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 2008  maggio 26 Lunedì calendario

Guareschi. La mia vita nel lager Corriere della Sera, lunedì 26 maggio Sabato 30 settembre 1944. Freddo – salute bene – amicizia col sasso – fffffff(ame)

Guareschi. La mia vita nel lager Corriere della Sera, lunedì 26 maggio Sabato 30 settembre 1944. Freddo – salute bene – amicizia col sasso – fffffff(ame). Ho fatto amicizia con un sasso. Ho portato a spasso un sasso. Già da ventitré giorni i ventitré della cameretta di Novello mi vettovagliano. Viene ogni mattina un barbuto capitano, il capitano Aloisi, con una ciotola di patate e la porge con piglio fiero al tenente Giovannino. Patate che ogni giorno essi sottraggono alla loro magra razione. Debbo a questi compagni se non sono morto di fame quando il mio sciagurato stomaco delle porcherie che ci elargisce il Grande Reich tollerava soltanto le patate: Corti, Novello, Rebora, Negri, Aldeghi, Malavasi, Buzzetti, Rizzolati, Andres, Angelini, Pucci, i vecchi di Beniaminowo e Vialli della Baracca 93 mi hanno pure regalato latte, panbiscotto, farina lattea, bicarbonato. E questa non è beneficenza e non è neanche amicizia, è qualcosa di più. E io sono lieto che il comando tedesco mi neghi quel goccio di latte e quel pezzetto di pane bianco che l’infermeria mi passava da un mese al posto del pane nero perché questo ha permesso a degli italiani di dare anche qui, dove vige la legge della giungla, una dimostrazione di civiltà. Giovedì 2 novembre 1944. Pioggia – salute benino – rabbia cupa. Notti spaventosamente fredde: devo dormire sul legno e non si dorme senza stufa né pagliericcio. Churchill adesso parla di Pasqua. Morpurgo, Barone, Jellinek in una settimana hanno ricevuto venti pacchi e io da tre mesi niente. Li vedo mangiare e fumare lì a un metro. I grassi borghesi: non li saluterò più a casa. Mi sento abbandonato da tutti. Che fanno i miei? Dormono? Nessuno pensa a me! Neanche Dio! Venerdì 29 dicembre 1944. Freddo – salute bene. Sono tristissimo. Non ho notizie, non ho tabacco, non ho pacchi, ho freddo: che vita schifosa! Ho cambiato baracca. Sabato 30 dicembre 1944. Freddo, cupo, cielo nero, orrendo! – salute bene – fff(ame) nera! Sono spaventosamente giù. Dio mi ha abbandonato. Vivo d’elemosina e di malinconia. Domenica 31 dicembre 1944. Salute bene. Un sacco di gente che va al lavoro! Quanta merda! Pranzo alla 65 con Morpurgo, Pucci, Brambilla, Coppola, Barone, Jellinek, Martini, Piqué, Celestino, Talotti. Quarta lettura della Favola di Natale alla 13 B con festa e cotillon. Anche quest’anno è finito, un anno maledetto. Ne comincia un altro che sarà forse peggio. Non ho più speranza che la guerra finisca. Sono stanco di dover pensare ogni mattina come farò a fumare, se avrò cibo a sufficienza. Ho buttato perso tutto. La Divina Provvidenza tuteli me e le mie cose, se vuole. Lunedì 26 marzo 1945. Coperto – mite – salute buona – nervoso – ffffffffffffffffffffffffffffffffffffff(ame). Grandi discorsi della Croce Rossa. Io crepo e non ne posso più dalla rabbia! Spinto dalla fame vendo il mio ultimo quaderno per sigarette da cambiare con pane al capitano di finanza S. Non mi vuol dare più di dodici «Macedonia» unte di latte condensato ma, poiché mi conosce e ricorda con piacere le mie conversazioni, arriva a tredici. Bella cosa la popolarità e come sono contento d’aver lavorato (comprando con pane la carta), per tenere allegra questa gente! Che fame! Dio aiutami! Domenica 15 aprile 1945. Grigio, freddo – a letto – si mangia. Mi sono pesato: sono cinquantaquattro chili. In diciannove mesi ho lasciato nei campi di concentramento trentacinque chili di carne. Adesso ci siamo buttati sulle patate (non c’è altro) e presto ci gonfieremo di grasso malsano come vesciche, così la gente, quando torneremo, dirà che siamo rimasti in Germania a fare la bella vita d’albergo. E se tenteremo di spiegare che abbiamo sofferto per diciannove mesi e la fame ci ha scarnite fuori le costole e l’abbandono ci ha reso deserto l’animo diranno: «Figurati, con quella faccia lì!». Lunedì 16 aprile 1945. Sole – bene – entrano gli inglesi. Il capitano «Armistizio» depresso. I soldati tedeschi del campo si tolgono le armi e imprecano contro quelli che combattono con le batterie e le Katiusha annidate attorno al campo. La Katiusha spara: fa ridere nonostante sia così tremenda. Anche le armi del nemico che perde diventano ridicole, senza più forza. Resistenza che non ha niente di epico. stupida, ridicola.  possibile? A trecento, cinquecento metri c’è la guerra e io la guardo come al cinema. Alle ore 17 arriva un maggiore inglese comandante del reparto corazzato canadese-scozzese che ha preso Wietzendorf ed è entrato nel campo. Alcuni operai italiani gli salvano la vita segnalandogli un gruppo di ribelli tedeschi appostato con mitragliatori sulla sua strada. La bandiera italiana viene salutata dal maggiore inglese. Disarmo dei crucchi. Stanotte ho dormito. Martedì 1˚maggio 1945. Piove – salute bene – trasferimento da Bergen a Wietzendorf. Oggi è il mio compleanno: trentasette anni. Si preparano i bagagli per la partenza in autocarro. Si mobilitano tutte le carrozzine per bambini, i carrettini, le carriole. Il bagaglio si è appesantito... Tutti hanno sacchi di viveri, arnesi da falegname, pentolame, macine per grano. Parecchi hanno anche dell’argenteria, macchine da scrivere, raccolte di francobolli, biancheria, pelli, scarpe eccetera... Viveri. Tanti viveri. Arrivo alla sera al campo di Wietzendorf. Un orrore! Un’infamia. Tutto spaccato: vetri, cartelli. I bagagli pesanti abbandonati prima di partire sono stati saccheggiati dai soldati rimasti. Nelle camerate: mezzo metro di letame, non una lettiera usabile, un puzzo mefitico. Occupiamo la Baracca 6 del Blocco 2 dov’erano i francesi: accidenti com’erano sporchi questi francesi! Non siamo mai stati trattati tanto male neppure dai tedeschi! stato uno scherzo orrendo giocato a noi poveri straccioni. Rieccoci piombati nella miseria. Cimici, pulci, topi ci aspettano famelici al cancello per riprenderci quello che abbiamo incamerato a Bergen. Siamo liberi! Tutto è cambiato! Invece di Kriegsgefangenen siamo POW. All’inferno gli inglesi. Per gli inglesi da Calais cominciano i negri. Per me dalle Alpi cominciano i tedeschi. Sono tutti tedeschi! Qualche volta anche Dio che si traveste talvolta da Gott, o da God, e non è il nostro solito Dio. Notte orrenda, in mezzo al luridume spaventoso. Gli inglesi hanno comunicato al mondo che i Lager erano inabitabili da esseri umani. E allora erano organizzati. Adesso disorganizzati, saccheggiati, sono diventati abitabili? Oppure noi non siamo esseri umani. Probabilmente sì: siamo, infatti, ufficiali italiani. Venerdì 4 maggio 1945. Vento, sole, grigiore, pioggia – acidità da sbobba. Morgen è diventato tomorrow. Gli inglesi sono tirchietti: pane trecento grammi, carne sessanta grammi, due sbobbe schifose, quaranta grammi di burro, centoventicinque grammi di latte acido, quattrocentocinquanta grammi di patate. Presto daranno meno dei tedeschi! Si parla di un referendum su chi vuole collaborare con gli inglesi. Si ricomincia? Stavolta l’iniziativa è italiana e tutti sono seccatissimi: gli secca di doversi pronunciare. Non vogliono prendersi responsabilità i borghesi italiani. Eppure dovranno abituarsi se vorranno sopravvivere. Io continuo nel mio cammino: No! Dirò sempre di no, nella vita. Ho imparato a dir di no! Ho visto le foto su un giornale inglese, «Mussolini ultimo atto»: Mussolini, Pavolini e la Petacci cadaveri impiccati per i piedi al distributore di piazza Loreto a Milano. Che orrore! La donna mi fa una pena enorme. Sono riusciti a renderlo un martire. L’italiano è un popolo di merda. Giovedì 21 giugno 1945. Sole! – salute bene – angherie inglesi. E anche la primavera è sfiorita inutilmente. Gli inglesi continuano ad angariarci. Il nuovo tenente è un villanzone schifoso. Il nostro colonnello è trattato come un caporale ubriaco. Luling dà le dimissioni da interprete perché non lo può fare «senza venir meno alla sua dignità di ufficiale!». Il campo è chiuso fino a nuovo ordine per i crimini (!) italiani (qualche gallina, qualche capretto preso dai soldati che hanno fame!). Comincio a rimpiangere i tedeschi! Gli unici a riconoscere i nostri sacrifici sono stati i russi: «Agli italiani, fame e bastonate come a noi e niente soccorsi della Croce Rossa». Sabato 28 luglio 1945. Vento, freddo – a Belsen. Visita all’ospedale di Belsen. La piccola tisica con occhi immensi: Lidia Nicolosi di quindici anni di Genova, deportata a tredici anni mentre portava viveri al fratello partigiano. Visita agli italiani (quattrocentocinquanta). Due bambini italiani: finalmente poter accarezzare un bambino! Donne sformate, con ventre enfiato per la cessazione delle mestruazioni originata da medicinali tedeschi. Donne vestite bene con coperte, fodere di pagliericci. Cinquemila donne di tutte le nazionalità. Lunedì 6 agosto 1945. Sole – bomba atomica. Casino delle truppe. Donne violentate (tedesche e anche italiane e francesi). Compare il termine «repubblichina». Scene selvagge dei russi avanzanti in Germania. Solo dal maggiore in su gli ufficiali hanno valore. Dalla radio la notizia dell’esplosione della bomba atomica (e politica). Martedì 28 agosto 1945. Sole – al laghetto. Domani partono in millecinquecento. Anch’io sono dei millecinquecento! Mercoledì 29 agosto 1945. Si parte alle 10 dopo una notte schifosa: cimici, nervosismo. Non ho chiuso occhio. Viaggio normale da Celle a Braunweg. Venerdì 31 agosto 1945. Alle ore 8.40 siamo a Bamberg. C’è una fabbrica di caramelle che sembra un convento. Come viaggiano i tedeschi: nelle cisterne della benzina, sul carbone. Alle ore 12 siamo a Norimberga. Come viaggiano i tedeschi: trionfo del carrettino. Nel bosco si vedono negri e donne bionde. Erba sui vagoni. Le ciminiere sono tutte in piedi. La stazione è distrutta. A Monaco la notte. Domenica 2 settembre 1945. La partenza è alle ore 12, alle ore 13.40 siamo a Innsbruck. Porco marocchino, marocchini e ragazze, gentili solo i negri. Alle ore 15.25 siamo al Brennero. La folgore. Due crucche in treno. Italia! A Bolzano c’è la Croce Rossa magnifica (parmigiani). Notte tremenda: diciotto ore per arrivare a Pescantina. Tutto distrutto! Lunedì 3 settembre 1945. Alle ore 10 siamo a Pescantina. Magnifica organizzazione del Campo Parma. Viaggio in camion per Parma, Verona e Mantova. A Boretto all’1.35. Vediamo delle ragazze sole per strada. Si balla! Martedì 4 settembre 1945. A Parma alle ore 4 del mattino. Giro per la città, leggo i manifesti: com’è triste ritornare! Aspetto. Suona d’improvviso l’orologio: le 4 e mezza, il tempo passa! Meno male, tutto è ancora come prima!