Il Sole 24 Ore 28 maggio 2008, Mario Margiocco, 28 maggio 2008
Il Golfo verso l’addio al dollaro. Il Sole 24 Ore 28 maggio 2008 Il Golfo Persico è l’area dove i fondamentali della finanza e del potere emergono nettissimi, nelle tre componenti essenziali di petrolio, dollaro, e Us Navy
Il Golfo verso l’addio al dollaro. Il Sole 24 Ore 28 maggio 2008 Il Golfo Persico è l’area dove i fondamentali della finanza e del potere emergono nettissimi, nelle tre componenti essenziali di petrolio, dollaro, e Us Navy. Poche righe in un documento del Tesoro indicano ora che Washington potrebbe cambiare atteggiamento, e accettare per il dollaro un ruolo più distaccato in un’area dove la moneta americana è di fatto da quasi 30 anni dominante, come riferimento a cambio fisso (peg) per le valute del Golfo. Tutto è cominciato a un anno fa, quando il Kuwait si sganciò preferendo come ancoraggio monetario un più elastico a anti-inflazionistico paniere di valute, con il dollaro comunque predominante. Da allora è senza soste l’interrogativo di quando le valute degli altri cinque Paesi del Consiglio di cooperazione del golfo (Gcc, creato nel 1981 e di cui fanno parte Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Emirati e Oman) seguiranno. La mossa sembrava probabile in autunno, è stata seccamente smentita da Arabia Saudita e poi dagli Emirati in inverno, per ragioni più geopolitiche che monetarie: con la Quinta flotta americana che da Manama, Bahrein, pattuglia il Golfo e ne assicura i traffici, era politicamente difficile sganciarsi, anche se mantenere il peg significa, con il dollaro basso, importare inflazione. Metà circa di quell’11% ufficiale (forse 18-20% reale) che ora turba gli Emirati è, secondo calcoli delle autorità locali, importato via dollaro. Il semestrale Report to Congress on international economic and exchange rate policies, presentato nei giorni scorsi dal Tesoro, parla nel paragrafo riservato al Golfo di «inflazione cresciuta in quei Paesi». E sull’Arabia Saudita dice che le pressioni sui prezzi «hanno drammaticamente aumentato l’inflazione negli ultimi due anni». Non era mai successo e un’analisi di Merrill Lynch intitolata «US green light for the Gcc» sostiene ora che questo è il via libera per l’abbandono del peg. «Gli Stati Uniti riconoscono significative spinte all’apprezzamento sulle valute dei Paesi del Golfo - dicono gli autori Emma Lawson e Benoit Anne, analisti monetari di Merrill Lynch specializzati in mercati emergenti - e riteniamo che nella sostanza gli Stati Uniti abbiano indicato che è necessaria una maggiore flessibilità di cambio». Insieme al paniere di riferimento, sempre a forte presenza di dollaro, l’altra possibilità è quella di una rivalutazione. Le monete del Gcc hanno il cambio fisso con il dollaro a partire, per alcune, dagli anni 80. I Paesi del Golfo hanno seguito con le loro valute (altrimenti destinate per forza propria ad apprezzarsi), l’indebolimento della moneta Usa, in atto ormai da sei anni, hanno importato inflazione e si sono trovati a fronteggiare, nel caso di Dubai e altri Emirati, sommosse della manodopera straniera (pakistana e indiana soprattutto) pagata con moneta locale sempre più svalutata. Le rimesse però avvengono con cambio in valute che, come quella indiana, si stanno apprezzando. L’inflazione (si veda la cartina) è nel Golfo ai massimi da 30 anni. «Penso che il segnale lanciato dal Tesoro sia di minore ostilità al passaggio dal peg a un paniere di valute di riferimento», dice David Woo, capo della Global forex strategy di Barclays capital, a Londra. «Il punto veramente importante per il dollaro è che non diminuisca la quota in dollari, predominante, delle riserve valutarie del Golfo». La regione, secondo i calcoli di Brad Setser e Rachel Ziemba, ha oggi circa 1.600 miliardi di riserve ufficiali (Banche centrali, Fondi sovrani e simili), e con un prezzo medio del barile a 115 dollari nel 2008, avrà a fine dicembre un surplus annuo delle partite correnti di 350 miliardi di dollari, pari al totale degli asset finanziari controllati a fine 2000. Nessun Paese del Golfo ha interesse a brusche cadute della valuta Usa sui mercati, come un’uscita dal peg mesi fa avrebbe potuto provocare. La nuova disponibilità americana, segnalata tra l’altro alla vigilia del viaggio che il ministro del Tesoro Henry Paulson compie tra il 30 maggio e il 2 giugno nel Golfo, prepara il terreno. La strategia di vari gestori di fondi, segnalava ieri il Wall Street Journal, ha incominciato a puntare su un apprezzamento delle valute del Golfo rispetto al dollaro, e quindi sulla fine dei peg. Mario Margiocco