Corriere della Sera 21 maggio 2008, Giovanni Guzzetta, 21 maggio 2008
Stanno favorendo i grandi partiti. Corriere della Sera 21 maggio 2008 La legislatura sembra nata all’insegna di un nuovo clima politico e di una disponibilità al dialogo tra maggioranza e opposizione sulle questioni istituzionali
Stanno favorendo i grandi partiti. Corriere della Sera 21 maggio 2008 La legislatura sembra nata all’insegna di un nuovo clima politico e di una disponibilità al dialogo tra maggioranza e opposizione sulle questioni istituzionali. Un primo banco di prova della serietà di questo dialogo e, soprattutto, della sua utilità per il Paese sarà la possibile modifica della legge elettorale per le elezioni europee. In principio appare senz’altro condivisibile l’idea di un allineamento della legislazione elettorale alle novità prodottesi sotto la spinta del movimento referendario in occasione delle ultime elezioni. La semplificazione politica è una conquista che va difesa, perché è una condizione per una maggiore stabilità di governo e chiarezza della competizione politica. Ma essa è appunto una condizione. Accanto alla semplificazione del quadro è necessario che i soggetti politici maggioritari siano spinti ad aprirsi al controllo democratico, le leadership siano effettivamente contendibili (cioè sfidabili dal basso e non scelte dall’alto), che i cittadini abbiano un ruolo decisivo nella scelta non solo dei partiti e delle maggioranze, ma anche delle persone (ciò che, com’è noto, non è avvenuto affatto alle recenti elezioni politiche). Altrimenti la semplificazione è insufficiente e di essa resta solo la punizione verso i partiti più piccoli senza l’offerta di concreti vantaggi ai cittadini. Una politica chiusa e sorda alla società non è meno oligarchica se i partiti anziché trentatré sono due. Anzi in questo caso l’oligarchia rischia di trasformarsi in duopolio e, come accade in tutti i mercati, spingere verso intese collusive. Questo è anche il motivo per cui con il referendum si vogliono colpire le candidature multiple, che sono il simbolo e lo strumento di una politica chiusa che sottrae ai cittadini ogni potere di scelta. Se ciò è vero le scelte che verranno compiute sulla legge europea sono delicatissime. I partiti maggiori debbono infatti dar prova che il loro intento non è puramente punitivo verso i quelli minori (e il loro elettorato), ma è sinceramente rivolto a consolidare la democrazia bipolare. E dunque alla mannaia della semplificazione deve corrispondere una chiara apertura delle istituzioni e dei partiti stessi verso i cittadini elettori. L’attuale legge elettorale per le europee è un esempio da manuale di legge d’apparato, funzionale ai soli interessi consolidati dei partiti esistenti. Per presentare le candidature è sufficiente che un partito abbia un solo eletto (o un eletto che si faccia partito) al Parlamento europeo o italiano che non c’è alcun bisogno di raccogliere alcuna sottoscrizione. Per i comuni cittadini ne sono necessarie almeno 150 mila (un terzo di quante ce ne vogliano per promuovere un referendum!). E poi, le circoscrizioni elettorali sono enormi, con buona pace del rapporto tra candidati e territori, e sono gestibili solo grazie a macchine organizzative gigantesche ed a finanziamenti miliardari. Anche il sistema delle preferenze, operando su circoscrizioni così ampie, favorisce esclusivamente le star, i politici facoltosi e i leader già noti. Insomma, l’allineamento del sistema elettorale in direzione bipolare va fatto. Ma è molto importante il segnale che si darà attraverso le scelte concrete. Altrimenti il dibattito sull’innalzamento dello sbarramento rischia di esprimere solo un accordo collusivo che configura un abuso di posizione dominante dei grandi partiti. Per evitarlo si possono avanzare varie proposte: riduzione delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste, primarie disciplinate per legge, circoscrizioni piccole o addirittura uninominali, ecc. Soprattutto si può rendere virtuosa e non solo punitiva la logica del «voto utile ». Si preveda allora pure una soglia di sbarramento, ma nello stesso tempo si consenta all’elettore di indicare a chi destinare il proprio voto nel caso in cui il partito preferito non sia eletto. Si chiama voto alternativo trasferibile ed è uno dei due modelli previsti dalla Decisione del Consiglio Europeo (2002/772/CE), che stabilisce i principi per le elezioni del Parlamento di Strasburgo, e già in uso in alcuni Paesi. Così, anche l’elettore il cui «partito del cuore» non abbia raggiunto lo sbarramento avrà il suo voto utile e non si sentirà rigettato dal sistema. Giovanni Guzzetta