Maurizio Molinari, La Stampa 22/5/2008, pagina 14, 22 maggio 2008
E ora McCain teme la sindrome da presidente nonno. La Stampa, giovedì 22 maggio 2008 La sera prima della vittoria in South Carolina John McCain cenò in un albergo di Charleston e all’uscita dovendo attraversare la Meeting Street per raggiungere il proprio hotel si aggrappò con forza al braccio della moglie Cindy, tradendo un’apprensione che sorprese i presenti anche perché in quel momento, passate le 23, non circolava alcuna vettura
E ora McCain teme la sindrome da presidente nonno. La Stampa, giovedì 22 maggio 2008 La sera prima della vittoria in South Carolina John McCain cenò in un albergo di Charleston e all’uscita dovendo attraversare la Meeting Street per raggiungere il proprio hotel si aggrappò con forza al braccio della moglie Cindy, tradendo un’apprensione che sorprese i presenti anche perché in quel momento, passate le 23, non circolava alcuna vettura. Visto da vicino il senatore dell’Arizona classe 1936 appare più anziano della sua non giovane età. Se fosse eletto in novembre sarebbe l’americano più anziano di sempre a diventare presidente. Quando stringe la mano dà un’impressione di rigidità, se esce all’aperto indossa sempre un cappellino da baseball per proteggersi dai raggi del sole, dovendo ascoltare per lunghi periodi cede alla disattenzione e quando il maltempo è in arrivo sente prolungato dolore al ginocchio destro. Tutto ciò è frutto di una salute precaria destinata ad essere una carta a favore del rivale democratico nel duello di novembre che assegnerà la Casa Bianca. Gli acciacchi fisici dipendono in grande misura dalla lunga prigionia - 5 anni e mezzo - in Vietnam del Nord. McCain ci scherza sopra ammettendo di «avere più ferite di Frankenstein». Ha un corpo pesantemente segnato da quanto avvenne ad Hanoi: l’abbattimento nel 1967 del suo jet della Us Navy gli produsse la frattura di entrambe le braccia e del ginocchio destro, poi i militari vietnamiti infierirono sui muscoli della schiena con le baionette, gli ruppero una spalla, venne torturato a più riprese e perse alcuni denti a causa dei sassi che i carcerieri gli nascondevano dentro le razioni di pane. Si tratta di una cartella clinica a doppio taglio: se da un lato prova che è un eroe di guerra ed ha l’esperienza necessaria per guidare l’America dall’altra mette in luce la vulnerabilità di un uomo destinato ad aver bisogno di più attenzioni mediche di quelle riservate negli ultimi otto anni al vicepresidente Dick Cheney, malato di cuore. Anche perché la più seria «ferita di Frankestein» non gli è stata causata dai vietnamiti ma dal dottore che nell’autunno del 2000 estrasse dalla guancia destra un melanoma dell’ampiezza di cinque centimetri. Il quotidiano liberal «New York Times» ha affidato al dottore Lawrence Altman l’analisi dell’intervento sul melanoma e la conclusione è stata: «Venne deciso per determinare se il tumore alla pelle si era diffuso nella tempia sinistra e nei linfonodi del collo». Allora la risposta fu negativa ma Antoni Ribas, oncologo dell’Università della California, afferma che in simili casi c’è «il 40 per cento di possibilità che il melanoma riappaia con delle metastasi» entro dieci anni di tempo. Non sarebbe la prima volta di un presidente a rischio di tumore ma mai prima il pericolo è stato tanto dibattuto in campagna elettorale. Del carcinoma di Lyndon Johnson si seppe dieci anni dopo l’operazione; il tumore dietro l’orecchio venne asportato a Richard Nixon 11 anni dopo il Watergate; Ronald Reagan nascose l’asportazione del cancro alla pelle nel 1985 ed a Clinton una piccola lesione sulla schiena fu tolta nel 2001, una volta finita la presidenza. McCain, essendo scaramantico come ogni pilota di guerra, ride di se stesso tentando di esorcizzare pericolosi boomerang elettorali. «Quando Reagan vinse la Guerra Fredda - spiega - era più vecchio di me e mia madre Roberta, ha 96 anni e gode di ottima salute». Maurizio Molinari