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 2008  maggio 21 Mercoledì calendario

Vicepresidenza, tentazione di Hillary. La Stampa 21 maggio 2008 Nel giorno del voto in Oregon e Kentucky, Barack Obama e Hillary Clinton hanno iniziato a trattare un possibile compromesso sulla nomination democratica

Vicepresidenza, tentazione di Hillary. La Stampa 21 maggio 2008 Nel giorno del voto in Oregon e Kentucky, Barack Obama e Hillary Clinton hanno iniziato a trattare un possibile compromesso sulla nomination democratica. Con i seggi aperti in Kentucky, dov’è favorita l’ex First Lady, e la raccolta dei voti postali in pieno svolgimento in Oregon, dove Obama è sicuro di prevalere, gli opposti campi hanno fatto trapelare notizie relative a quello che il «Washington Post» definisce un «cessate il fuoco». Il primo a parlare delle trattative è stato David Axelrod, stratega di Barack, spiegando che «bisogna lavorare con tutte le migliori menti democratiche». Gli ha fatto eco la clintoniana di ferro Patti Solis Doyle, spiegando che «la gara non è ancora finita, ma se Obama sarà il candidato lo sosterrò con ogni energia». Axelrod e Solis Doyle affermano di essersi incontrati per coordinare le campagne di raccolta fondi in vista del duello di novembre contro il repubblicano John McCain, ma il tam tam di Washington assicura che c’è molto di più: trattano su come porre fine alle primarie scongiurando la spaccatura del partito. La Cnn, citando alcuni superdelegati, ha rivelato che Bill Clinton sarebbe impegnato in un forcing per ottenere dal team Obama la promessa della vicepresidenza per Hillary. Alcuni segnali di diminuita tensione già si vedono: negli ultimi comizi i candidati hanno evitato di ripetere i duri attacchi reciproci e Obama ha rivisto, nel discorso pronunciato a Des Moines in Iowa, ha evitato di parlare di «vittoria acquisita» per lasciare spazio a un possibile futuro annuncio condiviso con Hillary. Obama punta a ottenere da questa tornata elettorale almeno 17 dei 103 delegati in palio per arrivare alla maggioranza numerica degli eletti nelle primarie e poter così chiedere ai superdelegati di fare quadrato attorno a lui per arrivare al quorum di 2025 delegati che comporta la nomination di Denver. Hillary non appare in grado di recuperare lo svantaggio nella conta dei delegati ma è sicura di uscire dalle urne di Kentucky e Oregon con i suffragi necessari per vantare il primato nel voto popolare, una volta calcolati anche gli elettori delle controverse primarie in Michigan e Florida, dove Obama non si presentò. Sul fronte opposto il repubblicano John McCain ha fatto sosta a Miami nel giorno in cui gli esuli cubani festeggiano l’indipendenza dell’Avana, lanciando un duro attacco ad Obama perché «intenzionato a incontrare senza precondizioni Raul Castro», mentre «un presidente americano deve anzitutto chiedere garanzie sulla liberazione dei prigionieri politici e sulla svolta democratica». McCain ha paragonato l’«ingenuità» di Obama su Raul Castro con «il bacio che diede Jimmy Carter a Leonid Breznev nel 1979» poco prima che l’Urss sorprendesse l’America invadendo l’Afghanistan. In coincidenza con la giornata di votazioni alcuni esperti calligrafi si sono dedicati all’esame delle firme dei tre candidati per indovinarne i rispettivi caratteri: Hillary è risultata «intelligente e forte», McCain «orgoglioso ma imprevedibile» e Obama «molto diplomatico». MAURIZIO MOLINARI