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 2008  maggio 22 Giovedì calendario

La legge 40 funziona, ma non si può dirlo... Avvenire, giovedì 22 maggio Probabilmente nessuno leggerà in aula il rapporto sullo stato di attuazione della legge 40 relativo al 2007 predisposto dal’ex ministro alla Salute Livia Turco, firmato il 30 aprile e materializzatosi negli uffici del Parlamento italiano venerdì scorso

La legge 40 funziona, ma non si può dirlo... Avvenire, giovedì 22 maggio Probabilmente nessuno leggerà in aula il rapporto sullo stato di attuazione della legge 40 relativo al 2007 predisposto dal’ex ministro alla Salute Livia Turco, firmato il 30 aprile e materializzatosi negli uffici del Parlamento italiano venerdì scorso. Prima di andarsene, la Turco ha avuto un’attività a dir poco febbrile: con sei mesi di anticipo ha presentato la relazione sull’attuazione della legge 194 sull’aborto, ha firmato le nuove linee guida della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita prima delle elezioni politiche e le ha rese note dopo, aspettando prudentemente anche i risultati del ballottaggio per il sindaco di Roma. Infine ha presentato la relazione sullo stato di attuazione della stessa legge, relativa allo scorso anno, con due mesi di anticipo rispetto al termine fissato. I dati in questione dimostrano che la legge funziona, nonostante le donne accedano alle tecniche di fecondazione in vitro in età sempre più avanzata, fatto che riduce l’efficacia delle tecniche stesse. In particolare, rispetto alla scorsa relazione, aumentano i centri presso cui si può accedere a questo tipo di servizi (342 contro i 330 dello scorso anno), aumentano le coppie che accedono ai servizi di fecondazione in vitro (30274 contro 27254), i cicli di trattamenti (36912 rispetto a 33244) e soprattutto i bambini nati (5218 a fronte di 3385). Diminuiscono gli eventi negativi, cioè gli aborti spontanei, tardivi, le gravidanze extrauterine e le morti in grembo – 24.9% contro il 26.4% dell’anno precedente – che lo scorso anno invece erano state stigmatizzate nella relazione. Le gravidanze gemellari e trigemine nel complesso sono costanti rispetto allo scorso anno. Secondo l’ex ministro Turco il dato negativo è che nelle donne con età inferiore ai 29 anni è troppo alta – rispetto alla media nazionale e soprattutto europea – la percentuale di queste gravidanze. La presenza di gravidanze e parti plurimi è giudicata sempre negativamente, perché significa spesso parti prematuri con bambini sottopeso e immaturi, con tutte le conseguenze che ne possono venire, e quindi il fatto che non siano aumentate è positivo. Nella relazione non si conosce la percentuale di questo tipo di gravidanze nella stessa fascia di età lo scorso anno, né prima della legge, e se non si hanno termini di confronto non si può giudicare adeguatamente l’incidenza della normativa. Il problema di questo tipo di gravidanze, comunque, si può superare promuovendo la crioconservazione degli ovociti, anziché invocare il ripristino di quella embrionale. Ma non è chiaro cosa effettivamente si augurasse l’ex ministro Turco a riguardo. Commentando i dati sulle gravidanze plurime, la Turco ha scritto: «Si ricorda che la legge non permette di selezionare la qualità dell’embrione da trasferire, basata sulla sua probabilità di impianto e che quindi la qualità degli embrioni trasferiti è inferiore a quella utilizzata dagli altri Paesi europei. In questo senso, il fatto che tali percentuali non aumentino non rappresenta un successo dell’efficacia delle tecniche, ma semmai il risultato del loro insuccesso». Insomma, le gravidanze gemellari e trigemine non sono aumentate perché si impiantano embrioni di ’qualità inferiore’, che quindi non si sviluppano. E quindi se il numero delle gravidanze plurime fosse elevato – come si lamenta la Turco per le donne con meno di 29 anni – la legge avrebbe funzionato. Eppure anche per le donne di questa fascia di età si dice che la legge non funziona… Forse l’ex ministro della Salute dovrebbe mettersi d’accordo con se stessa. Un dato molto importante è il il crollo delle complicanze per iperstimolazione ovarica. Si è passati dai 670 casi del 2005 ai 161 casi del 2006. Un fatto positivo per la salute delle donne, e il merito è senza dubbio del tanto vituperato limite massimo di tre embrioni da creare per trasferire in utero. In questo modo la legge impone di fatto di produrre meno ovociti, le stimolazioni ovariche di conseguenza sono meno pesanti e quindi crollano le complicanze. Negativo, invece, il dato dell’età delle donne che accedono a questo tipo di tecniche: quasi un ciclo di trattamenti su quattro (il 24%, precisamente) viene effettuato su pazienti con età maggiore o uguale a quaranta anni, e lo scorso anno la percentuale era del 20,7%. Anche l’età media è aumentata, e inoltre il 62,1% delle donne che si sottopongono a questi trattamenti hanno più di trentaquattro anni. La fertilità delle donne cala vertiginosamente con l’età, e iniziare questi percorsi così tardi significa andare incontro sempre con maggiore probabilità a fallimenti, influendo tra l’altro anche sul dato finale dell’efficacia della tecnica stessa. noto, purtroppo, che in Italia le donne tendono a far slittare in avanti il tempo in cui avere figli per motivi economici, di precarietà delle condizioni di lavoro, di mancanza di misure di sostegno adeguate per le famiglie in generale, per cui sempre più spesso mettere al mondo un figlio è quasi un atto eroico, o un lusso per pochi. Vero è anche, tuttavia, che tanta pubblicità nei confronti delle tecniche di fecondazione artificiale porta spesso ad amare illusioni, facendo intravedere il miraggio di una tecnica che potrebbe far avere figli indipendentemente da condizioni fisiche e soprattutto dagli inesorabili orologi naturali. Ultimo dato: del 21% delle gravidanze iniziate si perdono le tracce. La raccolta dati è migliorata rispetto all’anno scorso, quando la relazione riferiva che del 41% di gravidanze iniziate non si conosceva l’esito, ma in questo senso è sicuramente necessario disporre di dati ancora più completi. Assuntina Morresi