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 2008  maggio 26 Lunedì calendario

Il piccolo zar. Capitolo VI: Società e politica Dal 2004, il giornalista Aleksandr Minkin scrive al suo presidente una lettera alla settimana pur sapendo che il suo non è un colloquio, bensì un monologo

Il piccolo zar. Capitolo VI: Società e politica Dal 2004, il giornalista Aleksandr Minkin scrive al suo presidente una lettera alla settimana pur sapendo che il suo non è un colloquio, bensì un monologo. Pubblica le sue ’Lettere al Presidente’ su uno dei più importanti quotidiani russi, il "Moskovskij Komsomolec". Racconta al capo qualsiasi cosa, anche fatti privati e quotidiani. Il successo delle sue lettere aperte è costante, tanto che nel 2005 ricevono il premio dell’Unione dei giornalisti russi. Una cinquantina di siti diffondono le riflessioni di Minkin su Internet fino alle regioni dove il quotidiano non arriva. [...] Qualcuno loda il suo coraggio e allora Minkin chiedea Putin: "Vladimir Vladimirovic, non è grave che a qualcuno possa soltanto saltare in mente che sia pericoloso scrivere al proprio presidente?" Nel rivolgersi a Putin, il giornalista usa la consueta formula di cortesia russa, con l’aggiunta del patronimico al nome. "Stimato Vladimir Vladimirovic! Se è vero che in Russia il presidente risponde di tutto, a chi lo fa? Al popolo, a Dio, alla propria coscienza? Nella democrazia guidata certamente non è il popolo che si attende la spiegazione vera. Al Signore? Non si conosce la profondità della sua fede, Vladimir Vladimirovic, ma rispettare i dieci comandamenti per un politico è quasi impossibile. Alla fine, dunque, solo lei può decidere." "Dato che in Russia tutto dipende dalla persona e nulla dalla Costituzione, è importante sapere chi è lei veramente." "Stimato Vladimir Vladimirovic, si dice che da noi esista l’opinione pubblica. Dove si nasconde? Naturalmente non al Parlamento. Solo il due per cento dei cittadini afferma di avere fiducia nella propria Duma. Anche ai tempi sovietici l’opinione pubblica non si formava sui mezzi di comunicazione. Quando allora a teatro Amleto parlava della prigione Danimarca, tutti capivano che Amleto si riferiva a una Danimarca molto più vasta, la Russia." "Stimato Vladimir Vladimirovic! Abbiamo molti soldi. Con quanto costa un barile di petrolio, possiamo permetterci tutto. Nessuno tuttavia pensa che il cattivo calciatore diventa una fuoriclasse se guadagna meglio. Così compriamo all’estero calciatori per Nella situazione odierna ci sarebbe più utile dei calciatori. Finora la Russia non ha avuto fortuna. Eltsin ha dovuto cacciare il primo procuratore perchè vendeva sottobanco dei documenti. Il secondo è finito in carcere per corruzione e si è fatto due anni anche se le prove non erano sufficienti. Il terzo è stato ripreso da una telecamera mentre era con due prostitute e, invece di svanire nell’anonimato, nel 2000 si è candidato contro di lei per la presidenza della Repubblica. [...] Mi è stato spiegato che se non esiste un tribunale indipendente, il cittadino non può difendersi e non c’è democrazia. Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa lei." Il florilegio serve a testimoniare che se un giornalista possiede un capitale personale di credibilità, anche un quotidiano di tiratura nazionale in Russia non si permette di cacciarlo. Oggi in Russia un benestante è quindici volte più ricco di un povero, e a Mosca il rapporto tra le due categorie è di quaranta a uno. Una società di questo tipo produce invidia sociale.[...] Putin ha raggiunto alcuni traguardi. Nei suoi otto anni il Pil nazionale è cresciuto del settanta per cento, i salari sono in media raddoppiati. Il numero dei poveri sotto la linea della sussistenza dal ventisei per cento è passato al sedici per cento nel 2007. Pagati i debiti internazionali, i vari tesoretti nelle mani dello Stato ammontano a varie centinaia di miliardi di dollari. Ai tempi di Eltsin il petrolio costava 16,7 dollari al barile, oggi il è sui cento dollari. Gli investimenti produttivi tuttavia non sono cresciuti in proporzione, nè sono stati ammodernati gli impianti industriali.[...] Nonostante alcuni oligarchi siano stati spinti all’esilio e qualcuno in prigione, la categoria continua ad arricchirsi, con la connivenza di Putin. Dopo i primi miliardari arricchitisi grazie alla propria furbizia e intelligenza, nasce una nuova generazione di oligarchi. Si tratta di quarantenni che non avevano conosciuto il vecchio regime, entrati nell’età produttiva già nel postcomunismo, salvo alcuni che avevano cominciato a lavorare nei servizi segreti nell’ultimo scorcio dell’Impero. Molti di loro, quasi tutti, hanno avuto sia la fortuna di nascere a Leningrado-San Pietroburgo, sia quella di sfruttare la scia del professor Sobcak e del suo vice Putin. Sulla lista mondiale dei paesi più corrotti, la Russia occupa il 143esimo posto, più o meno assieme allo Zambia, all’Indonesia, al Togo e all’Angola. Da quindici anni a questa parte non cresce la natalità: 1 milione e 400 mila nascite all’anno. Le madri ricevono un premio di natalità di duecentocinquantamila rubli, all’incirca ottomila euro. Si teme che molte ragazze sole partoriscano solo in vista del premio in danaro. Il sistema pensionistico pubblico tra pochi anni avrà prosciugato le proprie riserve e bisognerà inventarne uno nuovo. La pensione media oggi è di centosessanta dollari mensili. L’aspettativa media di vita è inferiore ai sessant’anni. In vista della fine del mandato di Putin, gli addi si sono avvicendati per tutto il mese di febbraio. Non succederà in futuro che prima dell’ingresso presidenziale in aula tutti i membri debbano essere seduti ai propri posti e quando viene annunciato l’arrivo tutti si debbano alzare in piedi. Nell’estate del 2007 un gruppo di settanta esperti, scienziati, intellettuali, membri dell’Accademia, aveva elaborato un documento dal titolo "La dottrina russa", con proposte di politica interna ed estera, economica, culturale e militare per i prossimi vent’anni. Gli autori propongono di ritrovare i collegamenti tradizionali dell’Impero russo e dell’ex Unione Sovietica, senza tuttavia sciogliere la federazione russa, in altre parole: raggiungere in modo informale le frontiere passate. Ai margini di questo programma è nata anche l’idea di assegnare a Putin una carica di "leader nazionale", e come modelli si ricordano Nelson Mandela e Deng Xiaoping. Le grandi contraddizioni che convivono nella Russia di oggi non sono immediatamente visibili per chi visita le grandi città. Le megalopoli russe sono globalizzate e nelle vetrine si trovano le stesse merci di una qualsiasi grande città del mondo occidentale.[...] Sono sparite alcune vecchie immagini dgli ultimi anni dell’Urss. Si vedono poche persone che chiedono la carità, la prostituzione, se pur praticata, è molto più discreta [...]; il consumo di droga, ai tempi di Breznev quasi inesistente, oggi è diventato un problema nazionale. Sulle strade principali non si vedono poveri che svendono le loro cose; sono spariti i venditori ambulanti senza licenza. Al loro posto si trovano le bancarelle con i souvenir militari, perchè anche i berretti, i caschi, gli zaini e le sigarette con l’immagine di Stalin possiedono il fascino del passato.[...] Di sera si può circolare lungo le arterie principali benchè sia meglio non spingersi nelle stradine laterali; ma questa non è una caratteristica della sola Russia. Il numero delle persone derubate o uccise non è diverso da quello di tutte le altre metropoli del mondo; semmai sono superiori alla media le morti "su misura". La Russia batte tutti i record nella velocità con cui si creano i miliardari. Secondo la rivista "Forbes", la più qualificata a misurare le ricchezze, nel 2007 i miliardari russi erano cinquantatrè e il loro patrimonio pari a duecentottantadue miliardi. Nel 2000 su questa lista non c’erano ancora russi. Quando si parla di quel venti per cento di russi che rappresenterebbe la nuova classe media, qualcuno aggiunge la parola "borghese". Ma si tratta di gente molto distante dalla nostra idea di classe borghese. E’ un ceto che mal reagisce agli stimoli non dettati dall’immediato interesse personale e poco coinvolto dunque nella politica come esercizio dei propri diritti. Buona parte della società, soprattutto i giovani, è ben contenta di procedere senza il peso della memoria del passato. Il patriottismo nelle scuole. Agli insegnanti Putin ha chiesto un incontro e li ha invitati a instillare nei giovani una prospettiva nazionale e il senso di appartenenza allo Stato. In un recente manuale scolastico di storia si legge che l’opzione democratica, ai tempi della Guerra Fredda, per Stalin non era praticabile e che le condizioni de paese richiedevano la concentrazione del potere. Si constata e non si discute. Nello stesso libro, Gorbacev è vittima di un giudizio più severo, accusato di aver svenduto senza contropartite l’Europa centrorientale. Un buon dirigente non dovrebbe mai svendere la propria azienda. Nei loro giornali di categoria, gli educatori russi, quelli che non amano i "regimi", scrivono che fa poca differenza se i bambini ieri gridavano "Evviva il glorioso partito comunista dell’Unione Sovietica" e oggi "Evviva Putin" o qualche altro evviva. Non bisogna farlo. La questione è nel metodo e non nei contenuti. L’intellighenzia non ha più ideologie, politicamente è scomparsa fin dalle elezioni del 2000, quando i due partiti liberaldemocratici non sono riusciti a entrare in Parlamento dopo aver diretto il paese con il liberismo per quasi un decennio. La Chiesa in linea di massima appoggia il potere statale, ma una fascia di teologi intransigenti, come Andrej Sarij, considera sbagliato il compromesso storico nazionale russo con gli ex agenti delle polizie segrete. Secondo Sarij non si potrà avere una vera rinascita russa senza rinnegare il "maledetto" passato sovietico. Fino a che la Repubblica sarà guidata dal gruppo di Putin, l’esecutivo manterrà il controllo del potere rispetto ai giudici, nominati dal presidente, e al Parlamento. Il paese sarà una "democrazia sovrana", un’entità politica suggerita dalla nazione stessa, adatta al suo carattere e alla sua mentalità. La cultura politica russa è all’insegna della centralizzazione e della personalizzazione del potere e il leader è più importante della sua istituzione.