Gabriele Romagnoli, la Repubblica 22/5/2008, pagina 16, 22 maggio 2008
Alex & Tony quelli che non finiscono mai. la Repubblica, giovedì 22 maggio Alex Del Piero è un bravo ragazzo
Alex & Tony quelli che non finiscono mai. la Repubblica, giovedì 22 maggio Alex Del Piero è un bravo ragazzo. Tony Cassano decisamente no. Del Piero ha vinto quasi tutto, Cassano praticamente niente. Del Piero (come Rivera e Mazzola) ha avuto una sola squadra, le ha dato e ne ha ricevuto il meglio e il peggio. Cassano è zingaro e (come Baggio) illumina d´immenso gli stadi più riposti. Del Piero ha scelto d´imbrarazzar se stesso facendo da anni un assurdo spot per l´acqua minerale. Cassano, nessuno mai l´avrebbe scelto come testimonial, nel timore che al ciak prorompesse in un gioioso rutto. Del Piero compie kantianamente il suo calcistico dovere: la città di Torino regola gli orologi quando dalla fascia sinistra si accentra. Cassano ricompone a modo suo la triade hegeliana: tesi-antitesi-ancora antitesi, per la sintesi rivolgersi semmai a Bellucci. Difficile immaginare due profili altrettanto diversi. Eppure all´improvviso combaciano e insieme vanno verso gli Europei 2008, sospinti da un entusiasmo popolare ravvivato dalla prospettiva di potersi presto dividere a sostegno dell´uno o dell´altro. Per ora insieme stanno, in cima alle aspettative e alle fantasie. Che cosa ce li ha portati? Mettiamo da parte la retorica dei numeri 10, del talento nell´epoca della muscolarità, lasciamo che Maradona venga rapito dai gitani di Kusturica, Ronaldinho riscattato dai soldi di Abramovich o Berlusconi e concentriamoci su questi due che, nel qui e ora, rappresentano molto di più. Ci affascinano incarnando un percorso insolito della passione e alludendo a più alti accadimenti dello spirito. Del Piero è stato amore giovanile, condotto all´altare perché apparso da subito, oltreché spettacolare, serio e affidabile. Negli anni questo patrimonio di ben riposte speranze ha sviluppato cosce improvvisamente gigantesche, imbizzarrito la capigliatura in varie forme, ci ha particolarmente deluso durante una o più vacanze in Francia. E´ diventata una di quelle storie finite che non accetta di finire mai. Passava sotto le forche dell´umiliazione, dei flirt con partner ben meno avvenenti, si prendeva gli spiccioli di spazio e tempo concessi con malagrazia. E non se ne andava. Nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia. Finché un giorno, quando il calendario aveva sparso ai suoi piedi tutti i fogli, ci è capitato di guardare questo amore appassito come lo vedessimo per la prima volta, di scoprire la soavità della tenacia, la tranquilla negazione del declino, il crescendo finale che faceva del ragazzo ultratrentenne, come a vent´anni mai, il capocannoniere. Cassano è stata l´avventura segnata, la sbandata per la persona sbagliata, scelta sapendo di sbagliare. Il tentativo che tutti ti sconsigliano ma che ti ostini a fare perché sennò che gusto c´è. E, puntuale, ti frega. Poi l´oggetto di tanto desiderio se n´era andato lontano e ti avevano detto che era sfiorito, ingrassato, perso per sempre nel suo labirinto. Ma un giorno rieccolo, con il vestito stirato e gli occhi bassi, venuto a fare quel che non era mai stato capace di fare: crederci, obbedire, allenarsi. Se oggi ci attraggono più che mai è perché non sono quelli che abbiamo conosciuto, ma qualcosa di più. La loro carriera sportiva è una parabola evangelica, parla di redenzione e resurrezione, di un figliol prodigo, di Lazzaro, di piccoli grandi miracoli che avvengono oltre i cancelli della speranza, in un territorio in cui occorre avere fede o almeno correre e calciare finché fa buio. Inducono chiunque a pensare che non sia finita finché non è finita: una moglie può rifiorire, un figlio può raddrizzarsi, noi stessi possiamo farcela, ancora e sempre. Il segreto è semplice: prendere al volo tutte le possibili occasioni. E calciarle in porta. In Del Piero e Cassano troviamo anche l´alternativa, felice e nobile, a Totti, al suo gran rifiuto della maglia azzurra, ancor prima dell´incidente. E la ragione per stare con loro non è nel trito motivo patriottico, nel doveroso sì al richiamo della Nazionale, giacché non è a quello che essi rispondono, ma a qualcosa di più grande, infantilmente grande: il richiamo dal gioco. «C´è una partita a Zurigo, il pallone lo porta Platini, venite?». «Sì!». Senza se e senza ma. Senza dubbi né calcoli. Giocare per giocare per giocare. Del Piero si prendeva i minuti elemosinati da Capello quando era finito il turno di Zalayeta. Cassano ha aspettato che Mazzarri lo preferisse a Caracciolo. Poi sono entrati e hanno segnalato una considerevole differenza. Ora hanno tagliato l´ultimo traguardo che è anche la prima partenza. Sono in fondo al gruppo dei convocati, con la freccia del sorpasso accesa. Gli altri partono avanti, loro arriveranno dopo. Nel progetto di Donadoni, par di capire, staranno sotto la teca con scritto: «Rompere in caso di emergenza». Se la casa va a fuoco, li buttano dentro. L´uno, l´altro, continuasse il rogo anche tutti e due. Del Piero e Cassano sono gli dei della fine, quelli a cui rivolgere la preghiera quando si è sullo stesso orlo di precipizio dal quale si sono salvati loro. E gli dei della fine esistono per convincerci che non esiste (ancora) una fine. Gabriele Romagnoli