Corriere della Sera 21 maggio 2008, Sergio Romano, 21 maggio 2008
Lettera. I ROMENI E I ROM IN ITALIA STORIE DI SUCCESSI E POVERT Corriere della Sera 21 maggio 2008 Sono una cittadina romena, venuta a Roma, 10 anni fa per studiare e coronare il sogno della mia vita: laurearmi in Scienze politiche alla «Sapienza»
Lettera. I ROMENI E I ROM IN ITALIA STORIE DI SUCCESSI E POVERT Corriere della Sera 21 maggio 2008 Sono una cittadina romena, venuta a Roma, 10 anni fa per studiare e coronare il sogno della mia vita: laurearmi in Scienze politiche alla «Sapienza». Ciò è avvenuto due anni fa, ora sono impegnata in un dottorato di ricerca. Per me l’Italia è sempre stata la culla dell’arte, la patria di Dante, ecc. Dopo l’ingresso della Romania nell’Ue, l’Europa, e in primis l’Italia, è stata invasa dagli zingari. Tutti noi stiamo assistendo a fatti delittuosi commessi, nella maggioranza dei casi, da parte degli zingari di passaporto romeno. Vorrei precisare che la denominazione di «rom» o «rrom» è stata introdotta in Romania in modo artificioso per sostituire la parola «tzigan» ritenuta offensiva e razzista, pur senza fondamento. Vorrei sapere perché non si fa distinzione tra romeni e zingari neanche quando è palese. Gabriella Floria gabfloria@yahoo.it In caso di «maltrattamenti» il governo romeno minaccerebbe ritorsioni nei confronti dell’Italia, cioè verso le 22 mila aziende italiane che lavorano in Romania. Le domando: è giusto che l’Italia debba tenersi questa gente per proteggere imprese che ci tolgono il lavoro per maggiori guadagni e poi, magari, vengono in Italia a vendere il prodotto? Franco Nicoletti frannico.fn@libero.it Cari lettori, Le vostre lettere rappresentano punti di vista molto diversi e dimostrano quanto sia difficile affrontare la «questione romena» con un minimo di razionale distacco. All’osservazione di Franco Nicoletti rispondo che «questa gente» è ormai un gruppo nazionale composto da circa 450.000 persone, di cui molte giunte in Italia in questi ultimi anni. Dalla lettura di un articolo sull’immigrazione romena scritto da un sociologo, Alessandro Silj, per un libro della Caritas di prossima pubblicazione, si trae l’impressione che l’inserimento di questa comunità nella società italiana sia molto più rapido e semplice di quanto sia accaduto per altri gruppi stranieri negli ultimi vent’anni. Vi sono nell’articolo di Silj cifre e informazioni interessanti. I romeni assunti dalle aziende venete durante il 2007 sono 20.000, contro i 6.000 del 2006. Gli immobili acquistati da immigrati romeni nella provincia di Roma durante il 2007 sono 10.000. Molti romeni hanno avviato attività imprenditoriali. Gli alunni romeni nelle scuole elementari e medie dimostrano una buona padronanza della lingua italiana e i genitori partecipano regolarmente alle attività sociali collegate alla scuola. Non esistono, in questo caso, i problemi d’inserimento di cui abbiamo fatto esperienza quindici anni fa, all’epoca della grande immigrazione albanese, e più tardi con una parte delle comunità musulmane. L’inserimento è complessivamente indolore per le ragioni che emergono dalla lettera di Gabriella Floria. La Romania è un interessante ibrido latino- balcanico con forti influenze slave e turche. Parla un lingua in cui metà delle parole, grosso modo, ha una radice latina. Rivendica le sue ascendenze romane e conserva con orgoglio, in uno dei suoi musei, una esatta copia della Colonna Traiana. Ha particolarmente coltivato le sue relazioni culturali con l’Italia e la Francia. Ha costruito a Roma, tra Villa Borghese e Valle Giulia, un’Accademia di Romania che è probabilmente la sua maggiore istituzione culturale all’estero. possibile che anche nella comunità romena, come nelle altre comunità straniere giunte in Italia, esistano frange criminali. Ma il maggiore problema, come ricorda Gabriella Floria, è certamente quello dei rom. Suppongo che alle autorità romene non spiaccia vederli partire dal loro Paese e credo che il governo italiano abbia il diritto, in determinate occasioni, di espellerli. Ma attenzione: gli zingari romeni, bulgari, ungheresi, slovacchi e boemi sono un problema europeo che non può essere risolto sballottandoli da un Paese all’altro. Possono essere restituiti al Paese d’origine, ma non è possibile trattarli come una sorta di sotto-umanità. So che non è facile «sedentarizzare » gli zingari (ci riuscì soltanto Stalin). Ma uno sforzo congiunto, a livello europeo, deve essere per lo meno tentato. Un’ultima osservazione, caro Nicoletti, sulle aziende italiane in Romania. Sono circa 20.000 di cui 3.000 venete e sono state un interessante esempio del dinamismo del Nordest in anni in cui l’economia italiana attraversava momenti difficili. Oggi, mentre i salari romeni stanno crescendo, alcune di esse debbono rivedere i loro conti. un problema economico ed è bene che la politica non contribuisca ad aggravarlo. Sergio Romano