Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 28 Mercoledì calendario

Voto, tasse e preghiere Il paese dei rom perfetti. Libero 28 maggio 2008 di LUCIA ESPOSITO  C’è un paese dove cinquanta nomadi convivono senza grossi problemi con i novemila abitanti e quando muoiono, altrettanto serenamente, condividono l’eterno riposo

Voto, tasse e preghiere Il paese dei rom perfetti. Libero 28 maggio 2008 di LUCIA ESPOSITO  C’è un paese dove cinquanta nomadi convivono senza grossi problemi con i novemila abitanti e quando muoiono, altrettanto serenamente, condividono l’eterno riposo. Da vivi e da morti, dal campo rom al campo del cimitero: chi abita a Trescore Balneario ha imparato ad avere come vicini di casa e di tomba una comunità di nomadi italiani che una decina di anni fa ha deciso di insediarsi qui. Siamo a quindici chilometri da Bergamo, al centro della Val Cavallina, nel comune famoso per gli stabilimenti termali e per gli affreschi di Lorenzo Lotto. CULTO DEI DEFUNTI Nel piccolo cimitero del paese è facile riconoscere le tombe dei sinti. Sono le più sfarzose. I marmi luccicano, le luci ardono, i vasi sono gonfi di fiori freschi. Sulle lapidi sempre tre foto. Le loro cappelle sono molto più ordinate delle roulottes in cui vivono. In fondo a destra c’è una costruzione bianca con due archi rivestiti di mattoncini rossi. «Ecco, questa appartiene a loro. Le altre le individua subito. Basta guardarle» spiega il custode. Tappetini per la preghiera come quelli che ti aspetti di trovare in una moschea, ricoprono il pavimento (sempre di marmo). Fiori colorati ovunque. «Noi abbiamo rispetto dei morti. Non potremmo fare mai nulla di male in questo posto perché qui sono sepolti i nostri cari», ci spiega Michele Weiss, 67 anni, nove figli e una quarantina tra nipoti e pronipoti, il "vec chio", considerato il capo della comunità dei nomadi. «Qui viviamo bene. I nostri figli vanno a scuola, i ragazzi fanno il servizio militare, paghiamo le tasse», e tira fuori dal portafogli la bolletta dell’Enel da 200 euro. Mostra i contatori elettrici, i cassonetti dei rifiuti all’esterno del campo. «Siamo giostrai. In estate molti maschi partono per le fiere. Altri commerciano il ferro». Il quindici giugno anche loro parteciperanno al referendum e decideranno se cambiare il nome del paese in Trescore Terme. «Siamo d’accor do, così è molto più facile e il collegamento con gli stabilimenti termali è più immediato. Non abbiamo mai avuto problemi di convivenza né ci sono stati episodi di razzismo contro di noi. Solo le solite cose. Ripetono che rubiamo i bambini...Ma anche noi diciamo ai nostri piccoli di stare attenti ai "vecchi" perché se li prendono. Sono falsità, leggende». Il sindaco Alberto Finazzi, Lega Nord, in quattro anni è riuscito nella missione impossibile di azzerare i costi del campo e trasformare il disagio in risorsa. «Li conosciamo uno ad uno, in tutto sono una cinquantina, tutti stanziali. Pagano una tariffa di duecentocinquanta euro per l’occu pazione delle quattordici piazzole del campo. Una permanenza che non costa neanche un euro ai residenti. Sono in regola con la tassa dell’immondizia. E la presenza di un campo controllato scoraggia l’arrivo di altri nomadi che si stanziano abusivamente nel nostro territorio». Il risultato è nelle statistiche che parlano di furti al di sotto della media. «Nel nostro comune non rubano, non delinquono. Magari agiscono in trasferta, fuori dal territorio, esattamente come accade per quelli che dai paesi vicini arrivano a Trescore per qualche ora e poi vanno via...Ma questo non lo posso sapere». Il sindaco allarga le braccia. Ovvio che qualche lamentela c’è ma poca roba rispetto ai problemi che nascono dall’inserimento degli islamici. In tutto gli stranieri sono milletrecento. «I nomadi che vivono qui sono cittadini italiani, parlano la nostra lingua. Se la cavano da soli. Se arrivano dei bambini pachistani dobbiamo inserirli entro le 24 ore successive in una classe anche se non conoscono una sola parola di italiano. più difficile». In paese qualcuno storce il naso, altri sono rassegnati, i più giovani non ci trovano niente di strano. Paolo ha 35 anni e fa il barista: «Ho molti amici al campo. Erano nella mia classe, siamo cresciuti insieme». Di bocca in bocca rimbalza la storia della regina rom sepolta al cimitero di Trescore. «Nessuno fa niente di male qui perché la rispettano». Ma questa è una leggenda alimentata dal tempo e dalla fantasia. «Ma che regina. Per noi tutti i morti sono degni di rispetto», taglia corto Michele. Resta una domanda: ma dove trovano i soldi per permettersi il lusso di essere sepolti in tombe faraoniche? «Quando muore uno dei nostri, tutta la famiglia si mobilita. Ognuno dà quello che ha. Si organizzano delle collette. Il funerale è una festa spettacolare con la musica e i cavalli. Dopo la cerimonia in chiesa facciamo un corteo dove tutti lanciano petali di fiori». TARIFFE PROIBITIVE Michele non parla di soldi. In Comune Miriam Fioravanti, che da trent’anni si occupa dell’Uffi cio cimitero, conferma che sono una cinquantina i loculi le tombe e le cappelle intestate ai sinti. «La concessione di un loculo costa tra i mille e i millecinquecento euro per trent’anni. Per costruire una tomba si spendono 165 euro al metro quadrato per 30 anni e 275 euro per mezzo secolo. A questo bisogna aggiungere il costo dell’impresa edile e poi c’è la copertura in marmo per cui si possono spendere anche otto, diecimila euro». Altro discorso per le cappelle. Merce rara. Ai tempi della lira solo il terreno andava via per venti milioni. «Poi ognuno realizzava quello che voleva, come accade per le case». E i sinti di Trescore Balneario non si sono fatti mancare niente. All’in gresso di una delle loro cappelle c’è anche una statua in bronzo.