La Repubblica 17 maggio 2008, 17 maggio 2008
(rias156123) La colpa della coppia era di amarsi anche se erano nati nello stesso villaggio: Sunita, 21 anni, incinta di 5 mesi, e Jasbir Singh, 22 anni, sono stati massacrati dai parenti di lei
(rias156123) La colpa della coppia era di amarsi anche se erano nati nello stesso villaggio: Sunita, 21 anni, incinta di 5 mesi, e Jasbir Singh, 22 anni, sono stati massacrati dai parenti di lei. A Balla, in India, un paese a circa due ore di auto dalla capitale New Delhi. I corpi sono stati poi esposti davanti alla casa della famiglia di Sunita, in modo che tutti vedessero che l´offesa era stata lavata col sangue. Nello stato settentrionale di Haryana il matrimonio tra abitanti dello stesso villaggio è visto come un incesto. L’amore da tragedia shakespeariana era cominciato tra i banchi di scuola e andato avanti nonostante le minacce della famiglia di lei. Sunita era fuggita dalla casa dell´uomo che la famiglia le aveva fatto sposare per andare a vivere con un uomo di una casta inferiore, con cui aveva concepito un figlio fuori dal matrimonio. Reuters riferisce che il padre della ragazza, Om Prakash, ha confessato il delitto ed è stato arrestato insieme con uno zio e due cugini della vittima. Tuttavia è risaputo che lo Stato non osa opporsi alle norme non scritte che regolano la vita nei villaggi. La madre di Sunita dichiarava spavalda davanti alle telecamere: «Non ci vergogniamo di quello che abbiamo fatto, proprio per niente. Siamo fieri di aver salvato l´onore del villaggio». L´All-India Democratic Women´s Association (Aidwa) ha denunciato che ogni mese ci sono dai sei ai sette omicidi di questo tipo. Le statistiche nazionali però non registrano i delitti d´onore come crimini separati e così lo Stato non ha dati ufficiali in merito. Nel 2006 la Corte Suprema condannò i delitti d´onore come «assassinii barbari e vergognosi compiuti da persone brutali, di mentalità feudale, ai quali va comminata una punizione esemplare». Nessuno degli assassini per onore ha tuttavia avuto fino a oggi alcuna condanna. La Repubblica 17 maggio 2008