Luigi Dell’Aglio, Avvenire 30/5/2008, 30 maggio 2008
Avvenire, venerdì 30 maggio Nel 2005 Katrina devasta New Orleans e fa duemila vittime; è il maggiore disastro della storia degli Usa, almeno per l’entità dei danni ( oltre 125 miliardi di dollari)
Avvenire, venerdì 30 maggio Nel 2005 Katrina devasta New Orleans e fa duemila vittime; è il maggiore disastro della storia degli Usa, almeno per l’entità dei danni ( oltre 125 miliardi di dollari). Che cosa ha scatenato una così travolgente forza della natura?, si chiedono, da allora, i climatologi. Secondo il Natural Resources Defense Council, c’entra il riscaldamento globale del Pianeta: «Non provo-ca gli uragani, ma li rende più violenti e più pericolosi» . Puro sen-sazionalismo, obietta Bjorn Lomborg, noto per il suo saggio L’am-bientalista scettico, il quale vuole seppellire il protocollo di Kyoto giudicandolo fuorviante. Nel suo nuovo libro, dal titolo Stiamo fre-schi. Perché non dobbiamo preoccuparci troppo del riscaldamento globale ( Mondadori), infila una lunga serie di argomentazioni controcorrente. Cento anni fa gli uragani erano meno frequenti e meno rovinosi? Colpa dell’uomo ma non tanto perché alimenta l’effetto serra, risponde Lomborg. Katrina non era un uragano kil-ler, però da decenni la popolazione si era concentrata «nelle sug-gestive regioni costiere» . «Se negli anni – 90 avessimo deciso di aiu-tare le potenziali vittime di futuri uragani, avremmo dovuto inve-stire risorse in una migliore programmazione e in argini più solidi invece che nella ridu-zione dei gas serra» . I cinquecento edifici di New Orleans dotati di tutti i sistemi di pre-venzione anti- uragano hanno subìto solo un ottavo dei danni. In un mondo in cui gli uraga-ni sono in aumento, il protocollo di Kyoto (che costerebbe 180 miliardi di dollari all’anno, per 50 anni) potrebbe forse abbassare i danni dello 0,5%, mentre una semplice politica di prevenzione li ridurrebbe del 50%, cioè cento volte di più. In fondo Lomborg (partito, anni fa, da una militanza in Greenpeace) non nega che «il riscaldamento globale sia un fatto reale, conseguenza dell’opera dell’uomo» . Ma su questo fenomeno si fanno dichiarazioni «molto esagerate» . Perciò bisogna «fermarsi e cal-marsi un momento, prima di imbarcarsi nel maggior investimento pubblico della storia» . L’errore, secondo lui, sta nel pensare di prevenire il riscaldamento della Terra con una penalizzazione dello sviluppo. Basterebbe, scrive, che ogni paese si impegnasse a spendere lo 0,05 del pro-dotto interno lordo nella ricerca e nella messa a punto di tecnolo-gie energetiche a zero emissioni di anidride carbonica. Il costo sa-rebbe sette volte più basso di quello di Kyoto. «E invece la ricerca nel campo delle ener-gie rinnovabili e del-l’efficienza energetica è al livello più basso degli ultimi 25 anni » . Lomborg è contestato quando afferma che il riscaldamento globale non è poi così brutto come viene dipinto. Gli chiedono: lo sa che nel 2003, in Europa, morirono per il caldo quasi 35 mila persone? Allora lui provoca gli avversari: in Europa muoiono anche, ma per il freddo, un milio-ne e mezzo di persone all’anno, stroncate da malattie cardiovasco-lari. «Molte di queste persone saranno ri-sparmiate, se la Terra si riscalderà. E’ il fred-do che uccide anche gli orsi polari. Non il caldo. A questo impare-remo ad adattarci. Così, quando la temperatura salirà, diminui-ranno anche le vittime del caldo» . Infastidisce gli avversari la contabilità in termini di soldi rispar-miati o sprecati e di persone perdute o salvate, con cui Lomborg – che è professore di statistica – ragiona sul clima ( tema finora trat-tato sempre sulle generali). Nell’intento di demolire il protocollo di Kyoto, lui spiega che « per salvare 4000 persone nei paesi in via di sviluppo, si finirebbe per sacrificare più di mille miliardi di dol-lari e 80 mila persone altrove. Il che non è un buon affare » . Questo approccio gli procura una torta in faccia e le dure critiche di R. K. Pachauri, presidente dell’Ipcc, l’organismo dell’Onu per lo studio del clima. Pachauri si associa a quanti sostengono addirit-tura che negare i cambiamenti climatici è come negare l’Olocau-sto. « Qual è la differenza tra la posizione di Lomborg sugli esseri umani e quella di Hitler? Non possiamo trattare le persone come se fossero bestie » . Sul riscaldamento della Terra, c’è chi la pensa come Lomborg. U-no è il climatologo Richard Lindzen. Il quale segnala: chi critica Kyoto non ottiene finanziamenti. Ma il fronte contrario a Lomborg è molto agguerrito. Mark Maslim gli fa notare che il riscaldamento globale è calamità generale. « Chi ci perde? Chi ci guadagna? Ci perdiamo tutti» . Perciò una schiera di scienziati propone il « prin-cipio di precauzione » : conteniamo il riscaldamento del pianeta, anche se non siamo certi che serviranno i tagli alle emissioni di a-nidride carbonica. «E quali rischi – e quali costi – comportano questi tagli? » interviene Lomborg. « Ci siamo fissati in modo ma-niacale sul riscaldamento della Terra. Ma così impoveriremo ec-cessivamente le generazioni future. Nel mondo ci sono questioni ben più urgenti del clima: la fame, la povertà, le malattie. Affron-tiamo prima le questioni più abbordabili. Gli scienziati insistano per le zanzariere anti-malaria, prima che per Kyoto » . Luigi Dell’Aglio