriori elementi: l´artigianato e la rivalità inter-giamaicana. Stephen Francis, il coach di Asafa Powell, lo ha già condannato: «E´ troppo in forma adesso, a Pechino crollerà». «No, è appena all´80%», replica il suo tecnico Glen Mills. Ma c´è anche l´artigianato: può la storia di un record del mondo cominciare con una cuoca di nome Renéè? Può. All´High Performance Training Center di Kingston (nell´Università Kingston Tech) è lei che decide il menu sulla base della spesa del giorno cui provvede il direttore dell´impianto Teddy McCook. «Carne prevalentemente, ma se lei non cucina gli atleti scappano da McDonald´s», spiega Mills. E´ tale ormai l´intesa con i suoi ragazzi che al tecnico spesso si limita a dire: «Usain, tu sai cosa fare oggi: fatti comandare dal corpo». Un record del mondo è un mix di calcoli scientifici e di improvvisazione, di povertà conclamata e splendori agonistici. Bolt prende ancora una borsa da 1200 dollari al mese con i quali si paga la casa che lui e la sua fidanzata hanno affittato a Kingston. Una verità paradossale: all´High Performace Training Center, dove Mills allena Bolt e altri ragazzi, non c´è neppure la pista d´atletica ma l´erba di un campo di calcio: «Poi, quando c´è da fare una prova cronometrata - racconta Mills - andiamo allo stadio di Kingston». Solo in autunno, forse, l´Università delle West Indies, sempre a Kingston, costruirà una pista. Roba da record anche questa. Enrico Sisti