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 2008  maggio 23 Venerdì calendario

ALBERTO GAINO

TORINO
Annamaria Franzoni potrebbe lasciare il carcere per scontare il resto della pena ai domiciliari, entro il 2012, massimo nei primi mesi dell’anno successivo. Il giorno dopo il suo arresto, il primo interrogativo è diventato: quanto rim«arrà in carcere? Se lo pongono in tanti tranne la diretta interessata. Annamaria, rinchiusa in una cella a Bologna, non vuole assolutamente affrontare l’argomento.
L’ordinamento penitenziario può venirle in aiuto. I benefici previsti per i detenuti modello sono più d’uno, ma per le madri che abbiano figli di età inferiore ai 10 anni, il «47 quinquies», prevede la trasformazione della detenzione in carcere in domiciliare. Significa che Annamaria potrà tornare a casa grazie al fatto che il suo terzogenito, nato nel 2003, avrà 9 anni quando lei avrà scontato un terzo della pena.
Questi i calcoli: il sostituto procuratore generale di Torino, Vittorio Corsi, ieri ha applicato in via provvisoria l’indulto previsto dalla legge. Dovrà essere una sezione di Corte d’appello a ratificare formalmente la disposizione. Fanno 3 anni in meno di carcere. Ma ai 16 anni di condanna, ridotti in questo modo a 13, vanno ancora sottratti i 18 giorni trascorsi in carcere a Torino, nel 2002, da Annamaria in custodia cautelare.
Si parte da 12 anni, 11 mesi e 12 giorni. E ad ogni semestre, verificata la «buona condotta inframuraria» della detenuta, la pena si riduce di 45 giorni. Un conto elementare: ogni 4 anni effettivi di carcere ne corrisponde uno virtuale. Nel calcolo rientrano anche i 90 giorni annuali di «liberazione anticipata». Ecco perché si può ragionevolmente prevedere che la Franzoni «uscirà» nel 2012.
I permessi premio. E’ un altro istituto previsto per i detenuti che si «comportino bene». Si applica a un quarto della pena. Nel suo caso, Annamaria Franzoni dovrebbe maturare nei primi mesi del 2011 la possibilità di rientrare a casa o di recarsi in altre località, con la famiglia, per 3-4 giorni, notti comprese. Per un totale di 45 giorni l’anno.
Da subito, ovviamente, ha diritto a 6 ore di colloquio in carcere con i familiari, «aumentate nell’ipotesi che la detenuta - è il suo caso - abbia figli di età inferiore ai 10 anni». Tutti gli altri benefici previsti - dall’ammissione al lavoro esterno alla semilibertà - non hanno motivo di essere presi in considerazione di fronte all’applicabilità del «47 quinquies». Fuorché l’«affidamento in prova ai servizi sociali» quando le resterebbero gli ultimi 3 anni da scontare, sia pure ai domiciliari. L’affido, ottenuto dopo un’istruttoria del tribunale di Sorveglianza competente consente di svolgere una vita praticamente normale.
Lascia intuire altri calcoli il dottor Corsi, il magistrato che ne ha ottenuto la condanna in appello: «Dal 2002 sono trascorsi 6 anni. Se la Franzoni avesse ammesso la possibilità di aver ucciso il figlio ora sarebbe libera».