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 2008  maggio 21 Mercoledì calendario

Il fallimento di Rosetta. Il Messaggero 21 maggio 2008 ROMA Anche stavolta, aveva capito tutto Totò: «Come è gentile per essere una parente

Il fallimento di Rosetta. Il Messaggero 21 maggio 2008 ROMA Anche stavolta, aveva capito tutto Totò: «Come è gentile per essere una parente. Sembra un’estranea!». Un’estranea chi? La Jervolino? Nel miglior libro sulla situazione napoletana, «L’altra metà della storia» di Marco De Marco, si legge nel capitolo intitolato «La pattumiera»: «Nel corso degli anni, si sono determinate le condizioni di un colossale scaricabarile istituzionale. Grazie al quale, ognuno può sentirsi senza colpa. Un meccanismo per cui non c’è un solo responsabile, ma sono tutti irresponsabili». Anche Rosetta, democristiana doc, che Amintore Fanfani chiamava teneramente «la piccolina», sembra essersi smarrita in questo nuovo medioevo napoletano di rottami e di liquami a cielo aperto. Come fosse anche lei qualcosa da buttare. E pensare che la Jervolino aveva detto: «Napoli, oltre a un sindaco, serve una madre, perchè certe pene soltanto una madre le può capire». Però la sindaca-madre non solo s’è girata dall’altra parte, ben guardandosi dal risolvere i problemi, ma poi in qualche modo giustifica i cittadini, in un misto di accondiscendenza grave e di sociologismo d’accatto. Per di più, scarica le colpe del disastro napoletano, di cui la sindaca-madre è parte attiva, sugli avversari politici: «Ho dato a Berlusconi i verbali del consiglio comunale, da cui si vede che la destra è sempre stata contro i termovalorizzatori». O si chiama fuori, «l’estranea» di Totò, da questa invereconda vicenda di una città sbudellata e insomma: «Io che c’entro? Non ho poteri sull’immondizia. Quando sarò nominata commissario ai rifiuti, troverò una soluzione. De Gennaro faccia il suo mestiere!». E l’assessore bassoliniano Velardi, che ha osato criticarla? «Finora s’è fatto notare soltanto per i golfini che indossa». Pure il cardinal arcivescovo Sepe - che è diventato un punto di riferimento profondo per i cittadini anche grazie alle sue prediche contro «una politica tramortita e resa sterile dai suoi stessi vizi» - non sfugge alle intemerate della sindaca-madre, dalla monnezza ai rom. «Noi, ai nomadi, troviamo casa, lui sa solo esprimergli solidarietà», è l’assurdo slogan di Rosetta che c’è ma non c’è, che parla ma straparla. Dimentica dei propri compiti. Incurante del senso di realtà, che richiederebbe un’energia, un rigore, una forza d’intervento e una lucidità non demagogica e concretissima, irrintracciabile nella «piccolina». La quale sembra aver smarrito quel senso della responsabilità del potere e magari (anzi, no!) la si può capire: perchè, come scrisse Raffaele La Capria nel suo famoso romanzo, «Napoli ti ferisce a morte o ti addormenta». Proprio questo va evitato. Senza arrendersi alla facile sociologia che vede solo e sempre camorra dappertutto (anche quando non c’è) pur di non accorgersi della disperazione dei cittadini che danno fuoco ai sacchetti: «I roghi? Li fa la camorra!», è la falsa auto-consolazione di Rosetta. E ancora, i roghi come frutto (esclusivo) di una sorta di complotto dei Poteri Criminali («Se ne sta occupando l’intelligence») quando invece sono anche il grido degradato e disperato che le istituzioni si sono attirate addosso da parte dei cittadini. Istituzioni sempre presenti al momento della mediazione e sempre assenti nella fase della decisione, in una città nella quale talvolta il meglio vince e lo chiamano ”’o miracolo”. Ma il miracolo bisogna saperselo attirare. Per esempio impegnandosi allo stremo, non da madre ma da classe dirigente, per diffondere fra i cittadini quel senso di legalità e di rispetto, anzitutto per se stessi. Ma Rosetta non vede, non sente. Parla. MARIO AJELLO