Il Giornale 28 maggio 2008, R.A. Segre, 28 maggio 2008
il Libano la nuova Cecoslovacchia. Il Giornale 28 maggio 2008 Lunedì scorso il capo degli Hezbollah, lo sceicco Nasrallah, ha celebrato davanti a migliaia di persone l’anniversario della «liberazione» del Libano avvenuta con il ritiro israeliano del maggio 2000
il Libano la nuova Cecoslovacchia. Il Giornale 28 maggio 2008 Lunedì scorso il capo degli Hezbollah, lo sceicco Nasrallah, ha celebrato davanti a migliaia di persone l’anniversario della «liberazione» del Libano avvenuta con il ritiro israeliano del maggio 2000. stata anche la consacrazione della recente sanguinosa vittoria degli Hezbollah sul governo anti-siriano del premier Seniora e dei risultati raggiunti a Doha la settimana scorsa, dove permettendo la nomina del generale Michel Suleyman alla presidenza del Libano lo ha di fatto trasformato nella nuova Cecoslovacchia medio orientale. A provarlo c’era il simbolismo del protocollo stabilito da Nasrallah per la cerimonia. Dall’alto del suo podio parlava trionfante agli altri componenti del suo gioco. In basso, seduti in prima fila, c’erano i rappresentanti di Siria e Iran esultanti, quelli di Egitto e Arabia Saudita con facce scure e tese. C’erano i rappresentanti di America e Europa, con sorrisi di convenienza. C’era il nuovo presidente del Libano, ex generale Soleiman, cosciente della sua autorità ormai condizionata da Damasco, rimpicciolito anche dall’abito civile, che cercava di fare buon viso alla sua nuova difficile sorte. Questa cerimonia non avrebbe dovuto sorprendere chi conosceva il rapporto delle forze in campo: crescente superiorità demografica sciita sulle altre minoranze - cristiani, sunniti, drusi - i quali hanno dimostrato la loro debole volontà di battersi a difesa dei propri interessi storici; superiore organizzazione militare, e di fede ideologica degli Hezbollah; sostegno siriano e iraniano dato a questa organizzazione di fronte alle paure dell’Onu (e dell’imbelle corpo di Caschi blu) di contrastare il riarmo degli Hezbollah; l’icapacità americana e europea nel sostenere - salvo che a parole - il governo legittimi del premier Seniora; impotenza di Egitto e Arabia Saudita di fronte alla crescente potenza dell’Iran. Secondo Nasrallah, la scelta che ormai il Libano deve fare è fra un Paese «animato dallo spirito di Khomeini o dallo spirito di Hong Kong», paese di mercanti o stato rivoluzionario. A determinarla c’è solo il nemico israeliano. Per il momento Nasrallah sembra deciso a seguire, con l’avversario che potrebbe scompigliare i giochi, la strada del negoziato. Lo ha fatto capire gridando alla folla plaudente che «presto rivedrete il fratello Samir Kuntar». Si tratta del capo libanese degli hezbollah condannato a 520 anni di carcere in Israele per l’attacco da lui guidato contro la cittadina di Naharia nel 1979. Il che ha indotto a pensare che la liberazione di due soldati israeliani rapiti dagli hezbollah due anni fa potrebbe essere vicina attraverso uno scambio di prigionieri. Questo si aggiunge alle insistenti voci di negoziati fra Siria e Israele tramite la Turchia. Anche se non portassero ad alcun risultato, renderebbero difficile al governo Olmert di assumersi la responsabilità di interromperle con iniziative militari. Iran, Siria, e il Libano rientrato sotto il controllo di entrambi, hanno bisogno di tranquillità nei prossimi mesi per consolidare i loro successi. Il punto debole di questa strategia tutt’altro che priva di logica, risiede nella capacità di Hamas di controllare le sue frange radicali. Per sopravvivere, queste debbono dimostrare la loro esistenza tormmentando Israele con i loro lanci di missili. Se Israele continuerà ad evitare di reagire a questi attacchi con una grande offensiva (che il governo Olmert, sfiduciato nell’opinione pubblica, teme di lanciare) il fronte pro iraniano avrà raggiunto i suoi scopi. R.A. Segre