Renzo Guolo, la Repubblica 22/5/2008, pagina 16, 22 maggio 2008
Somalia, i due volti dello Stato senza Stato. la Repubblica, giovedì 22 maggio La Somalia in cui sono stati rapiti i due volontari italiani è un failed state, uno stato fallito
Somalia, i due volti dello Stato senza Stato. la Repubblica, giovedì 22 maggio La Somalia in cui sono stati rapiti i due volontari italiani è un failed state, uno stato fallito. Un buco nero della politica mondiale. Il paese è dilaniato da conflitti che hanno come protagonisti clan tribali, signori della guerra, organizzazioni criminali, gruppi islamisti, potenze straniere. In Somalia non vi è alcun governo degno di tal nome: solo una serie di poteri locali di stampo feudale che si battono per il controllo del territorio. Laddove questi poteri sono forti, costituiscono regioni di fatto indipendenti. Come il Puntland, ambita meta dei cinesi a caccia, qui come nel resto d´Africa, di petrolio. Nemmeno l´intervento militare etiope del 2006 a sostegno del cosiddetto "governo federale di transizione" ha prodotto stabilità. Adis Abeba non si fa troppe illusioni sulla presa dei suoi alleati locali e vorrebbe lasciare. Anche perché il fantasma della ripresa di un conflitto con l´Eritrea e i ribelli dell´Ogaden non è mai svanito. La partenza significherebbe, però, il ritorno delle Corti islamiche a Mogadiscio. Per uscire dalle sabbie mobili di una guerra che non perde ma nemmeno vince, l´Etiopia non può contare su aiuti esterni. Le forze inviate dall´Unione Africana sono scarse e poco efficaci. Quanto agli Stati Uniti, che considerano il Corno d´Africa un importante fronte della "guerra al terrore", si limitano operazioni militari, aeree o navali, mirate. Come quelle che hanno portato all´eliminazione di Adan Hashi Aeru, leader qaedista ucciso da un razzo lanciato da una nave da guerra nell´Oceano Indiano. Dopo Iraq e Afghanistan le forze Usa non possono reggere altri impegni su scala terrestre. Gli etiopi sono così costretti a una guerra di logoramento, fatta di attentati, imboscate, brevi combattimenti con un nemico, quello islamista, che si occulta tra la popolazione. In questo scenario fatto di alleanze, interne e internazionali, decise a approfittare di un vuoto politico in cui ciascuno gioca le sue carte, le tensioni attraversano anche le Corti islamiche . Il "gruppo dell´Asmara", guidato da leader come Hassan Daher Aweis e Sharif Shek Ahmed, ospiti nella capitale eritrea, sono disponibili a trattare con il premier somalo Nur Hassan Hussein, che ha invitato le Corti a deporre le armi e negoziare, a condizione che gli etiopi si ritirino. Prima ancora che islamisti, quei leader sono esponenti dei clan aer e abgal. Ritengono che, in uno "Stato senza Stato" come quello somalo, si possa giungere a una spartizione di sfere d´influenza su base clanica con gli Hawiye e i Darod, instabili pilastri tribali delle inquiete forze avversarie. Un accordo che permetta la nascita di enclave religiose governate dalle Corti. Ipotesi rifiutata dagli shebab, gli "studenti coranici" locali. Come tutti i gruppi islamisti radicali, gli shebab rifiutano l´idea che la lealtà clanica possa prevalere sull´adesione a un´ideologia transnazionale e transclanica come quella ummista e jihadista. questa ideologia che ha condotto leader come lo stesso Aeru a dar vita all´ala qaedista delle Corti, organizzazione in cui originariamente convivevano gruppi neotradizionalisti ed elementi radicali. Così in Somalia sono comparsi gli attacchi suicidi e le videocassette con i testamenti degli shahid, i "martiri". Una scelta che ha condotto Aeru a scontrarsi con i membri del suo stesso clan, gli aer, decisi invece a osservare le vecchie fedeltà. E, probabilmente, anche alla sua morte a Dusa Mareb, località della Somalia centrale abitata dal suo clan di appartenenza.. Un duro colpo per gli shebab, di recente inseriti dal Dipartimento di Stato nella black list delle organizzazioni terroristiche. Aeru era un comandate militare esperto: aveva combattuto gli americani al tempo del generale Aidid e, secondo Washington, aveva raggiunto Bin Laden in Afghanistan; tornando in Somalia solo dopo l´attacco Usa al "Paese dei Monti". Era noto anche per aver profanato il cimitero italiano di Mogadiscio, trasformato provocatoriamente in campo di addestramento per le sue milizie in spregio all´ "Occidente crociato". Mentre la guerra nel tempo della guerra fagocita quel che resta del paese, oltre due milioni e mezzo di persone, un terzo della popolazione è, secondo la Fao, a rischio denutrizione. Il vertiginoso aumento dei prezzi dei generi alimentari, la svalutazione della moneta locale, la siccità, moltiplicano il bisogno di assistenza. Mogadiscio è spopolata. Ottocentomila persone l´hanno abbandonata, concentrandosi in immensi accampamenti alla periferia della città. In un paese senza legge in cui il denaro può tutto, procurarselo con ogni mezzo è necessità vitale. La criminalità, così, dilaga. Dell´industria della produzione politica del denaro fa parte anche la piaga dei rapimenti di occidentali, solitamente conclusi con il pagamento di ingenti riscatti. Sequestri praticati non solo da bande criminali ma anche dagli stessi shebab, che finanziano così la loro attività militare. Sequestri che hanno anche un´appendice marina. Al largo della nuova Tortuga operano i pirati, che nel 2008 hanno già effettuato numerosi attacchi alle navi in transito. In quel mare ostile, naufraga simbolicamente non solo il diritto internazionale ma la stessa Somalia. C´era una volta uno Stato, nel Corno d´Africa. Renzo Guolo