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 2008  maggio 20 Martedì calendario

Dareste questo gioco a vostro figlio? La Repubblica 20 maggio 2008 Domanda da settanta milioni di copie (vendute): voi dareste questo videogioco in mano a vostro figlio? Ve la sentireste di avviarlo alla carriera di ladro d´auto virtuale? Di cliente, su schermo ultrapiatto, di prostitute? Di pirata, elettronico, della strada? Vi andrebbe che il pargolo, smanettando con il mouse, diventasse un delinquente ad alta definizione? Ma, soprattutto, spendereste 70 euro per acquistare il famoso, famigerato, irresistibile, terribile "Grand Theft Auto IV"? Se sì, o se l´avete già fatto e siete tra i 150 mila italiani che hanno comprato e/o regalato il cofanetto satanico di gran moda (100 mila copie solo nella prima settimana), tremate e allo stesso tempo non esagerate

Dareste questo gioco a vostro figlio? La Repubblica 20 maggio 2008 Domanda da settanta milioni di copie (vendute): voi dareste questo videogioco in mano a vostro figlio? Ve la sentireste di avviarlo alla carriera di ladro d´auto virtuale? Di cliente, su schermo ultrapiatto, di prostitute? Di pirata, elettronico, della strada? Vi andrebbe che il pargolo, smanettando con il mouse, diventasse un delinquente ad alta definizione? Ma, soprattutto, spendereste 70 euro per acquistare il famoso, famigerato, irresistibile, terribile "Grand Theft Auto IV"? Se sì, o se l´avete già fatto e siete tra i 150 mila italiani che hanno comprato e/o regalato il cofanetto satanico di gran moda (100 mila copie solo nella prima settimana), tremate e allo stesso tempo non esagerate. Perché l´oggetto non è visto da tutti come l´anima diabolica dei computer: c´è chi lo considera una specie di scuola di depravazione, chi uno sfogo di bassissimi istinti, chi una sdrammatizzazione della realtà e chi - ancora - un semplice divertimento più surreale che virtuale. Segue ampio dibattito.  il videogioco più venduto e forse più crudele di sempre. In America, in una settimana ne hanno fatte fuori sei milioni di copie, incassando mezzo miliardo di dollari. Quanto è bastato per mettere d´accordo addirittura Hillary e Obama: secondo i duellanti (loro, reali), «GTA IV ha reso più difficile il mestiere di genitore». Vale per l´ultima edizione e per le tre che l´avevano preceduta. Ma è davvero così potente la forza di attrazione di questa specie di romanzo nero, ambientato in una replicante New York e pensato per rubare, ferire, ammazzare per interposto protagonista? il gioco che risucchia i ragazzi nello schermo, oppure li spinge fuori dal computer, nella realtà, più violenti di com´erano? «Non è pericoloso: è letale». Il professor Giorgio Nardone, psicologo e autore di numerosi saggi sul disagio giovanile, non ha dubbi. Pollice verso, compreso quello che manovra il joy-stick. «Dopo anni di studi, posso garantire che la violenza virtuale fa cadere i freni inibitori, "slatentizza" le emozioni e libera l´aggressività: quella vera. Se il ragazzo si ripete "è solo un gioco", finirà per identificarsi con il personaggio che rappresenta: accade anche ai grandi attori». Però la soluzione non è il game over: «Reprimere aumenta il desiderio. Bisogna mettere in guardia e vigilare, non spegnere il computer. Occorre che i ragazzi non siano soli». Se si interpreta un killer, poi si diventa assassini? «Non credo proprio». Gianfranco R. ha ventidue anni e studia scienze politiche a Firenze. «Gioco con GTA IV, e se nella finzione rubo un´auto non lo faccio sicuramente quando esco per strada, ma vi pare? Non siamo mica scemi, sappiamo distinguere la realtà dalla finzione. Poi, è chiaro che non darei questo gioco a mia sorella di nove anni». Sulla scatola, in effetti, c´è scritto "più 18" ma è solo un consiglio, non un divieto come per i film proibiti ai minori. «I genitori devono controllare, e io devo vendere correttamente». Roberto "Roy" Guzzon è il titolare di Play Game Shop, negozio specializzato nel cuore di Torino. Spaccia il demonio, Roy? «Alla mamme sconsiglio GTA IV, io lo dico subito che è violento. Quasi tutte ascoltano ma qualcuna no, e i padri lo stesso. In commercio esiste di peggio, per esempio "State of Emergency 2" dove un tizio fa una strage in un supermercato: però non ne parla nessuno, quindi non è diventato un caso internazionale. E c´è il videogioco dei bulli che sfasciano la scuola. Io, però, credo che un ragazzo equilibrato e normale non possa farsi condizionare da un gioco. Per i bambini è diverso». Ma loro, li protegge qualcuno? «Fino a sei anni sì, dopo molto meno». Paola e Roberto Conti, genitori di Michele, tredici anni, vivono a Roma e lavorano entrambi. Stanno molte ore fuori di casa, e il ragazzino al computer. Però non si sentono dei dissennati: «Abbiamo spiegato a nostro figlio che ci sono dei rischi, per esempio nelle chat su Internet. E che bisogna evitarle. I videogiochi non sono il male assoluto, bisogna saperli scegliere. Questo dei ladri d´auto non lo compreremmo mai, però ci chiediamo: uccidere mostri spaziali o vampiri non è un po´ la stessa cosa? Finché si riconosce il vero dal falso, non dovrebbero esserci problemi. Educare è anche insegnare a distinguere». Eppure ci sarà un motivo se in Australia questo videogioco è fuorilegge. E se l´Università dell´Iowa ha dichiarato che certi passatempi hanno l´immediato effetto di aumentare l´aggressività dei giovani. Sarà così anche da noi? «Sinceramente, non ho mai notato un´emergenza da videogiochi». Anna Maria Indinimeo è la preside del liceo classico "Beccaria" di Milano. Non sembra spaventata dalle consolle. «I genitori non ci parlano quasi mai di questo, e ritengo che l´alcol e le droghe siano insidie molto più concrete, perché appartengono alla vita reale. Non sono una psicologa, tuttavia penso che la risposta a certi stimoli sia sempre individuale. I giovani, come categoria, forse neppure esistono. Ci sono invece i singoli. chiaro che gli educatori devono tenere gli occhi bene aperti». Bisogna dire che il gioco più scorretto del mondo ha una grafica molto accattivante, più vera del vero. Sarà poi così facile cascarci dentro e trasformarsi in pazzoidi urbani? «Ho molti dubbi» risponde Marco Magrini, giornalista ed esperto di nuove tecnologie. «Ho visto i ragazzi giocare a GTA IV, però nessuno di loro mi è sembrato diventare un criminale. Se nel gioco c´è un´auto che investe dieci persone, la scena è certamente brutta ma è surreale, si capisce benissimo che è una specie di cartone animato. Un ragazzino normale non vive il gioco elettronico fuori di casa; per chi è già un po´ agitato di suo, forse la cosa è diversa. Credo che la dipendenza dal computer, per ore e ore, sia più pericolosa dell´eventuale videogioco violento, anche quando sullo schermo ci sono immagini all´apparenza innocue». Marco ha un figlio ventunenne: «Da piccolino ha trascorso molto tempo davanti al video, era inevitabile, e qualche mostro l´avrà pure fatto fuori. Però è cresciuto benissimo. Oggi frequenta l´università e studia il cinese». Sui libri, non al computer. E senza ammazzare nessuno. Maurizio Crosetti Il primo russo me l´ammazzo davanti al "Bar dei Compagni", pensa te che fantasia questi mafiosi russi, a Howard Beach. Anzi, sono due. Abbondare. Sparo dal finestrino aperto della macchina in corsa, con quel rumore da tessuto di seta strappato che fanno le mitragliette radpide di oggi, vrrraaaamm, e li guardo cadere su marciapiedi. O forse erano albanesi? Non so, sono appena arrivato in questa dimensione e che differenza fa, albanesi, russi, nemici tutti, io ho the "heat", la madama, la polizia alle calcagna, gli usurai di Tirana che vogliono accoppare mio fratello che è un tassista, ma è pur sempre un essere umano e se non ammazzo i russi loro ammazzano la mia ragazza Michelle, che se la vedete nuda capite che sarebbe proprio uno spreco. Ah, e poi devo rubare auto, molte auto, ma questo più tardi. Adesso devo ricaricare l´arma e snidare i cecchini della Mafya di Brooklyn che si sono appostati sui tetti. Vrrraammm. Cascano come mele fradice. Crepa tu, campo io. Salve, sono Niko Bellic, serbo di nascita, clandestino, appena sbarcato in un porto che faccio finta di chiamare Liberty City per non offendere il sindaco di New York e tutti quei babbei che credono che qui la criminalità sia sotto controllo dopo lo sceriffo Giuliani, poveri illusi che non conoscono lo zoo di macellai, spacciatori, puttane e politicanti corrotti che brulica oltre la finestra delle loro case nell´East End di Manhattan e dove io invece devo uccidere per non morire. Sono arrivato a bordo dal mercantile Platypus per far fortuna in America. L´American Dream lo chiamava mio fratello il tassista quando mi telefonava in Serbia, sai le risate. Ancora c´è chi ci casca. Qualcuno mi ha messo dentro un videogame chiamato «Grand Theft Auto IV», furto d´auto aggravato, e mi hanno stampato e venduto in sei milioni di copie in tre settimane a 30 dollari a raffica, 700 mila soltanto il primo giorno di aprile in cui sbarcai dal «Platypus», ma a me non mi fanno fesso. Loro, quelli che mi hanno animato in tre dimensioni, ingannato con la storia che quel cretino di mio fratello Roman fosse ricchissimo, buttato nel porto di Brooklyn, messo addosso un giubbotto di kevlar e un mitra, credono che io sia un gioco. Ma io so che sono vero, perché siete veri voi, i milioni che cercate di ammazzare me e che io ammazzo, e vivete con le dita sulla consolle della Playstation o del X-Box, giorno dopo giorno. Ecco, e adesso per colpa vostra che mi avete distratto con queste spiegazioni, ho fallito una missione, mi hanno fatta secca Michelle e me ne devo trovare un´altra. Non che sia difficile perchè qui nei locali e nel club di Liberty City, (scusate, ma ho l´obbligo legale di chiamare New York così) nell´ombra eterna e rossastra come Blade Runner dei ponti e dei magazzini abbandonati, di donne serpente che si avvinghiano con un filo di stoffa nel sedere attorno alle pertiche di ottone ci sono più che poliziotti e politicanti corrotti che le Mafie portano nella tasca dei jeans. Il mio telefonino si illumina e suona, maledizione quel coglione di mio fratello il tassinaro è di nuovo nei guai con gli usurai albanesi per i soldi che ha perso a poker e devo correre a salvarlo da Kalem e Bledar, e stanno per farlo a pezzi. Per stare qui a perdere tempo con voi, non ho recuperato il mitra che avevano nascosto per e sono a mani nude. Ma due albanesi non sono un problema per un serbo come me. Spacco la faccia a tutti e due con le mani nude, zac, bang, smash, crack, e per ora salvo mio fratello. Stasera uscirò con Jermaine, quella che ha preso il posto di Michelle e poi andremo a letto. Poi vi farò sapere, con segnalini di pollice verso o pollice eretto accesi sul vostro schermo, se è andata bene, se insomma, ci siamo capiti. Me l´ha fatta avere Vlad, che è il capo di tutta la Mafya russa che ormai controlla il territorio. E´ un infame, ma devo lavorare per lui e consegnare la sua «roba» in giro. E ha le donne. Il «Processore Biologico Centrale», che sarebbe poi il cervello, manda segnali disperati di allarme alle mia mani che trafficano sulla tastiera nell´emporio di roba elettronica «Best Buy», sotto la guida di un Virgilio con i dreadlocks, i capelli a tortiglione, che mi guida nel mio primo viaggio. Mi compatisce, lui che è arrivato praticamente al «master» di «Grand Theft» e io che sono riuscito soltanto ad accoppare due russi qualsiasi, mi informa di essere arrivato al duello con l´ultimo dei Padrini italiani di New... pardon, Liberty City, Jimmy Pegorino, il capo della Famiglia Gambetti. La corteccia cerebrale, l´emisfero destro o sinistra, l´ipotalamo o non so che cosa dentro il mio lento e antiquato processore biologico mi implora di uscire da questo mondo vero e appiccicoso di fantasie crudeli, mi ricorda che non ho più i 17 anni di età minima richiesta per giocarsi, come se poi lo X-Box chiedesse i documenti al ragazzino foruncoloso con l´occhio glassato davanti al monitor, che dovrei lavorare, scrivere un pezzo, finire un libro, sistemare la cartacce sulla scrivania, pagare i conti in sospeso. Ma sono appena entrato sparato nel Tunnel del Morte (che guarda guarda è la copia identica del Lincoln Tunnel sotto lo Hudson River») e due macchine di killer mi inseguono, davanti o la barriera di cemento alzata dalla polizia, non ho tempo per scrivere e riordinare la scrivania. Stasera mi aspetta Kate, quella che si contorce in uno dei miei locali preferiti, il Bar Jerkov, che se avessi una mente contorta e maliziosa potrei anche pensare che «jerk off» in inglese vuol dire masturbarsi, ma deve essere una coincidenza per carità. Prima passo da uno di quei campetti per il basket, quelli con la rete dei canestri fatta a maglie di ferro, controllato dalla gang di Marlon il Jamaicano. Non so che cosa succederà, perché questo non è uno di quei video giochetti scemi che dopo un po´ sai esattamente come funzionano e ti annoi, questo è un gioco stile «sandbox», come il recinto della sabbia dove stanno i bambini nei parchi giochi e possono muoversi come vogliono, dunque non sai mai. Se tutto va bene, se manterrò il sangue freddo e Marlon sarà sul campo a «shoot the rock», a lanciare la palla, le istruzioni sono chiare. Ho un fucile da cecchino con cannocchiale. Basta inquadrare la nuca di Marlon e la cuffia da jamaicano e schiacciare il grilletto. Ho pronta anche la moto per schizzare vie nel traffico della autostrada FDR, e guardare i suoi che si impastano contro il guardrail ed esplodono. Sarà magnifico. Vi avevo detto di Kate al bar? Credo di sì, ma a volte mi confondo, ne ho talmente tante, chi si ricorda più di Michelle, quella che ho lasciato morire quando ero un pivello appena ruzzolato giù dalla nave, mentre ero distratto, e se cercate bene nelle sequenza nascoste mi vedrete anche «in action» con lei, proprio a letto, con Cherise, con Marnie che è una strafatta che vive sulle panchine, con Gracie Ancellotti, che si chiama proprio così ma non c´entra niente con pallone e il Virgilio dello X Box riesce a rapire dalla casa dei mafiosi e portare in salvo, in un apocalisse di automobili che esplodono e s´incendiano. Perchè forse non avete capito, e non ha capito niente il mio cervello biologico molle, ma io sono uno dei «buoni» in questo film che può durare anche 36 ore consecutive per compiere una soltanto delle missioni. E per due giorni vivi solo qui. Io posso scegliere tra ammazzare e rischiare di essere ammazzato, ho un´anima, qualche scrupolo e a volte esito prima di sparare, anche in mezzo ai gangster di Vlad, di Pegorino, dei Jamaica Boys e non ci pensano due volte ad approfittare uno troppo tenero. Ammazza o muori, per 24, o 36 ore o settimane intere, sullo schermo, senza distrarsi mai, come sto facendo io. Vrrrrammmm. Ecco, appunto, credo di essere morto. Vittorio Zucconi